Nel secolo dei lumi i viaggiatori europei che si recarono in Nord America intravidero la possibilità di indagare, attraverso il contatto con le popolazioni indigene, le vestigia del proprio passato. Cosa vi era, ci si domandò, in quei ‘selvaggi’ dei primi antenati dell’uomo? Si trattava di un esercizio filosofico non privo di fascino, in quanto le società amerindie parevano espressione di un’arretratezza primordiale, ancorata a una dimensione passata e, dunque, inattingibile all’uomo europeo. Già nel Cinquecento i primi cronisti che si dedicarono al Nuovo Mondo videro nelle popolazioni native delle Antille tracce di quell’età dell’oro, sospesa tra mito e tempo storico, che in America, come nell’ambra, pareva essersi miracolosamente preservata: «Aetas est illis aurea», ebbe a dire l’umanista Pietro Martire d’Anghiera descrivendo, nelle “De orbe novo decades” (1516), la vita allo stato di natura degli indigeni. Da qui l’idea che i nativi fossero esenti da molti dei vizi dei moderni associati alla vanità e all’avidità, idea poi elaborata compiutamente nel topos del buon selvaggio quando, nel Settecento, le forme di organizzazione politica e sociale osservate in America divennero utili a una riflessione profonda sulle società europee. Ma in che modo l’incontro con le popolazioni del Nord America influenzò l’idea di tempo storico radicata nella coscienza europea settecentesca? È questo il tema che Giulia Iannuzzi indaga in questo saggio, individuando nel diciottesimo secolo un momento critico per la storia del tempo in età moderna, durante il quale l’interesse per la varietà umana subisce un processo di secolarizzazione e nuova temporalizzazione storica. Attraverso l’analisi di opere frutto di una cultura secolarizzata, tra cui resoconti di viaggio, relazioni e trattazioni della storia delle popolazioni nordamericane, l’autrice si sofferma sul concetto di “selvaggio”, sul tema della storicizzazione dell’altro e sugli usi culturali dell’idea di tempo relativi al mondo americano.
Recensione a “Geografie del tempo“ di Giulia Iannuzzi (Roma, Viella, 2022) / Silvia Cinnella Della Porta. - In: ANTOLOGIA VIEUSSEUX. - ISSN 1124-3678. - STAMPA. - 84:(2022), pp. 199-202.
Recensione a “Geografie del tempo“ di Giulia Iannuzzi (Roma, Viella, 2022)
Silvia Cinnella Della Porta
2022
Abstract
Nel secolo dei lumi i viaggiatori europei che si recarono in Nord America intravidero la possibilità di indagare, attraverso il contatto con le popolazioni indigene, le vestigia del proprio passato. Cosa vi era, ci si domandò, in quei ‘selvaggi’ dei primi antenati dell’uomo? Si trattava di un esercizio filosofico non privo di fascino, in quanto le società amerindie parevano espressione di un’arretratezza primordiale, ancorata a una dimensione passata e, dunque, inattingibile all’uomo europeo. Già nel Cinquecento i primi cronisti che si dedicarono al Nuovo Mondo videro nelle popolazioni native delle Antille tracce di quell’età dell’oro, sospesa tra mito e tempo storico, che in America, come nell’ambra, pareva essersi miracolosamente preservata: «Aetas est illis aurea», ebbe a dire l’umanista Pietro Martire d’Anghiera descrivendo, nelle “De orbe novo decades” (1516), la vita allo stato di natura degli indigeni. Da qui l’idea che i nativi fossero esenti da molti dei vizi dei moderni associati alla vanità e all’avidità, idea poi elaborata compiutamente nel topos del buon selvaggio quando, nel Settecento, le forme di organizzazione politica e sociale osservate in America divennero utili a una riflessione profonda sulle società europee. Ma in che modo l’incontro con le popolazioni del Nord America influenzò l’idea di tempo storico radicata nella coscienza europea settecentesca? È questo il tema che Giulia Iannuzzi indaga in questo saggio, individuando nel diciottesimo secolo un momento critico per la storia del tempo in età moderna, durante il quale l’interesse per la varietà umana subisce un processo di secolarizzazione e nuova temporalizzazione storica. Attraverso l’analisi di opere frutto di una cultura secolarizzata, tra cui resoconti di viaggio, relazioni e trattazioni della storia delle popolazioni nordamericane, l’autrice si sofferma sul concetto di “selvaggio”, sul tema della storicizzazione dell’altro e sugli usi culturali dell’idea di tempo relativi al mondo americano.File | Dimensione | Formato | |
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