I problemi sono ben altri; sono soltanto parole. Ti manderei in miniera a vedere qual è il lavoro vero! Giovane intellettuale dell’establishment, una chiagneffotte. Intellettualoide di sinistra. Social Justice Warrior del ca**o. Privilegiata che non sa quali siano i veri problemi della vita. Vuoi creare una neolingua orwelliana. Sono esempi dei commenti che ricevo più o meno quotidianamente da quando ho iniziato, a modo mio, a schierarmi. Buffamente, da una parte vengo dileggiata perché mi occupo di una cosa apparentemente irrilevante come la lingua; dall’altra, quelle stesse persone si adirano a morte proprio per le questioni linguistiche di cui mi occupo, contraddicendo il loro stesso assunto: che bisogno c’è, infatti, di arrabbiarsi per qualcosa che si ritiene una quisquilia? Sono una sociolinguista, lavoro con le parole. La mia militanza, dunque, si compie in questo ambito: nell’osservazione e nell’analisi di come comunicano le persone attorno a me, nel tentativo di creare più consapevolezza linguistica, convinta che questa garantisca un’esistenza migliore. Può sembrare fighetto e superfluo, se comparato alle proteste in piazza, al “femminismo, quello vero” (cosa che mi viene spesso detta, come se ci fosse un “militometro”, o qualcuno che abbia la facoltà di distribuire patenti di militanza); ma per me non lo è affatto. Per capire cosa intendo, vorrei citare un brano di Tullio de Mauro: «Senza linguaggio niente pólis, niente possibilità per gli umani di essere la specie vivente "più aggregata": perché lo sia, perché possa edificare la vita comune, alla specie umana la phýsis ha dato il lógos, la capacità di parlare». Dunque, è grazie alle parole che può esistere la nostra società in tutta la sua complessità, l’uomo come animale sociale. Altro che quisquilie!
L'importanza di avere un nome / Vera Gheno. - STAMPA. - (2021), pp. 37-41.
L'importanza di avere un nome
Vera Gheno
2021
Abstract
I problemi sono ben altri; sono soltanto parole. Ti manderei in miniera a vedere qual è il lavoro vero! Giovane intellettuale dell’establishment, una chiagneffotte. Intellettualoide di sinistra. Social Justice Warrior del ca**o. Privilegiata che non sa quali siano i veri problemi della vita. Vuoi creare una neolingua orwelliana. Sono esempi dei commenti che ricevo più o meno quotidianamente da quando ho iniziato, a modo mio, a schierarmi. Buffamente, da una parte vengo dileggiata perché mi occupo di una cosa apparentemente irrilevante come la lingua; dall’altra, quelle stesse persone si adirano a morte proprio per le questioni linguistiche di cui mi occupo, contraddicendo il loro stesso assunto: che bisogno c’è, infatti, di arrabbiarsi per qualcosa che si ritiene una quisquilia? Sono una sociolinguista, lavoro con le parole. La mia militanza, dunque, si compie in questo ambito: nell’osservazione e nell’analisi di come comunicano le persone attorno a me, nel tentativo di creare più consapevolezza linguistica, convinta che questa garantisca un’esistenza migliore. Può sembrare fighetto e superfluo, se comparato alle proteste in piazza, al “femminismo, quello vero” (cosa che mi viene spesso detta, come se ci fosse un “militometro”, o qualcuno che abbia la facoltà di distribuire patenti di militanza); ma per me non lo è affatto. Per capire cosa intendo, vorrei citare un brano di Tullio de Mauro: «Senza linguaggio niente pólis, niente possibilità per gli umani di essere la specie vivente "più aggregata": perché lo sia, perché possa edificare la vita comune, alla specie umana la phýsis ha dato il lógos, la capacità di parlare». Dunque, è grazie alle parole che può esistere la nostra società in tutta la sua complessità, l’uomo come animale sociale. Altro che quisquilie!I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.