La tesi si articola in due parti complementari: la prima è dedicata ad uno studio terminologico dell’ambito semantico relativo ad “essere” e “divenire” nel Timeo platonico; la seconda a un’indagine traduttologica della sua versione in armeno antico (grabar). La sezione dedicata al greco comprende innanzitutto uno studio dei valori semantici e azionali del verbo trasformativo gìgnomai (“passare ad un nuovo stato di esistenza”, quindi “nascere”, “diventare”), demandato da Platone all’espressione delle varie manifestazioni del mondo fenomenico, in opposizione alla sua controparte stativa eimì (“essere”), che è invece utilizzata in riferimento allo statuto ontologico proprio delle Forme intellegibili. In particolare, si analizza la funzione del perfetto stativo gègona, che riveste un ruolo centrale nel sottocodice filosofico platonico. In seguito, si procede a un’analisi di tutte le occorrenze di gìgnomai nel Timeo, con particolare attenzione ai casi in cui esso è esplicitamente opposto ad eimì, e all’impiego di diverse forme del medesimo verbo, che si distinguono per valori semantici, aspettuali e azionali, e sono sfruttate per veicolare distinzioni filosoficamente rilevanti. La seconda parte è dedicata invece allo studio dell’analogo ambito semantico nella versione armena, con particolare attenzione alle sue caratteristiche linguistiche (soprattutto all’influsso del greco) e alle strategie adottate per trasporre un settore del lessico investito di rilevanza tecnica nell’originale. Si analizza se e come il traduttore armeno abbia mantenuto la dicotomia lessicale e azionale tra “essere” e “divenire”, e, soprattutto, se e come abbia riconosciuto e mantenuto l’opposizione tra diverse forme di gìgnomai, pur non disponendo, nella lingua replica, di un inventario di voci verbali morfologicamente, semanticamente e aspettualmente differenziate analogo a quello della lingua modello. Poiché la traduzione armena del Timeo è anonima e non datata, inoltre, si ripercorre la storia degli studi dedicati al tema della sua attribuzione e collocazione cronologica, evidenziando come nessuna delle proposte avanzate sinora risulti di per sé cogente, rettificando alcune informazioni imprecise che hanno avuto fortuna in bibliografia (anche a causa di barriere linguistiche che impediscono l’accesso ai testi in armeno moderno), e proponendo un termine ante quem sulla base di una citazione individuata in un autore del XII sec. ****************************************************************** The present study aims to ascertain whether elements of a philosophically relevant specialised language pertaining to the semantic field of “being” and “becoming” can be detected in Plato’s Timaeus. It focuses on the antithesis between the verb eimì and its kinetic pendant gìgnomai (an opposition that mirrors the ontological difference between the world of eternal Ideas and the phenomenical world). As a verb of achievement meaning essentially “to come into a new state of being” ‒ and thus not only “to become” but also “to be born”, “to happen” ‒ gìgnomai is especially suitable to represent the various manifestations of the transient world (through several forms, differentiated on the basis of aspect and aktionsart). The perfect gègona can also neutralise the dynamic component typical of the root, thus signifying a “state of being” that is however inherently different from the one expressed by eimì. Since Plato seems to have used to the greatest possible advantage the opposition between different forms of gìgnomai in order to convey philosophically relevant distinctions, the second part of the analysis is devoted to ascertaining which ones of these distinctions the author(s) of the ancient Armenian translation could recognise and render. That is especially significant as the target language did not possess an equal set of morphologically and semantically differentiated verbal forms. The linguistic features of the translation and its degree of Hellenisation are taken into consideration as well. A chapter is also devoted to the much debated issue of the attribution and dating of the Armenian Platonic translations, and a terminus ante quem is proposed.

“Essere” e “divenire” nel Timeo greco e armeno: studio terminologico e indagine traduttologica / Irene Tinti. - (2011).

