La tesi si occupa della funzione comando della norma penale, con particolare riguardo al mutamento che tale funzione ha subìto e sta subendo negli ultimi anni. L’elaborato muove dal presupposto secondo il quale, con riferimento al comando penale, si possa individuare un comando-funzione, con tale intendendosi la funzione di orientamento comportamentale che la fattispecie è chiamata a svolgere, e un comando-struttura, riferito al meccanismo normativo sotteso alla fattispecie penale e costituito da una componente precettiva, contenente la regola di condotta, e una componente sanzionatoria (la pena). Nel primo capitolo si affronta specificamente il tema della funzione comando della fattispecie penale, con il tentativo di valorizzare il ruolo che ha la comunicazione del precetto sul grado di osservanza della norma da parte dei consociati. Con specifico riferimento al precetto, si evidenzia come esso sia afflitto da plurimi fattori di criticità che ne comportano la crisi. Crisi che ha due declinazioni, tra loro intersecantesi. La prima è quella di carattere assiologico, la quale volge, a sua volta, in una duplice direzione. Da un lato la concentrazione di istanze populiste comporta l’uso della norma penale per puri fini simbolici, canalizzando il fulcro comunicativo della fattispecie sulla pena. Dall’altra, la difficoltà in cui incorre il legislatore nell’assumere direzioni assiologiche nette, determinata dalla decrescita degli elementi etici/morali nella società e dalla loro relativizzazione, accresce la tendenza alla procedimentalizzazione della norma. La seconda tipologia di crisi assume invece carattere comunicativo ed involge la capacità della norma di descrivere il comportamento vietato. La complessità della realtà da regolare, le caratteristiche che la società richiede al mondo normativo, il declino, apparentemente inarrestabile, della forma codicistica con la conseguente dislocazione delle fattispecie all’interno di normative speciali dal carattere tecnico-amministrativo, determina una difficoltà del precetto di porsi come referente deontologico per la condotta del destinatario. L’incertezza della norma e la conseguente degradazione del suo rapporto con il cittadino sono “bilanciate” dalla crescente attenzione della giurisprudenza sovranazionale e di quella costituzionale al profilo della conoscibilità del precetto da parte del suo destinatario, in tutte le sue componenti – dalla fonte fino alla sua concreta applicazione. Nel secondo capitolo si analizza la struttura-comando, intesa quale ossatura della norma penale dipendente dall’interazione tra la componente precettiva e quella sanzionatoria. Attraverso un’indagine avente ad oggetto le nuove forme di normatività emergenti nell’ordinamento e l’analisi delle peculiarità che le caratterizzano, si cercherà di comprendere quali siano i meccanismi di orientamento delle condotte dei consociati celati dietro alla loro struttura. La funzione di orientamento delle norme, difatti, da sempre è svolta dal rapporto tra parte precettiva e componente sanzionatoria; la minaccia di una conseguenza negativa – la maggiormente afflittiva nel caso del diritto penale – rappresenta il meccanismo attraverso il quale le norme influenzano il comportamento dei consociati al fine di indirizzarne le condotte nel senso voluto dall’ordinamento. Il comando come struttura è espressione di tale meccanismo. E proprio ad esso è posta particolare attenzione, al fine di comprendere se risulti o meno presente all’interno delle nuove forme di normatività. Attraverso tale analisi si mette in luce come, nel più ampio ambito della normatività, la struttura del comando risulti un meccanismo tendenzialmente recessivo. A fronte di tali fattori di crisi, si assiste ad un rinnovato interesse da parte della dottrina ai profili di effettività della norma stessa, intesa non tanto come calcolo statistico di applicazione della sanzione in conseguenza dell’illecito, bensì come effettiva capacità del precetto di giungere alla mente dei consociati e orientarne le condotte. Il profilo dell’effettività della norma penale, in tal senso intesa, si lega infatti all’attenzione rivolta al fine “intermedio” della stessa, e cioè l’obbedienza. La constatazione della crescente attenzione rivolta al riconoscimento e valorizzazione del valore autonomo del momento dialogico-relazionale della norma penale porta, nel terzo capitolo, ad affrontare il tema della compliance penalistica; quest’ultima intesa nella sua accezione di mezzo, diverso dalla pura minaccia di una sanzione, con cui ottenere la conformità dei comportamenti a quanto prescritto dalla norma. La tendenza al mutamento di simile componente anche all’interno della norma penale si rinviene in alcuni specifici settori, nei quali il rapporto tra precetto e sanzione non si declina più in termini lineari, secondo lo schema “precetto-minaccia-violazione-sanzione”, inverante il paradigma del comando, ma presenta una differente declinazione del rapporto tra la componente precettiva e quella sanzionatoria. È, infatti, da evidenziare come anche nella norma penale si assista ad un crescente numero di ipotesi di cesura tra il momento della violazione del precetto e quello della sanzione. La linearità del rapporto è infatti sempre più spesso “spezzata” dall’utilizzo di istituti di premialità che determinano quella circolarità tra precetto e sanzione inverante la dinamica di compliance. Attraverso l’analisi di alcune ipotesi applicative, si cercherà di mettere in evidenza come in tali previsioni la norma sconti, già in partenza, la possibilità di non essere sanzionata, laddove per mezzo di un precetto “di secondo grado”, accompagnato dalla prospettiva premiale, essa consenta il recupero, seppur postumo, del rispetto del precetto primario. Attraverso la non punibilità, dunque, si instaura dopo la violazione un nuovo momento dialogico tra ordinamento e destinatario, che opera come richiamo, concreto e individualizzato, sebbene successivo, al rispetto della norma. In chiusura ci si interroga su quale sia il futuro del comando penale, avanzando l’idea di una possibile elaborazione di un modello normologico che razionalizzi tali mutamenti nel funzionamento della norma penale.

