Tra le tipologie edilizie oggetto di attenzione da parte della cultura architettonica contemporanea, quella riguardante le strutture ospedaliere merita indubbiamente una riflessione critica particolare per la discutibile qualità dei risultati conseguiti nelle opere realizzate e, più che altro, per l’assenza di spunti innovativi coerenti con l’accelerata dinamica evolutiva delle procedure terapeutiche e delle tecnologie sanitarie in esse ospitate. Le motivazioni di tale discrasia possono essere di diversa natura: in parte attribuibili all’anacronistica -ma diffusa- convinzione che l’edificio ospedaliero debba essere ancora concepito, solo, come una “macchina per guarire”, conferendo quindi alla componente “funzionale” importanza prioritaria nei criteri d’impostazione del progetto e nelle modalità di approccio alla individuazione delle soluzioni architettoniche, in parte alla limitata conoscenza delle evoluzioni che questa tipologia ha subito nel tempo in termini di modalità di trattamento della cura e di specificità dei connotati ambientali. Solo di recente, grazie anche ai risultati di studi e ricerche scientifiche di carattere preminentemente interdisciplinare, si è acquisito consapevolezza che, al processo di guarigione, possono contribuire oltre che le componenti di natura terapeutica, farmacologica e tecnico-sanitaria, anche quelle connesse con le “condizioni ambientali” nelle quali le prestazioni assistenziali vengono erogate. In tale accezione l’ospedale non può più essere inteso come una macchina ad elevata efficienza produttiva, spesso a detrimento delle condizioni di dignità umana dei pazienti che vi soggiornano, ma come sofisticato contenitore nel quale le componenti di natura fisico-ambientale, socio-relazionale ed architettonica assumono rilevanza terapeutica, acquisendo importanza strategica per il perseguimento degli stessi obbiettivi del più generale sistema assistenziale. Un’ulteriore motivazione può essere ritrovata nella scarsa considerazione conferita agli apporti conoscitivi provenienti da altre discipline che sempre più approfonditamente hanno indagato la complessa fenomenologia dei rapporti uomo/ambiente e sempre più efficacemente oggi tendono a fornire validi contributi operativi alla reinterpretazione dello spazio ospedaliero come luogo dell’interazione psicofisica e sensoriale da parte di utenti in condizione di marcata vulnerabilità. In questo senso i contributi della psicologia ambientale, della sociologia, dell’ergonomia, della prossemica possono concorrere a definire gli inputs di progetto necessari per arricchire il bagaglio culturale dei progettisti e per conferire al progetto il significato di reale pre-figurazione delle dinamiche interattive che esso genera. A tutto ciò si aggiunge, infine, la sempre più acquisita consapevolezza che, negli ambienti di cura dove la stato psichico e fisico degli utenti è particolarmente sollecitato, si genera un’interazione che spesso diventa causa di stress i cui effetti si rivelano essere sempre più dannosi per la salute e, più in generale, per l’economia della sanità. Alla luce di queste considerazioni e tenuto conto di quanto di più avanzato emerso dal confronto culturale di chi si occupa di programmazione e di progettazione ospedaliera, il Centro TESIS dell’Università degli Studi di Firenze ha sviluppato un programma di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN), cofinanziato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) del quale il presente volume documenta le risultanze più significative. La ricerca ha tratto spunto dall’assunto, ormai unanimemente condiviso in contesti internazionali dove c’è una più matura consapevolezza delle relazioni intercorrenti tra assistenza sanitaria e salute dei cittadini, secondo cui lo stress che si genera nella dinamica dell’interazione tra le persone e l’ambiente costituisce un fattore patogenico ad elevato tasso di incidenza sugli eventi di ospedalizzazione. A tale assunto si è fatto corrispondere l’obbiettivo di contrastare il processo patogenico mediante la messa a punto di strumenti operativi finalizzati alla eliminazione dei fattori stressanti per il miglioramento della qualità di vita e, soprattutto, per la promozione delle condizioni di salute mediante la bonifica della condizioni ambientali. Una progettazione sanitaria di alto livello qualitativo può aiutare coloro che offrono assistenza a fornire servizi più efficienti. Di contro, una progettazione che non tenga conto dell’obbiettivo-salute si riflette in un alto costo in termini di stress, compromettendo la possibilità di creare ambienti efficienti dal punto di vista funzionale, ed efficaci nel supportare lo stato psico-sociale delle persone. La constatazione che le situazioni di ospedalizzazione in cui sono coinvolti i bambini provocano l’instaurarsi di fenomeni di forte stess psico-fisiologico ha fatto ritenere come particolarmente urgente una revisione delle logiche e modalità progettuali con cui vengono concepiti e progettati gli ambienti dell’ospedale pediatrico (anche – e forse soprattutto – in considerazione del fatto che attualmente la gran parte degli ospedali pediatrici differisce ben poco da quelli destinati ad ospitare pazienti adulti). L’accezione particolare sotto cui è stato esaminato il problema dell’ospedale pediatrico è proprio quella relativa alla comprensione dei meccanismi e delle soluzioni di carattere progettuale attraverso cui ridurre complessivamente le condizioni di stress all’interno della struttura ospedaliera. L’ospedale assunto come riferimento campione è stato il Pediatrico Meyer di Firenze che, per la qualità e per il ruolo svolto a livello nazionale, costituisce indubbiamente un caso di emblematica significatività.

Environmental stress prevention in children's hospital design.Technical guidelines and architectural suggestions.Lo stress ambientale nel progetto dell'ospedale pediatrico.Orientamenti progettuali e suggestioni architettoniche / R. DEL NORD. - STAMPA. - (2006), pp. 1-364.

