Il mottetto a voce sola della prima metà del Seicento è un caso di particolare interesse per quanto attiene all’indagine di carattere analitico, in modo particolare dalla prospettiva di quella che studi recenti hanno definito «organizzazione dello spazio sonoro». Abbandonata la tradizionale visione teleologica, che vedeva nel trapasso dalla modalità polifonica alla tonalità armonica un percorso obbligatoriamente direzionato, gli studi degli ultimi venti anni hanno posto in luce come la storia della tonalità sia stata condizionata da differenti fattori, tra i quali un particolare rilievo assumono i «toni ecclesiastici», che nel corso del XVII secolo sussumono a livello teorico i toni salmodici impiegati nella prassi liturgica dell’alternatim. A ciò si devono aggiungere le ricerche che hanno indagato la modalità polifonica alla luce del concetto di «problematicità dell’attribuzione modale di un tipo tonale», cercando di considerarne le ricadute anche sulle pratiche concertate e monodiche dello stile monteverdiano. Da questa prospettiva, il mottetto a voce sola resta un territorio ancora da esplorare. Al tempo stesso, un’indagine che miri alla valorizzazione del mottetto a voce sola come patrimonio artistico e culturale deve assumere un’accezione estensiva del concetto di analisi musicale, che non si fermi ai dati ricavabili dalla lettura della pagina scritta, ma indaghi altresì le ragioni delle scelte musicali operate dai compositori in relazione ai contesti esecutivi (ivi comprese le caratteristiche fisiche dei luoghi dove tali esecuzioni avvengono) e alle loro finalità liturgiche e/o devozionali. Tale approccio analitico deve inoltre porre in luce le molteplici implicazioni stilistiche del mottetto a voce sola, sia in relazione alla coeva musica profana sia in rapporto ai differenti contesti geografici, in una prospettiva più ampia rispetto a quella, tradizionalmente accolta, della distinzione tra stile romano e stile veneziano. In tal senso, il caso di Firenze si presenta di particolare rilievo: la pratica del mottetto a voce sola vi è infatti ampiamente attestata, anche negli ambienti più vicini alla corte medicea, ma resta a tutt’oggi del tutto inesplorata. L’approccio analitico al mottetto a voce sola fiorentino dovrà dunque far luce, tra l’altro, sui possibili rapporti con lo stile monodico del recitar cantando proprio di quell’ambiente, rapporti che, per quanto riguarda gli altri contesti geografici, la ricerca è stata, almeno finora, incline a negare. The single voice motet of the first half of the seventeenth century is a case of particular interest with regard to the analytical investigation, particularly from the perspective of what recent studies have defined “tonal space organization”. Abandoning the traditional teleological vision, which saw the passage from polyphonic modality to harmonic tonality as an obligatory path, the studies of the last twenty years have highlighted how the history of tonality has been conditioned by different factors, among which the so-called “church tones”, which in the course of the seventeenth century subsume at a theoretical level the toni salmodici used in the liturgical praxis of the alternatim. To this must be added the research that has investigated the polyphonic modality in the light of the concept of “problematic degree of the modal attribution of a tonal type”, trying to consider its effects also on the concertato and monodic practices of the Monteverdi style. From this perspective, the single voice motet remains a territory yet to be explored. At the same time, an investigation aimed at enhancing the value of the single voice motet as an artistic and cultural heritage must take on an extensive meaning of the concept of musical analysis, which does not stop at the data that can be obtained from reading the written page, but also investigates the reasons for the musical choices made by composers in relation to the performance contexts (including the physical characteristics of the places where these performances took place) and their liturgical and/or devotional purposes. This analytical approach must also highlight the many stylistic implications of the single voice motet, both in relation to contemporary secular music and to the different geographical contexts, in a broader perspective than the traditionally accepted distinction between Roman and Venetian styles. In this sense, the case of Florence is of particular importance: the practice of the single voice motet is in fact widely attested, even in the environments closer to the Medici court, but remains to this day completely unexplored. The analytical approach to the Florentine motet with solo voice should therefore shed light, among other things, on the possible relationships with the monodic style of the Florentine recitar cantando, relationships that, as far as other geographical contexts are concerned, research has been, at least so far, inclined to deny.

Il mottetto a voce sola come bene musicale e patrimonio culturale (1602-1720): censimento, catalogazione, studio e valorizzazione - Progetto PRIN non finanziato / Mangani, Marco. - ELETTRONICO. - (2020).

