Quella ghiottoneria del panforte «Panfòrte. Dolce natalizio senese confezionato con un impasto sodo di farina, zucchero o miele, spezie, canditi, mandorle e nocciole, talora anche cacao per ottenere una colorazione più scura; viene foggiato in forme circolari, appiattite e di grandezza variabile» (voce panforte, Grande Dizionario della Lingua Italiana detto Il Battaglia). Oggi conosciuto come uno dei dolci tipici di Siena assieme ai ricciarelli, ai cavallucci e alle cupate, come ci ricorda l’Artusi, tanto da avere ottenuto nel 2013 il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta), il panforte – chiamato in alcune sue versioni anche panpepato o pampepato – è un dolce antichissimo, che discende da preparazioni dolciarie a base di miele e frutta dal nome di pane melato. Tale pane melato diventava pane forte (di gusto) quando il composto non era perfettamente cotto, oppure la frutta usata non completamente asciutta, e quindi inacidiva. Questo non rendeva il dolce immangiabile, ma gli conferiva un gusto più deciso, asprigno. Dalla metà del XIII secolo, la ricetta si arricchisce delle spezie che iniziano ad arrivare dall’Oriente passando dal porto di Pisa, dando così origine ai pani speziati, panes pepatos. Simili dolcetti speziati, del resto, si ritrovano lungo tutta la sponda orientale e meridionale del Mediterraneo. Forse l'aggiunta avvenne su suggerimento di Niccolò de’ Salimbeni, famoso per aver introdotto l'uso dei chiodi di garofano (all’epoca un prodotto di lusso) in cucina, come scrive Dante Alighieri nel Canto XXIX dell'Inferno: «e Niccolò che la costuma ricca / del garofano prima discoverse / ne l'orto dove tal seme s'appicca». La più antica attestazione dell’uso del termine panforte è in una Cronaca conservata presso l'Archivio di Stato di Siena, datata 7 febbraio 1205, nella quale troviamo scritto che i coloni erano tenuti a portare in dono alle suore camaldolesi che risiedevano nell’abbazia di Montecellesi (oggi Montecelso), in provincia di Siena, panes pepatos e panes melatos. Nel 1280, il panforte compare nello Statuto della Corporazione dei fornai e panettieri di Siena. La vera consacrazione si ha tuttavia nel 1500, secolo nel quale la leccornia diventa famosa anche oltre i confini del senese quale dolce raffinato e di alta classe. Questo fu possibile soprattutto perché Siena si trovava sul percorso della via Francigena, che dal XII secolo collegava Roma all’abbazia di Canterbury. Il movimento di pellegrini lungo tale percorso favoriva il passaggio di notizie e informazioni, come anche la fama del panforte. Non a caso, ci è giunta notizia che il panforte facesse parte del banchetto di nozze di Bianca Maria Sforza e Massimiliano D’Asburgo nel 1493 a Innsbruck, e che il Concistoro di Roma, nel 1515, solesse servirlo ai partecipanti nelle occasioni solenni. Tra le molte leggende che circondano la nascita del panforte, ne ricordiamo una: a Siena si narra della storia di Suor Ginevra, chiusasi in convento dopo aver saputo della morte dell’amato, messer Giannetto da Perugia, nelle crociate. Un giorno, mentre era intenta a preparare un pane col miele, le arrivò dalla strada la voce dell’uomo e lei, per la gioia, versò dentro all’impasto tutte le spezie e i frutti secchi che aveva, dando vita al ricco e gustoso dolce che consumiamo oggi. Una delle prime produzioni per così dire “industriali” del panforte risale agli anni Venti del 1800, a opera di Giovanni Parenti, che aveva una rinomata farmacia in piazza del Campo a Siena. La ricetta originaria è quella del panforte nero; il panforte bianco, o panforte Margherita, è più recente: risale al 1879, quando la regina Margherita di Savoia, con il marito Umberto I, andarono in visita a Siena per assistere al Palio d’Agosto. Per festeggiare l’occasione, Galgano Parenti, figlio di Giovanni, creò una versione meno speziata, più vanigliata, più “femminile” del panforte. Pellegrino Artusi non dà una ricetta del panforte nel suo ricettario del 1891 La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ma ne riconosce l’importanza inserendolo nel suo menù di Natale: evidentemente il dolce era già noto e acquistabile pronto in tutta Italia. Il panforte era un dolce dalla fama ormai consolidata ai tempi di D’Annunzio. Ne troviamo una traccia in un episodio narrato nelle Faville del maglio (1916), accaduto durante la permanenza del poeta al collegio Cicognini di Prato. Il ragazzino D’Annunzio, a cui la disciplina va un po’ stretta, ruba dei pezzi di panforte a un suo compagno senese e viene così redarguito: «Alunno Gabriele dell'Annunzio, nell'ora dello studio non est capiendum furtim et ruptim [‘non va preso di nascosto e sconsideratamente’] il panforte di Siena o il neccio di Gavinana». Una leccornia talmente preziosa, dunque, che valeva la pena anche di beccarsi una punizione pur di conquistarsela! Per chi si volesse cimentare con la preparazione in casa di questo dolce, scegliamo la ricetta del panpepato di Siena da un altro manuale di cucina ormai considerabile classico: Il grande libro della vera cucina toscana di Paolo Petroni (Giunti, 2008). PANFORTE Ingredienti: - Candito nero di popone: gr. 400 - Candito d’arancio: gr. 50 - Zucchero: gr. 350 - Mandorle sgusciate: gr. 350 - Farina: gr. 150 - Spezie (*) gr. 10 - Cannella in polvere: gr. 5 Sciogliete sul fuoco lo zucchero con poca acqua in modo da ottenere uno sciroppo denso ma non caramellato. Togliete dal fuoco e impastate bene con la farina, i canditi tritati fini, le mandorle non pelate, le spezie e la cannella. Rimestate a lungo poi versate il composto in una teglia infarinata (di alluminio, rotonda, del tipo leggero da usare una sola volta) di dimensioni tali che il panforte, una volta schiacciato, risulti spesso circa 2 centimetri. Cospargetelo con cannella e semi di coriandolo pestati e mettetelo in forno medio per circa mezz’ora. Una volta cotto sformatelo, togliete il polverino e spolveratelo con zucchero a velo. Si conserva a lungo (avvolto in carta d’alluminio), ma non come quello industriale. (*) Le spezie da usare sono: semi di coriandolo (6 grammi), macis (3 grammi), un pizzico di chiodi di garofano pestati e un pizzico di noce moscata. Nella vera ricetta del Panpepato occorre anche un cucchiaino di pepe nero macinato.

