'Fare spazio', 'dare spazio' sono modi di dire eloquenti, espressioni ariose che assegnano alla parola ‘spazio’ un senso figurato, situandolo rispetto al nostro corpo e sottraendolo all’astrazione, così come all’abiezione. Sono modi dire che evocano libertà di movimento, di azione, di espressione e che, per estensione, richiamano concetti come rispetto dell’altro, senso di responsabilità, propensione all’ospitalità e all’accoglienza, apertura al cambiamento. Utilizzata come una delle possibili voci verbali che qualificano nella condizione contemporanea il progetto di paesaggio (di per se già un invito all’azione), l’espressione fare spazio si presta ad essere adottata per designare una peculiare forma di resistenza etica ed estetica. Una forma di azione/reazione che difende il diritto essenziale di interstizi, vuoti urbani, intervalli tra i pieni, aree libere, territori non costruiti, sistemi agricoli e rurali - ed altre specie di spazi aperti - a non essere erosi, consumati e cancellati da forsennati e mal pianificati processi di urbanizzazione, ma anche a non essere infagottati, addobbati, riempiti, ingombrati per via di quell’incontenibile smania di colonizzare e occupare suolo, habitat, superfici, con manufatti, arredi, insulsi aggeggi ed eccessi di scorie prodotti dalle attività antropiche e depositati qua e là negli anfratti planetari. Nei processi di gestione delle trasformazioni territoriali, qualunque sia la scala e la categoria di intervento, la strategia 'fare spazio' può implicare dunque scelte di valore etico tutt’altro che banali.

Il peso degli spazi aperti. Editoriale / Lambertini Anna. - In: ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO. - ISSN 1125-0259. - STAMPA. - Fare spazio/Making Space, vol. 44/45 2022:(2022), pp. 8-10.

Il peso degli spazi aperti. Editoriale

Lambertini Anna
2022

Abstract

'Fare spazio', 'dare spazio' sono modi di dire eloquenti, espressioni ariose che assegnano alla parola ‘spazio’ un senso figurato, situandolo rispetto al nostro corpo e sottraendolo all’astrazione, così come all’abiezione. Sono modi dire che evocano libertà di movimento, di azione, di espressione e che, per estensione, richiamano concetti come rispetto dell’altro, senso di responsabilità, propensione all’ospitalità e all’accoglienza, apertura al cambiamento. Utilizzata come una delle possibili voci verbali che qualificano nella condizione contemporanea il progetto di paesaggio (di per se già un invito all’azione), l’espressione fare spazio si presta ad essere adottata per designare una peculiare forma di resistenza etica ed estetica. Una forma di azione/reazione che difende il diritto essenziale di interstizi, vuoti urbani, intervalli tra i pieni, aree libere, territori non costruiti, sistemi agricoli e rurali - ed altre specie di spazi aperti - a non essere erosi, consumati e cancellati da forsennati e mal pianificati processi di urbanizzazione, ma anche a non essere infagottati, addobbati, riempiti, ingombrati per via di quell’incontenibile smania di colonizzare e occupare suolo, habitat, superfici, con manufatti, arredi, insulsi aggeggi ed eccessi di scorie prodotti dalle attività antropiche e depositati qua e là negli anfratti planetari. Nei processi di gestione delle trasformazioni territoriali, qualunque sia la scala e la categoria di intervento, la strategia 'fare spazio' può implicare dunque scelte di valore etico tutt’altro che banali.
2022
Fare spazio/Making Space, vol. 44/45 2022
8
10
Goal 11: Sustainable cities and communities
Goal 15: Life on land
Lambertini Anna
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