Come Agente della Pubblica Sicurezza, ho percepito direttamente l’ansia, la paura ed il senso di smarrimento degli abitanti delle città italiane, spaventati dalla criminalità e vittime delle notizie di cronaca. In questa indagine scientifica ho riversato il tentativo di comprendere quale contributo avrei potuto fornire, affinché questa condizione potesse cambiare. Il percorso è stato avviato sostenendo la teoria che considera le inciviltà materiali e sociali talmente diffuse e visibili da contare più degli atti criminali veri e propri, alimentando un senso di abbandono e cedimento delle regole comunitarie e morali che a loro volta favoriscono la moltiplicazione dei reati e dei comportamenti devianti. A tutto ciò bisogna sommare la riduzione del controllo sociale-informale che produce un adattamento alla minaccia ed un aumento dell’insicurezza percepita, con una riduzione ulteriore dei legami verticali con le Istituzioni e di quelli orizzontali con l’intera comunità. La letteratura scientifica ha dimostrato, inoltre, che la paura è in grado di cambiare anche la percezione dell’ambiente, con effetti diretti sul deterioramento dello spazio pubblico urbano e sulla riduzione della coesione nei quartieri e nelle relazioni sociali. Quadro di riferimento In Italia, in particolare, la sicurezza urbana è assimilata a quella pubblica, in quanto sono state previste misure straordinarie di prevenzione e repressione che conferiscono ai sindaci poteri straordinari, meglio descritti nel Decreto Legge n. 14/2017, conosciuto anche come ‘Decreto antidegrado’. Inoltre, le politiche urbanistiche e securitarie affrontano solo marginalmente la questione della ‘sicurezza urbana’, con dispositivi normativi e tecnici non adeguati, palesando incapacità a leggere le trasformazioni dell’abitare e della struttura degli insediamenti e degli assetti territoriali che determinano l’insorgenza delle paure, dei comportamenti auto-segregativi e di una limitata capacità di accoglienza delle popolazioni immigrate. Gli effetti diretti di questo clima sociale e politico sono certamente ravvisabili nella crescita della ‘privatizzazione della sicurezza pubblica’ e nell’uso di approcci tradizionali, mediaticamente spendibili, con naturali derive securitarie-giustizialiste. Spesso questo ‘mostrare i muscoli’ allontana ulteriormente la popolazione dalle Istituzioni e produce risultati poco duraturi, attraverso un displacement momentaneo. Problema scientifico Un aspetto da non sottovalutare è la diffusione di aree urbane con un’elevata concentrazione di popolazione povera, spesso costituita in buona parte da immigrati, che caratterizza l’enclave nelle aree metropolitane. L’intensità dei flussi, registrata negli ultimi anni con una conseguente difficoltà d’integrazione, è un fenomeno nuovo per il nostro Paese che sta generando una rinnovata topografia sociale, impattando su una struttura ancora frammentata, e poco dialogante, della città. Si moltiplicano le aree interne di confine, le aree dei nodi della mobilità, gli interstizi della città in cui le diversità e le distanze sociali si incontrano e si scontrano, generando tensioni e paura. Nelle città, le stazioni e le aree circostanti diventano spesso un luogo privilegiato di incontro per alcune comunità straniere, ognuna delle quali si insedia in un contesto spaziale che, col tempo, finisce per riconoscere come proprio. L’analisi delle pratiche di appropriazione e significazione dello spazio evidenzia l’ambivalenza di alcune stazioni ferroviarie, che non di rado produce frizioni sociali: per i residenti rappresentano luoghi della mobilità, mentre, per gli appartenenti a comunità straniere costituiscono spesso un luogo di ritrovo, di incontro. L’attenzione della ricerca si concentra sull’area della stazione ferroviaria di ‘Prato Centrale’, dove l’immigrazione ‘trova casa’ e dove coesistono tre situazioni: (1) chi produce il disordine (solitamente gli immigrati), (2) chi si mobilita (i residenti, i