Quella ghiottoneria del panforte / Vera Gheno. - STAMPA. - (2015), pp. 204-207.

Quella ghiottoneria del panforte

Vera Gheno
2015

Abstract

Quella ghiottoneria del panforte «Panfòrte. Dolce natalizio senese confezionato con un impasto sodo di farina, zucchero o miele, spezie, canditi, mandorle e nocciole, talora anche cacao per ottenere una colorazione più scura; viene foggiato in forme circolari, appiattite e di grandezza variabile» (voce panforte, Grande Dizionario della Lingua Italiana detto Il Battaglia). Oggi conosciuto come uno dei dolci tipici di Siena assieme ai ricciarelli, ai cavallucci e alle cupate, come ci ricorda l’Artusi, tanto da avere ottenuto nel 2013 il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta), il panforte – chiamato in alcune sue versioni anche panpepato o pampepato – è un dolce antichissimo, che discende da preparazioni dolciarie a base di miele e frutta dal nome di pane melato. Tale pane melato diventava pane forte (di gusto) quando il composto non era perfettamente cotto, oppure la frutta usata non completamente asciutta, e quindi inacidiva. Questo non rendeva il dolce immangiabile, ma gli conferiva un gusto più deciso, asprigno. Dalla metà del XIII secolo, la ricetta si arricchisce delle spezie che iniziano ad arrivare dall’Oriente passando dal porto di Pisa, dando così origine ai pani speziati, panes pepatos. Simili dolcetti speziati, del resto, si ritrovano lungo tutta la sponda orientale e meridionale del Mediterraneo. Forse l'aggiunta avvenne su suggerimento di Niccolò de’ Salimbeni, famoso per aver introdotto l'uso dei chiodi di garofano (all’epoca un prodotto di lusso) in cucina, come scrive Dante Alighieri nel Canto XXIX dell'Inferno: «e Niccolò che la costuma ricca / del garofano prima discoverse / ne l'orto dove tal seme s'appicca». La più antica attestazione dell’uso del termine panforte è in una Cronaca conservata presso l'Archivio di Stato di Siena, datata 7 febbraio 1205, nella quale troviamo scritto che i coloni erano tenuti a portare in dono alle suore camaldolesi che risiedevano nell’abbazia di Montecellesi (oggi Montecelso), in provincia di Siena, panes pepatos e panes melatos. Nel 1280, il panforte compare nello Statuto della Corporazione dei fornai e panettieri di Siena. La vera consacrazione si ha tuttavia nel 1500, secolo nel quale la leccornia diventa famosa anche oltre i confini del senese quale dolce raffinato e di alta classe. Questo fu possibile soprattutto perché Siena si trovava sul percorso della via Francigena, che dal XII secolo collegava Roma all’abbazia di Canterbury. Il movimento di pellegrini lungo tale percorso favoriva il passaggio di notizie e informazioni, come anche la fama del panforte. Non a caso, ci è giunta notizia che il panforte facesse parte del banchetto di nozze di Bianca Maria Sforza e Massimiliano D’Asburgo nel 1493 a Innsbruck, e che il Concistoro di Roma, nel 1515, solesse servirlo ai partecipanti nelle occasioni solenni. Tra le molte leggende che circondano la nascita del panforte, ne ricordiamo una: a Siena si narra della storia di Suor Ginevra, chiusasi in convento dopo aver saputo della morte dell’amato, messer Giannetto da Perugia, nelle crociate. Un giorno, mentre era intenta a preparare un pane col miele, le arrivò dalla strada la voce dell’uomo e lei, per