“Essere” e “divenire” nel Timeo greco e armeno: studio terminologico e indagine traduttologica

Irene Tinti
2011

Abstract

La tesi si articola in due parti complementari: la prima è dedicata ad uno studio terminologico dell’ambito semantico relativo ad “essere” e “divenire” nel Timeo platonico; la seconda a un’indagine traduttologica della sua versione in armeno antico (grabar). La sezione dedicata al greco comprende innanzitutto uno studio dei valori semantici e azionali del verbo trasformativo gìgnomai (“passare ad un nuovo stato di esistenza”, quindi “nascere”, “diventare”), demandato da Platone all’espressione delle varie manifestazioni del mondo fenomenico, in opposizione alla sua controparte stativa eimì (“essere”), che è invece utilizzata in riferimento allo statuto ontologico proprio delle Forme intellegibili. In particolare, si analizza la funzione del perfetto stativo gègona, che riveste un ruolo centrale nel sottocodice filosofico platonico. In seguito, si procede a un’analisi di tutte le occorrenze di gìgnomai nel Timeo, con particolare attenzione ai casi in cui esso è esplicitamente opposto ad eimì, e all’impiego di diverse forme del medesimo verbo, che si distinguono per valori semantici, aspettuali e azionali, e sono sfruttate per veicolare distinzioni filosoficamente rilevanti. La seconda parte è dedicata invece allo studio dell’analogo ambito semantico nella versione armena, con particolare attenzione alle sue caratteristiche linguistiche (soprattutto all’influsso del greco) e alle strategie adottate per trasporre un settore del lessico investito di rilevanza tecnica nell’originale. Si analizza se e come il traduttore armeno abbia mantenuto la dicotomia lessicale e azionale tra “essere” e “divenire”, e, soprattutto, se e come abbia riconosciuto e mantenuto l’opposizione tra diverse forme di gìgnomai, pur non disponendo, nella lingua replica, di un inventario di voci verbali morfologicamente, semanticamente e aspettualmente differenziate analogo a quello della lingua modello. Poiché la traduzione armena del Timeo è anonima e non datata, inoltre, si ripercorre la storia degli studi dedicati al tema della sua attribuzione e collocazione cronologica, evidenziando come nessuna delle proposte avanzate sinora risulti di per sé cogente, rettificando alcune informazioni imprecise che hanno avuto fortuna in bibliografia (anche a causa di barriere linguistiche che impediscono l’accesso ai testi in armeno moderno), e proponendo un termine ante quem sulla base di una citazione individuata in un autore del XII sec. ****************************************************************** The present study aims to ascertain whether elements of a philosophically relevant specialised language pertaining to the semantic field of “being” and “becoming” can be detected in Plato’s Timaeus. It focuses on the antithesis between the verb eimì and its kinetic pendant gìgnomai (an opposition that mirrors the ontological difference between the world of eternal Ideas and the phenomenical world). As a verb of achievement meaning essentially “to come into a new state of being” ‒ and thus not only “to become” but also “to be born”, “to happen” ‒ gìgnomai is especially suitable to represent the various manifestations of the transient world (through several forms, differentiated on the basis of aspect and aktionsart). The perfect gègona can also neutralise the dynamic component typical of the root, thus signifying a “state of being” that is however inherently different from the one expressed by eimì. Since Plato seems to have used to the greatest possible advantage the opposition between different forms of gìgnomai in order to convey philosophically relevant distinctions, the second part of the analysis is devoted to ascertaining which ones of these distinctions the author(s) of the ancient Armenian translation could recognise and render. That is especially significant as the target language did not possess an equal set of morphologically and semantically differentiated verbal forms. The linguistic features of the translation and its degree of Hellenisation are taken into consideration as well. A chapter is also devoted to the much debated issue of the attribution and dating of the Armenian Platonic translations, and a terminus ante quem is proposed.
2011
Alessandro Orengo, Pierangiolo Berrettoni
ITALIA
Irene Tinti
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