commercianti), e (3) chi reprime (la polizia, i militari, il governo). Questo territorio così complesso, allo stesso tempo spazio di passaggio e di consumo, spazio di lavoro, spazio per il tempo libero e spazio per attività microcriminali, si colloca all’interno degli studi sulla sicurezza urbana, focalizzando l’attenzione sulle possibili azioni da mettere in atto per: (1) prevenire il prodursi dei crimini e (2) rassicurare gli abitanti. La ricerca opera, quindi, nell’area della prevenzione comunitaria: agire sulla sicurezza in città prima che sia troppo tardi, intervenendo sulla parte ancora sana, là dove il degrado potrebbe prodursi, e la paura dilagare, in modo da impedire che la città diventi diffusamente un luogo invivibile. È del tutto evidente l’impossibilità di affrontare l’emergenza criminalità e/o l’immigrazione senza controllo solo con gli strumenti della repressione. Infatti, non esistendo soluzioni preconfezionate, occorre fare il possibile per mitigare il fenomeno di ‘segregazione spontanea’ delle comunità straniere residenti nelle nostre città e contrastare la creazione di arcipelaghi culturali non dialoganti. Tale fattore, del resto, può rappresentare un potente ostacolo al processo di adattamento reciproco nei valori e nei comportamenti, tra chi accoglie e chi è accolto. A parere di chi scrive, serve attuare concretamente un ‘controllo del territorio’, investendo sul capitale sociale, in vivibilità e territorialità, attraverso politiche di coordinamento delle azioni top down, fuse a processi bottom up, superando in primis l’autoreferenzialità istituzionale e condividendo le strategie e gli obiettivi, soprattutto con la cittadinanza. Il coinvolgimento comunitario è la base della sicurezza integrata perché, laddove è forte la capacità di mobilitare un’area, più bassi sono i livelli di violenza osservati, indipendentemente dalle caratteristiche socio-demografiche dei residenti del quartiere e dalla qualità di civiltà osservata. Modalità di svolgimento La ricerca è il risultato di due fasi: • la prima, di analisi, attraverso uno studio più generale, fondamentale per la formulazione di qualsiasi proposta d’intervento, necessario a definire un quadro conoscitivo dettagliato e globale dell’ambiente in cui si opera, si è concentrato sulle aree di confine tra le stazioni ferroviarie e le città. Questo metodo ha permesso l’ideazione, la messa a punto e l'applicazione sperimentale di uno strumento di analisi multidisciplinare, ‘SIUSI’ (Strumento d’Indagine Urbana Sicurezza Integrata); • la seconda, propositiva, mediante una sperimentazione condotta, focalizzando l’attenzione sulla piazza della stazione di Prato Centrale, porta di accesso alla città che, come in tante altre realtà cittadine, risulta essere problematica per l’ordine e la sicurezza pubblica, nodo cruciale della complessità sociale, luogo insicuro e da evitare, ma fondamentale per i collegamenti da e per la città. Quest’ultima parte si è conclusa con l’elaborazione di un Master Plan narrativo, nell’intento di dimostrare che attraverso la progettazione di quartieri, strade, piazze, spazi pubblici ed edifici si possa influire sulla sicurezza reale e insicurezza percepiti negli spazi pubblici, spesso isolati, poco vitali e fisicamente poco sorvegliabili. Le ipotesi d’intervento sulla componente fisica dell’ambiente e su quella socio-comunitaria, rivolte sia ai decisori pubblici che ai progettisti, sono state raccolte in un piano d'azione che, sulla base delle diverse fonti informative impiegate (letteratura scientifica, interviste, sopralluoghi ed esperienza personale dello scrivente), delineando gli obiettivi da raggiungere e definendo le competenze per la riqualificazione del Piazzale esterno della stazione di Prato Centrale. Questo strumento di carattere volontario ha la presunzione di poter essere adottato/approvato dai soggetti interessati, pubblici e/o privati, mediante protocolli d’intesa, oppure di rappresentare almeno una buona base di