C’è un primo legame, forse poco noto, tra il lógos, cioè la capacità di comunicare verbalmente, e il futuro: che sono proprio le parole a permetterci di immaginarcelo, un futuro. Le parole, infatti, ci rendono animali narranti e narrati, in grado di vivere la diacronia, arricchendoci delle dimensioni di ciò che è stato e di ciò che verrà, e liberandoci dalla costrizione di vivere in maniera appiattita sullo hic et nunc, il qui e ora. Mentre la dimensione del presente, infatti, può essere comunicata in maniera diretta, sia il passato sia il futuro necessitano della parola per poter venire raccontati. Le parole servono a dare struttura ai ricordi del passato (questo pare essere il motivo per cui non ricordiamo nulla dei nostri primi anni di vita, quelli preverbali), ma anche per immaginarsi futuri possibili. La dimensione della speranza (per un futuro migliore) è centrale per dare un senso alle nostre vite, come ha dimostrato l’effetto psicologico negativo dato dall’“assenza di futuro” che ha caratterizzato gli anni della pandemia. La possibilità di pensare futuri tramite le parole è ciò che garantisce all’essere umano l’ikigai, la forza vitale per affrontare ogni singolo giorno. Dunque, il futuro è la lingua. Ma quale potrebbe essere il futuro della lingua?
Il futuro della lingua: utopia, distopia, eterotopia? / Vera Gheno. - STAMPA. - (2024), pp. 75-85.
Il futuro della lingua: utopia, distopia, eterotopia?
Vera Gheno
2024
Abstract
C’è un primo legame, forse poco noto, tra il lógos, cioè la capacità di comunicare verbalmente, e il futuro: che sono proprio le parole a permetterci di immaginarcelo, un futuro. Le parole, infatti, ci rendono animali narranti e narrati, in grado di vivere la diacronia, arricchendoci delle dimensioni di ciò che è stato e di ciò che verrà, e liberandoci dalla costrizione di vivere in maniera appiattita sullo hic et nunc, il qui e ora. Mentre la dimensione del presente, infatti, può essere comunicata in maniera diretta, sia il passato sia il futuro necessitano della parola per poter venire raccontati. Le parole servono a dare struttura ai ricordi del passato (questo pare essere il motivo per cui non ricordiamo nulla dei nostri primi anni di vita, quelli preverbali), ma anche per immaginarsi futuri possibili. La dimensione della speranza (per un futuro migliore) è centrale per dare un senso alle nostre vite, come ha dimostrato l’effetto psicologico negativo dato dall’“assenza di futuro” che ha caratterizzato gli anni della pandemia. La possibilità di pensare futuri tramite le parole è ciò che garantisce all’essere umano l’ikigai, la forza vitale per affrontare ogni singolo giorno. Dunque, il futuro è la lingua. Ma quale potrebbe essere il futuro della lingua?File | Dimensione | Formato | |
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