Tra ottimizzazione della funzione comando e prospettive di un suo superamento: i nuovi scenari della normatività penale / Clementina Colucci. - (2022).

Tra ottimizzazione della funzione comando e prospettive di un suo superamento: i nuovi scenari della normatività penale

Clementina Colucci
2022

Abstract

La tesi si occupa della funzione comando della norma penale, con particolare riguardo al mutamento che tale funzione ha subìto e sta subendo negli ultimi anni. L’elaborato muove dal presupposto secondo il quale, con riferimento al comando penale, si possa individuare un comando-funzione, con tale intendendosi la funzione di orientamento comportamentale che la fattispecie è chiamata a svolgere, e un comando-struttura, riferito al meccanismo normativo sotteso alla fattispecie penale e costituito da una componente precettiva, contenente la regola di condotta, e una componente sanzionatoria (la pena). Nel primo capitolo si affronta specificamente il tema della funzione comando della fattispecie penale, con il tentativo di valorizzare il ruolo che ha la comunicazione del precetto sul grado di osservanza della norma da parte dei consociati. Con specifico riferimento al precetto, si evidenzia come esso sia afflitto da plurimi fattori di criticità che ne comportano la crisi. Crisi che ha due declinazioni, tra loro intersecantesi. La prima è quella di carattere assiologico, la quale volge, a sua volta, in una duplice direzione. Da un lato la concentrazione di istanze populiste comporta l’uso della norma penale per puri fini simbolici, canalizzando il fulcro comunicativo della fattispecie sulla pena. Dall’altra, la difficoltà in cui incorre il legislatore nell’assumere direzioni assiologiche nette, determinata dalla decrescita degli elementi etici/morali nella società e dalla loro relativizzazione, accresce la tendenza alla procedimentalizzazione della norma. La seconda tipologia di crisi assume invece carattere comunicativo ed involge la capacità della norma di descrivere il comportamento vietato. La complessità della realtà da regolare, le caratteristiche che la società richiede al mondo normativo, il declino, apparentemente inarrestabile, della forma codicistica con la conseguente dislocazione delle fattispecie all’interno di normative speciali dal carattere tecnico-amministrativo, determina una difficoltà del precetto di porsi come referente deontologico per la condotta del destinatario. L’incertezza della norma e la conseguente degradazione del suo rapporto con il cittadino sono “bilanciate” dalla crescente attenzione della giurisprudenza sovranazionale e di quella costituzionale al profilo della conoscibilità del precetto da parte del suo destinatario, in tutte le sue componenti – dalla fonte fino alla sua concreta applicazione. Nel secondo capitolo si analizza la struttura-comando, intesa quale ossatura della norma penale dipendente dall’interazione tra la componente precettiva e quella sanzionatoria. Attraverso un’indagine avente ad oggetto le nuove forme di normatività emergenti nell’ordinamento e l’analisi delle peculiarità che le caratterizzano, si cercherà di comprendere quali siano i meccanismi di orientamento delle condotte dei consociati celati dietro alla loro struttura. La funzione di orientamento delle norme, difatti, da sempre è svolta