Vivendo la città di Firenze come spettatori attenti, basteranno pochi istanti per iniziare a contare gli spazi che si prestano alla performance e per rendersi conto che le dita delle mani non bastano. Una storia più remota dello spettacolo non ci verrà in aiuto ma servirà a riflettere sulla lunga durata della pratica di “lasciare il teatro” e di mettere in scena qualcosa – per necessità o per scelta – in luoghi non nati per la messinscena. Fin da tempi remoti Firenze è una capitale dello spettacolo dal vivo, centro propulsore di artisti e modello di industria spettacolare, da quella di corte a quella accademica fino a quella “del soldo”. Gli stessi Medici, salvo farsi protagonisti del passaggio da luogo a edificio teatrale con la costruzione del teatro Mediceo degli Uffizi (1586), commissionano messinscene encomiastiche lungo i percorsi viari, nelle piazze, nei cortili, nei palazzi. A rendere questo possibile sono i professionisti specializzati che oggi chiameremmo “scenografi”: Brunelleschi, Sangallo, Vasari, Buontalenti e la scuola dei Parigi nell’attuale via Maggio, luogo di formazione e trasmissione di competenze che saranno diffuse fuori dai confini del principato. Un teatro, dunque – fatto di letteratura, danza, musica e meraviglia scenografica – che ben prima di trovare sostanza nel teatro stesso abita la città e i suoi spazi. Compiendo un salto vorticoso nel Novecento, non è un caso che una pioniera come Isadora Duncan porti una sua versione dell’Orfeo monteverdiano presso la sede del Circolo degli Artisti (1902), una danza lontana dai canoni, ispirata a quella «del passato» e rappresentata, come già era accaduto, in un luogo non nato per la messinscena. Il capoluogo toscano, anche se in modo diverso, è tutt’oggi luogo di promozione e di sperimentazione delle arti, nonché di esplorazione di spazi nuovi. Si pensi ad alcuni episodi fondanti del cosiddetto “nuovo teatro”: I Magazzini al Rondò di Bacco nel complesso di Palazzo Pitti, Virgilio Sieni nei cenacoli e nel quartiere dell’Isolotto, Kinkaleri al Museo Novecento.
Un approdo della performance tra i “luoghi” teatrali fiorentini. Kinkaleri e Museo Novecento tra dancing museum e site-specific / Colasanti, Benedetta. - In: STRATAGEMMI. - ISSN 2036-5233. - STAMPA. - Il teatro e i suoi spazi #3:(2023), pp. 47.171-47.180.
Un approdo della performance tra i “luoghi” teatrali fiorentini. Kinkaleri e Museo Novecento tra dancing museum e site-specific
Colasanti, Benedetta
2023
Abstract
Vivendo la città di Firenze come spettatori attenti, basteranno pochi istanti per iniziare a contare gli spazi che si prestano alla performance e per rendersi conto che le dita delle mani non bastano. Una storia più remota dello spettacolo non ci verrà in aiuto ma servirà a riflettere sulla lunga durata della pratica di “lasciare il teatro” e di mettere in scena qualcosa – per necessità o per scelta – in luoghi non nati per la messinscena. Fin da tempi remoti Firenze è una capitale dello spettacolo dal vivo, centro propulsore di artisti e modello di industria spettacolare, da quella di corte a quella accademica fino a quella “del soldo”. Gli stessi Medici, salvo farsi protagonisti del passaggio da luogo a edificio teatrale con la costruzione del teatro Mediceo degli Uffizi (1586), commissionano messinscene encomiastiche lungo i percorsi viari, nelle piazze, nei cortili, nei palazzi. A rendere questo possibile sono i professionisti specializzati che oggi chiameremmo “scenografi”: Brunelleschi, Sangallo, Vasari, Buontalenti e la scuola dei Parigi nell’attuale via Maggio, luogo di formazione e trasmissione di competenze che saranno diffuse fuori dai confini del principato. Un teatro, dunque – fatto di letteratura, danza, musica e meraviglia scenografica – che ben prima di trovare sostanza nel teatro stesso abita la città e i suoi spazi. Compiendo un salto vorticoso nel Novecento, non è un caso che una pioniera come Isadora Duncan porti una sua versione dell’Orfeo monteverdiano presso la sede del Circolo degli Artisti (1902), una danza lontana dai canoni, ispirata a quella «del passato» e rappresentata, come già era accaduto, in un luogo non nato per la messinscena. Il capoluogo toscano, anche se in modo diverso, è tutt’oggi luogo di promozione e di sperimentazione delle arti, nonché di esplorazione di spazi nuovi. Si pensi ad alcuni episodi fondanti del cosiddetto “nuovo teatro”: I Magazzini al Rondò di Bacco nel complesso di Palazzo Pitti, Virgilio Sieni nei cenacoli e nel quartiere dell’Isolotto, Kinkaleri al Museo Novecento.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