Il mottetto a voce sola come bene musicale e patrimonio culturale (1602-1720): censimento, catalogazione, studio e valorizzazione - Progetto PRIN non finanziato

Mangani, Marco
2020

Abstract

Il mottetto a voce sola della prima metà del Seicento è un caso di particolare interesse per quanto attiene all’indagine di carattere analitico, in modo particolare dalla prospettiva di quella che studi recenti hanno definito «organizzazione dello spazio sonoro». Abbandonata la tradizionale visione teleologica, che vedeva nel trapasso dalla modalità polifonica alla tonalità armonica un percorso obbligatoriamente direzionato, gli studi degli ultimi venti anni hanno posto in luce come la storia della tonalità sia stata condizionata da differenti fattori, tra i quali un particolare rilievo assumono i «toni ecclesiastici», che nel corso del XVII secolo sussumono a livello teorico i toni salmodici impiegati nella prassi liturgica dell’alternatim. A ciò si devono aggiungere le ricerche che hanno indagato la modalità polifonica alla luce del concetto di «problematicità dell’attribuzione modale di un tipo tonale», cercando di considerarne le ricadute anche sulle pratiche concertate e monodiche dello stile monteverdiano. Da questa prospettiva, il mottetto a voce sola resta un territorio ancora da esplorare. Al tempo stesso, un’indagine che miri alla valorizzazione del mottetto a voce sola come patrimonio artistico e culturale deve assumere un’accezione estensiva del concetto di analisi musicale, che non si fermi ai dati ricavabili dalla lettura della pagina scritta, ma indaghi altresì le ragioni delle scelte musicali operate dai compositori in relazione ai contesti esecutivi (ivi comprese le caratteristiche fisiche dei luoghi dove tali esecuzioni avvengono) e alle loro finalità liturgiche e/o devozionali. Tale approccio analitico deve inoltre porre in luce le molteplici implicazioni stilistiche del mottetto a voce sola, sia in relazione alla coeva musica profana sia in rapporto ai differenti contesti geografici, in una prospettiva più ampia rispetto a quella, tradizionalmente accolta, della distinzione tra stile romano e stile veneziano. In tal senso, il caso di Firenze si presenta di particolare rilievo: la pratica del mottetto a voce sola vi è infatti ampiamente attestata, anche negli ambienti più vicini alla corte medicea, ma resta a tutt’oggi del tutto inesplorata. L’approccio analitico al mottetto a voce sola fiorentino dovrà dunque far luce, tra l’altro, sui possibili rapporti con lo stile monodico del recitar cantando proprio di quell’ambiente, rapporti che, per quanto riguarda gli altri contesti geografici, la ricerca è stata, almeno finora, incline a negare. The single voice motet of the first half of the seventeenth century is a case of particular interest with regard to the analytical investigation, particularly from the perspective of what recent studies have defined “tonal space organization”. Abandoning the traditional teleological vision, which saw the passage from polyphonic modality to harmonic tonality as an obligatory path, the studies of the last twenty years have highlighted how the history of tonality has been conditioned by different factors, among which the so-called “church tones”, which in the course of the seventeenth century subsume at a theoretical level the toni salmodici used in the liturgical praxis of the alternatim. To this must be added the research that has investigated the polyphonic modality in the light of the concept of “problematic degree of the modal attribution of a tonal type”, trying to consider its effects also on the concertato and monodic practices of the Monteverdi style. From this perspective, the single voice motet remains a territory yet to be explored. At the same time, an investigation aimed at enhancing the value of the single voice motet as an artistic and cultural heritage must take on an extensive meaning of the concept of musical analysis, which does not stop at the data that can be obtained from reading the written page, but also investigates the reasons for the musical choices made by composers in relation to the performance contexts (including the physical characteristics of the places where these performances took place) and their liturgical and/or devotional purposes. This analytical approach must also highlight the many stylistic implications of the single voice motet, both in relation to contemporary secular music and to the different geographical contexts, in a broader perspective than the traditionally accepted distinction between Roman and Venetian styles. In this sense, the case of Florence is of particular importance: the practice of the single voice motet is in fact widely attested, even in the environments closer to the Medici court, but remains to this day completely unexplored. The analytical approach to the Florentine motet with solo voice should therefore shed light, among other things, on the possible relationships with the monodic style of the Florentine recitar cantando, relationships that, as far as other geographical contexts are concerned, research has been, at least so far, inclined to deny.
2020
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