la gioia, versò dentro all’impasto tutte le spezie e i frutti secchi che aveva, dando vita al ricco e gustoso dolce che consumiamo oggi. Una delle prime produzioni per così dire “industriali” del panforte risale agli anni Venti del 1800, a opera di Giovanni Parenti, che aveva una rinomata farmacia in piazza del Campo a Siena. La ricetta originaria è quella del panforte nero; il panforte bianco, o panforte Margherita, è più recente: risale al 1879, quando la regina Margherita di Savoia, con il marito Umberto I, andarono in visita a Siena per assistere al Palio d’Agosto. Per festeggiare l’occasione, Galgano Parenti, figlio di Giovanni, creò una versione meno speziata, più vanigliata, più “femminile” del panforte. Pellegrino Artusi non dà una ricetta del panforte nel suo ricettario del 1891 La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ma ne riconosce l’importanza inserendolo nel suo menù di Natale: evidentemente il dolce era già noto e acquistabile pronto in tutta Italia. Il panforte era un dolce dalla fama ormai consolidata ai tempi di D’Annunzio. Ne troviamo una traccia in un episodio narrato nelle Faville del maglio (1916), accaduto durante la permanenza del poeta al collegio Cicognini di Prato. Il ragazzino D’Annunzio, a cui la disciplina va un po’ stretta, ruba dei pezzi di panforte a un suo compagno senese e viene così redarguito: «Alunno Gabriele dell'Annunzio, nell'ora dello studio non est capiendum furtim et ruptim [‘non va preso di nascosto e sconsideratamente’] il panforte di Siena o il neccio di Gavinana». Una leccornia talmente preziosa, dunque, che valeva la pena anche di beccarsi una punizione pur di conquistarsela! Per chi si volesse cimentare con la preparazione in casa di questo dolce, scegliamo la ricetta del panpepato di Siena da un altro manuale di cucina ormai considerabile classico: Il grande libro della vera cucina toscana di Paolo Petroni (Giunti, 2008). PANFORTE Ingredienti: - Candito nero di popone: gr. 400 - Candito d’arancio: gr. 50 - Zucchero: gr. 350 - Mandorle sgusciate: gr. 350 - Farina: gr. 150 - Spezie (*) gr. 10 - Cannella in polvere: gr. 5 Sciogliete sul fuoco lo zucchero con poca acqua in modo da ottenere uno sciroppo denso ma non caramellato. Togliete dal fuoco e impastate bene con la farina, i canditi tritati fini, le mandorle non pelate, le spezie e la cannella. Rimestate a lungo poi versate il composto in una teglia infarinata (di alluminio, rotonda, del tipo leggero da usare una sola volta) di dimensioni tali che il panforte, una volta schiacciato, risulti spesso circa 2 centimetri. Cospargetelo con cannella e semi di coriandolo pestati e mettetelo in forno medio per circa mezz’ora. Una volta cotto sformatelo, togliete il polverino e spolveratelo con zucchero a velo. Si conserva a lungo (avvolto in carta d’alluminio), ma non come quello industriale. (*) Le spezie da usare sono: semi di coriandolo (6 grammi), macis (3 grammi), un pizzico di chiodi di garofano pestati e un pizzico di noce moscata. Nella vera ricetta del Panpepato occorre anche un cucchiaino di pepe nero macinato.
2015
Rubbettino
Massimo Arcangeli (a cura di)
Peccati di lingua. Le 100 parole italiane del gusto
204
207
Vera Gheno
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258657
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