partenza per il coinvolgimento attivo ed inclusivo della comunità nel processo decisionale. In estrema sintesi, il metodo proposto è il frutto della convinzione che la progettazione degli spazi della comunità, spesso anche setting del crimine, debba essere considerata comprimaria tra le forme di prevenzione, prevedendo un serio recupero della territorialità fisico-sociale e non limitandosi ad un semplice make up dei centri storici, alle bunkerizzazioni delle residenze o alla privatizzazione dello spazio pubblico. Destinatari e sviluppi futuri Questa nuova metodologia , sperimentata a Prato, può avere un forte impatto sull’approccio culturale, ancora diffusamente ancorato a modalità di prevenzione del crimine basate sulla vigilanza, permettendo d’individuare un modello, a maglie larghe, un applicativo replicabile nei diversi contesti urbani, nel pieno rispetto delle peculiarità del luogo, senza imposizioni dall’alto, ma frutto di un coinvolgimento multi-attoriale che potrebbe generare impatti sociali più che positivi. Il risultato della ricerca può essere proposto a diverse realtà italiane, sotto l’egida dei Ministeri e delle Istituzioni pubbliche, che finanzieranno, contribuiranno e registreranno l’esito positivo sul territorio.

La sicurezza urbana nelle aree antistanti le stazioni ferroviarie delle città. Il caso della stazione di Prato Centrale / Giovanni Freschetti Muzio. - (2022).

La sicurezza urbana nelle aree antistanti le stazioni ferroviarie delle città. Il caso della stazione di Prato Centrale.

Giovanni Freschetti Muzio
2022

Abstract

Come Agente della Pubblica Sicurezza, ho percepito direttamente l’ansia, la paura ed il senso di smarrimento degli abitanti delle città italiane, spaventati dalla criminalità e vittime delle notizie di cronaca. In questa indagine scientifica ho riversato il tentativo di comprendere quale contributo avrei potuto fornire, affinché questa condizione potesse cambiare. Il percorso è stato avviato sostenendo la teoria che considera le inciviltà materiali e sociali talmente diffuse e visibili da contare più degli atti criminali veri e propri, alimentando un senso di abbandono e cedimento delle regole comunitarie e morali che a loro volta favoriscono la moltiplicazione dei reati e dei comportamenti devianti. A tutto ciò bisogna sommare la riduzione del controllo sociale-informale che produce un adattamento alla minaccia ed un aumento dell’insicurezza percepita, con una riduzione ulteriore dei legami verticali con le Istituzioni e di quelli orizzontali con l’intera comunità. La letteratura scientifica ha dimostrato, inoltre, che la paura è in grado di cambiare anche la percezione dell’ambiente, con effetti diretti sul deterioramento dello spazio pubblico urbano e sulla riduzione della coesione nei quartieri e nelle relazioni sociali. Quadro di riferimento In Italia, in particolare, la sicurezza urbana è assimilata a quella pubblica, in quanto sono state previste misure straordinarie di prevenzione e repressione che conferiscono ai sindaci poteri straordinari, meglio descritti nel Decreto Legge n. 14/2017, conosciuto anche come ‘Decreto antidegrado’. Inoltre, le politiche urbanistiche e securitarie affrontano solo marginalmente la questione della ‘sicurezza urbana’, con dispositivi normativi e tecnici non adeguati, palesando incapacità a leggere le trasformazioni dell’abitare e della struttura degli insediamenti e degli assetti territoriali che determinano l’insorgenza delle paure, dei comportamenti auto-segregativi e di una limitata capacità di accoglienza delle popolazioni immigrate. Gli effetti diretti di questo clima sociale e politico sono certamente ravvisabili nella crescita della ‘privatizzazione della sicurezza pubblica’ e nell’uso di approcci tradizionali, mediaticamente spendibili, con naturali derive securitarie-giustizialiste. Spesso questo ‘mostrare i muscoli’ allontana ulteriormente la popolazione dalle Istituzioni e produce risultati poco duraturi, attraverso