dal rapporto tra parte precettiva e componente sanzionatoria; la minaccia di una conseguenza negativa – la maggiormente afflittiva nel caso del diritto penale – rappresenta il meccanismo attraverso il quale le norme influenzano il comportamento dei consociati al fine di indirizzarne le condotte nel senso voluto dall’ordinamento. Il comando come struttura è espressione di tale meccanismo. E proprio ad esso è posta particolare attenzione, al fine di comprendere se risulti o meno presente all’interno delle nuove forme di normatività. Attraverso tale analisi si mette in luce come, nel più ampio ambito della normatività, la struttura del comando risulti un meccanismo tendenzialmente recessivo. A fronte di tali fattori di crisi, si assiste ad un rinnovato interesse da parte della dottrina ai profili di effettività della norma stessa, intesa non tanto come calcolo statistico di applicazione della sanzione in conseguenza dell’illecito, bensì come effettiva capacità del precetto di giungere alla mente dei consociati e orientarne le condotte. Il profilo dell’effettività della norma penale, in tal senso intesa, si lega infatti all’attenzione rivolta al fine “intermedio” della stessa, e cioè l’obbedienza. La constatazione della crescente attenzione rivolta al riconoscimento e valorizzazione del valore autonomo del momento dialogico-relazionale della norma penale porta, nel terzo capitolo, ad affrontare il tema della compliance penalistica; quest’ultima intesa nella sua accezione di mezzo, diverso dalla pura minaccia di una sanzione, con cui ottenere la conformità dei comportamenti a quanto prescritto dalla norma. La tendenza al mutamento di simile componente anche all’interno della norma penale si rinviene in alcuni specifici settori, nei quali il rapporto tra precetto e sanzione non si declina più in termini lineari, secondo lo schema “precetto-minaccia-violazione-sanzione”, inverante il paradigma del comando, ma presenta una differente declinazione del rapporto tra la componente precettiva e quella sanzionatoria. È, infatti, da evidenziare come anche nella norma penale si assista ad un crescente numero di ipotesi di cesura tra il momento della violazione del precetto e quello della sanzione. La linearità del rapporto è infatti sempre più spesso “spezzata” dall’utilizzo di istituti di premialità che determinano quella circolarità tra precetto e sanzione inverante la dinamica di compliance. Attraverso l’analisi di alcune ipotesi applicative, si cercherà di mettere in evidenza come in tali previsioni la norma sconti, già in partenza, la possibilità di non essere sanzionata, laddove per mezzo di un precetto “di secondo grado”, accompagnato dalla prospettiva premiale, essa consenta il recupero, seppur postumo, del rispetto del precetto primario. Attraverso la non punibilità, dunque, si instaura dopo la violazione un nuovo momento dialogico tra ordinamento e destinatario, che opera come richiamo, concreto e individualizzato, sebbene successivo, al rispetto della norma. In chiusura ci si interroga su quale sia il futuro del comando penale, avanzando l’idea di una possibile elaborazione di un modello normologico che razionalizzi tali mutamenti nel funzionamento della norma penale.
2022
Michele Papa
Clementina Colucci
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