Questo lavoro tenta di mostrare le modalità di occultamento, reificazione, autonomia e trasgressione categoriale a cui sono sottoposte le pratiche scientifiche e lo fa a partire da due assunti. In primo luogo, l’idea che le filosofie diano voce alle aspirazioni delle civiltà e che nel farlo debbano compiere delle scelte: essendo limitate e mai imparziali, esse inevitabilmente privilegiano alcuni aspetti della loro civiltà a spese di altri. Le diverse pratiche che regolano la vita di una civiltà entrano inevitabilmente in conflitto e il filosofo – utilizzando una metafora spaziale – non ha da mostrare né ciò che si trova al di sotto di esse (interessi nascosti, desideri inconfessati, archetipi ancestrali) né ciò che si trova sopra (dinamiche cosmico-storiche, sovrastrutture, limiti metafisici invalicabili). Il filosofo ha da porsi a fianco fornendo strumenti di linguaggio comune per una parziale auto-comprensione degli strumenti di obiettivazione e significazione della realtà. In secondo luogo, che il rapporto tra pensiero ed essere, tra conoscenza e realtà debba essere concepito nei termini della plasticità di un essere vivente. La conoscenza non è né il rispecchiamento, né l’enantiomorfo della materia. È, piuttosto, la struttura, costantemente eccentrica ed estroflessa nei confronti del proprio esterno, orientata allo svolgimento di una funzione che ne indirizza lo sviluppo. Tale funzione, retroagendo sulla struttura di partenza, permette di accedere a nuove funzioni. Tutto ciò, tenendo presente che l’evoluzione non procede solo per differenziazione e integrazione progressiva di caratteri e funzioni, bensì anche mediante destrutturazioni e regressioni. Il testo declina queste idee attraverso il confronto con una posizione filosofica, il realismo speculativo, sì circoscritta, ma a nostro parere significativa, in quanto sintomo di alcuni motivi urgenti del filosofare contemporaneo. La tesi è divisa in due parti. Nella prima parte viene data una contestualizzazione etico-politica di quest’impresa filosofica, caratterizzando, in particolar modo, la proposta metafisica di Quentin Meillassoux. Nella seconda parte, si procede ad una ricostruzione storico-filosofica delle origini della scienza moderna, il cui scopo principale è mostrare l’inadeguatezza e il tenore sostanzialmente mitopoietico del realismo speculativo, il quale, consapevolmente o inconsapevolmente, degenera nella difesa di un’ideologia che occulta il senso delle pratiche scientifiche assoggettandole ad una delle numerose varianti dello scientismo contemporaneo.
Pratiche impure: immaginazione e contingenza alle origini della scienza moderna / Luca Cabassa. - (2023).
Pratiche impure: immaginazione e contingenza alle origini della scienza moderna
Luca Cabassa
2023
Abstract
Questo lavoro tenta di mostrare le modalità di occultamento, reificazione, autonomia e trasgressione categoriale a cui sono sottoposte le pratiche scientifiche e lo fa a partire da due assunti. In primo luogo, l’idea che le filosofie diano voce alle aspirazioni delle civiltà e che nel farlo debbano compiere delle scelte: essendo limitate e mai imparziali, esse inevitabilmente privilegiano alcuni aspetti della loro civiltà a spese di altri. Le diverse pratiche che regolano la vita di una civiltà entrano inevitabilmente in conflitto e il filosofo – utilizzando una metafora spaziale – non ha da mostrare né ciò che si trova al di sotto di esse (interessi nascosti, desideri inconfessati, archetipi ancestrali) né ciò che si trova sopra (dinamiche cosmico-storiche, sovrastrutture, limiti metafisici invalicabili). Il filosofo ha da porsi a fianco fornendo strumenti di linguaggio comune per una parziale auto-comprensione degli strumenti di obiettivazione e significazione della realtà. In secondo luogo, che il rapporto tra pensiero ed essere, tra conoscenza e realtà debba essere concepito nei termini della plasticità di un essere vivente. La conoscenza non è né il rispecchiamento, né l’enantiomorfo della materia. È, piuttosto, la struttura, costantemente eccentrica ed estroflessa nei confronti del proprio esterno, orientata allo svolgimento di una funzione che ne indirizza lo sviluppo. Tale funzione, retroagendo sulla struttura di partenza, permette di accedere a nuove funzioni. Tutto ciò, tenendo presente che l’evoluzione non procede solo per differenziazione e integrazione progressiva di caratteri e funzioni, bensì anche mediante destrutturazioni e regressioni. Il testo declina queste idee attraverso il confronto con una posizione filosofica, il realismo speculativo, sì circoscritta, ma a nostro parere significativa, in quanto sintomo di alcuni motivi urgenti del filosofare contemporaneo. La tesi è divisa in due parti. Nella prima parte viene data una contestualizzazione etico-politica di quest’impresa filosofica, caratterizzando, in particolar modo, la proposta metafisica di Quentin Meillassoux. Nella seconda parte, si procede ad una ricostruzione storico-filosofica delle origini della scienza moderna, il cui scopo principale è mostrare l’inadeguatezza e il tenore sostanzialmente mitopoietico del realismo speculativo, il quale, consapevolmente o inconsapevolmente, degenera nella difesa di un’ideologia che occulta il senso delle pratiche scientifiche assoggettandole ad una delle numerose varianti dello scientismo contemporaneo.File | Dimensione | Formato | |
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