un displacement momentaneo. Problema scientifico Un aspetto da non sottovalutare è la diffusione di aree urbane con un’elevata concentrazione di popolazione povera, spesso costituita in buona parte da immigrati, che caratterizza l’enclave nelle aree metropolitane. L’intensità dei flussi, registrata negli ultimi anni con una conseguente difficoltà d’integrazione, è un fenomeno nuovo per il nostro Paese che sta generando una rinnovata topografia sociale, impattando su una struttura ancora frammentata, e poco dialogante, della città. Si moltiplicano le aree interne di confine, le aree dei nodi della mobilità, gli interstizi della città in cui le diversità e le distanze sociali si incontrano e si scontrano, generando tensioni e paura. Nelle città, le stazioni e le aree circostanti diventano spesso un luogo privilegiato di incontro per alcune comunità straniere, ognuna delle quali si insedia in un contesto spaziale che, col tempo, finisce per riconoscere come proprio. L’analisi delle pratiche di appropriazione e significazione dello spazio evidenzia l’ambivalenza di alcune stazioni ferroviarie, che non di rado produce frizioni sociali: per i residenti rappresentano luoghi della mobilità, mentre, per gli appartenenti a comunità straniere costituiscono spesso un luogo di ritrovo, di incontro. L’attenzione della ricerca si concentra sull’area della stazione ferroviaria di ‘Prato Centrale’, dove l’immigrazione ‘trova casa’ e dove coesistono tre situazioni: (1) chi produce il disordine (solitamente gli immigrati), (2) chi si mobilita (i residenti, i commercianti), e (3) chi reprime (la polizia, i militari, il governo). Questo territorio così complesso, allo stesso tempo spazio di passaggio e di consumo, spazio di lavoro, spazio per il tempo libero e spazio per attività microcriminali, si colloca all’interno degli studi sulla sicurezza urbana, focalizzando l’attenzione sulle possibili azioni da mettere in atto per: (1) prevenire il prodursi dei crimini e (2) rassicurare gli abitanti. La ricerca opera, quindi, nell’area della prevenzione comunitaria: agire sulla sicurezza in città prima che sia troppo tardi, intervenendo sulla parte ancora sana, là dove il degrado potrebbe prodursi, e la paura dilagare, in modo da impedire che la città diventi diffusamente un luogo invivibile. È del tutto evidente l’impossibilità di affrontare l’emergenza criminalità e/o l’immigrazione senza controllo solo con gli strumenti della repressione. Infatti, non esistendo soluzioni preconfezionate, occorre fare il possibile per mitigare il fenomeno di ‘segregazione spontanea’ delle comunità straniere residenti nelle nostre città e contrastare la creazione di arcipelaghi culturali non dialoganti. Tale fattore, del resto, può rappresentare un potente ostacolo al processo di adattamento reciproco nei valori e nei comportamenti, tra chi accoglie e chi è accolto. A parere di chi scrive, serve attuare concretamente un ‘controllo del territorio’, investendo sul capitale sociale, in vivibilità e territorialità, attraverso politiche di coordinamento delle azioni top down, fuse a processi bottom up, superando in primis l’autoreferenzialità istituzionale e condividendo le strategie e gli obiettivi, soprattutto con la cittadinanza. Il coinvolgimento comunitario è la base della sicurezza integrata perché, laddove è forte la capacità di mobilitare un’area, più bassi sono i livelli di violenza osservati, indipendentemente dalle caratteristiche socio-demografiche dei residenti del quartiere e dalla qualità di civiltà osservata. Modalità di svolgimento La ricerca è il risultato di due fasi: • la prima, di analisi, attraverso uno studio più generale, fondamentale per la formulazione di qualsiasi proposta d’intervento, necessario a definire un quadro conoscitivo dettagliato e globale dell’ambiente in cui si opera, si è concentrato sulle aree di confine tra le stazioni ferroviarie e le città. Questo metodo ha permesso l’ideazione, la messa a punto e l'applicazione sperimentale di uno strumento di analisi multidisciplinare, ‘SIUSI’ (Strumento d’Indagine Urbana Sicurezza Integrata); • la seconda, propositiva, mediante una sperimentazione condotta, focalizzando l’attenzione sulla piazza della stazione di Prato Centrale, porta di accesso alla città che, come in tante altre realtà cittadine, risulta essere problematica per l’ordine e la sicurezza pubblica, nodo cruciale della complessità sociale, luogo insicuro e da evitare, ma fondamentale per i collegamenti da e per la città. Quest’ultima parte si è conclusa con l’elaborazione di un Master Plan narrativo, nell’intento di dimostrare che attraverso la progettazione di quartieri, strade, piazze, spazi pubblici ed edifici si possa influire sulla sicurezza reale e insicurezza percepiti negli spazi pubblici, spesso isolati, poco vitali e fisicamente poco sorvegliabili. Le ipotesi d’intervento sulla componente fisica dell’ambiente e su quella socio-comunitaria, rivolte sia ai decisori pubblici che ai progettisti, sono state raccolte in un piano d'azione che, sulla base delle diverse fonti informative impiegate (letteratura scientifica, interviste, sopralluoghi ed esperienza personale dello scrivente), delineando gli obiettivi da raggiungere e definendo le competenze per la riqualificazione del Piazzale esterno della stazione di Prato Centrale. Questo strumento di carattere volontario ha la presunzione di poter essere adottato/approvato dai soggetti interessati, pubblici e/o privati, mediante protocolli d’intesa, oppure di rappresentare almeno una buona base di partenza per il coinvolgimento attivo ed inclusivo della comunità nel processo decisionale. In estrema sintesi, il metodo proposto è il frutto della convinzione che la progettazione degli spazi della comunità, spesso anche setting del crimine, debba essere considerata comprimaria tra le forme di prevenzione, prevedendo un serio recupero della territorialità fisico-sociale e non limitandosi ad un semplice make up dei centri storici, alle bunkerizzazioni delle residenze o alla privatizzazione dello spazio pubblico. Destinatari e sviluppi futuri Questa nuova metodologia , sperimentata a Prato, può avere un forte impatto sull’approccio culturale, ancora diffusamente ancorato a modalità di prevenzione del crimine basate sulla vigilanza, permettendo d’individuare un modello, a maglie larghe, un applicativo replicabile nei diversi contesti urbani, nel pieno rispetto delle peculiarità del luogo, senza imposizioni dall’alto, ma frutto di un coinvolgimento multi-attoriale che potrebbe generare impatti sociali più che positivi. Il risultato della ricerca può essere proposto a diverse realtà italiane, sotto l’egida dei Ministeri e delle Istituzioni pubbliche, che finanzieranno, contribuiranno e registreranno l’esito positivo sul territorio.
2022
Antonio Lauria, David Fanfani
ITALIA
Giovanni Freschetti Muzio
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FRESCHETTI_MUZIO_GIOVANII_Sicurezza integrata nelle stazioni_ 2022.PDF

Open Access dal 27/10/2023

Descrizione: L'idea madre è stata quella di adottare l'approccio di sicurezza integrata alle stazioni ferroviarie e alla loro naturale proiezione sulle città, favorendo iniziative in campo fisico, economico e sociale. Nello specifico, il lavoro di tesi affronta un tema concreto e complesso: la sicurezza ‒ reale e percepita ‒ in ambito urbano, con una ricca documentazione dello stato dell’arte e delle esperienze più significative, ed è finalizzato a delineare uno strumento valutativo per la sicurezza urbana integrata a supporto delle Pubbliche Amministrazioni. La replicabilità di questo “strumento d’indagine”, in diversi contesti urbani, lo rende utile alla definizione di un masterplan di azioni per la prevenzione e la riqualificazione urbana di aree ritenute, spesso frettolosamente, setting privilegiati di comportamenti criminali e/o antisociali.
Tipologia: Tesi di dottorato
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