Environmental stress prevention in children's hospital design.Technical guidelines and architectural suggestions.Lo stress ambientale nel progetto dell'ospedale pediatrico.Orientamenti progettuali e suggestioni architettoniche

DEL NORD, ROMANO
2006

Abstract

Tra le tipologie edilizie oggetto di attenzione da parte della cultura architettonica contemporanea, quella riguardante le strutture ospedaliere merita indubbiamente una riflessione critica particolare per la discutibile qualità dei risultati conseguiti nelle opere realizzate e, più che altro, per l’assenza di spunti innovativi coerenti con l’accelerata dinamica evolutiva delle procedure terapeutiche e delle tecnologie sanitarie in esse ospitate. Le motivazioni di tale discrasia possono essere di diversa natura: in parte attribuibili all’anacronistica -ma diffusa- convinzione che l’edificio ospedaliero debba essere ancora concepito, solo, come una “macchina per guarire”, conferendo quindi alla componente “funzionale” importanza prioritaria nei criteri d’impostazione del progetto e nelle modalità di approccio alla individuazione delle soluzioni architettoniche, in parte alla limitata conoscenza delle evoluzioni che questa tipologia ha subito nel tempo in termini di modalità di trattamento della cura e di specificità dei connotati ambientali. Solo di recente, grazie anche ai risultati di studi e ricerche scientifiche di carattere preminentemente interdisciplinare, si è acquisito consapevolezza che, al processo di guarigione, possono contribuire oltre che le componenti di natura terapeutica, farmacologica e tecnico-sanitaria, anche quelle connesse con le “condizioni ambientali” nelle quali le prestazioni assistenziali vengono erogate. In tale accezione l’ospedale non può più essere inteso come una macchina ad elevata efficienza produttiva, spesso a detrimento delle condizioni di dignità umana dei pazienti che vi soggiornano, ma come sofisticato contenitore nel quale le componenti di natura fisico-ambientale, socio-relazionale ed architettonica assumono rilevanza terapeutica, acquisendo importanza strategica per il perseguimento degli stessi obbiettivi del più generale sistema assistenziale. Un’ulteriore motivazione può essere ritrovata nella scarsa considerazione conferita agli apporti conoscitivi provenienti da altre discipline che sempre più approfonditamente hanno indagato la complessa fenomenologia dei rapporti uomo/ambiente e sempre più efficacemente oggi tendono a fornire validi contributi operativi alla reinterpretazione dello spazio ospedaliero come luogo dell’interazione psicofisica e sensoriale da parte di utenti in condizione di marcata vulnerabilità. In questo senso i contributi della psicologia ambientale, della sociologia, dell’ergonomia, della prossemica possono concorrere a definire gli inputs di progetto necessari per arricchire il bagaglio culturale dei progettisti e per conferire al progetto il significato di reale pre-figurazione delle dinamiche interattive che esso genera. A tutto ciò si aggiunge, infine, la sempre più acquisita consapevolezza che, negli ambienti di cura dove la stato psichico e fisico degli utenti è particolarmente sollecitato, si genera un’interazione che spesso diventa causa di stress i cui effetti si rivelano essere sempre più dannosi per la salute e, più in generale, per l’economia della sanità. Alla luce di queste considerazioni e tenuto conto di quanto di più avanzato emerso dal confronto culturale di chi si occupa di programmazione e di progettazione ospedaliera, il Centro TESIS dell’Università degli Studi di Firenze ha sviluppato un programma di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN), cofinanziato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) del quale il presente volume documenta le risultanze più significative. La ricerca ha tratto spunto dall’assunto, ormai unanimemente condiviso in contesti internazionali dove c’è una più matura consapevolezza delle relazioni intercorrenti tra assistenza sanitaria e salute dei cittadini, secondo cui lo stress che si genera nella dinamica dell’interazione tra le persone e l’ambiente costituisce un fattore patogenico ad elevato tasso di incidenza sugli eventi di ospedalizzazione. A tale assunto si è fatto corrispondere l’obbiettivo di contrastare il processo patogenico mediante la messa a punto di strumenti operativi finalizzati alla eliminazione dei fattori stressanti per il miglioramento della qualità di vita e, soprattutto, per la promozione delle condizioni di salute mediante la bonifica della condizioni ambientali. Una progettazione sanitaria di alto livello qualitativo può aiutare coloro che offrono assistenza a fornire servizi più efficienti. Di contro, una progettazione che non tenga conto dell’obbiettivo-salute si riflette in un alto costo in termini di stress, compromettendo la possibilità di creare ambienti efficienti dal punto di vista funzionale, ed efficaci nel supportare lo stato psico-sociale delle persone. La constatazione che le situazioni di ospedalizzazione in cui sono coinvolti i bambini provocano l’instaurarsi di fenomeni di forte stess psico-fisiologico ha fatto ritenere come particolarmente urgente una revisione delle logiche e modalità progettuali con cui vengono concepiti e progettati gli ambienti dell’ospedale pediatrico (anche – e forse soprattutto – in considerazione del fatto che attualmente la gran parte degli ospedali pediatrici differisce ben poco da quelli destinati ad ospitare pazienti adulti). L’accezione particolare sotto cui è stato esaminato il problema dell’ospedale pediatrico è proprio quella relativa alla comprensione dei meccanismi e delle soluzioni di carattere progettuale attraverso cui ridurre complessivamente le condizioni di stress all’interno della struttura ospedaliera. L’ospedale assunto come riferimento campione è stato il Pediatrico Meyer di Firenze che, per la qualità e per il ruolo svolto a livello nazionale, costituisce indubbiamente un caso di emblematica significatività.
2006
8861160131
1
364
R. DEL NORD
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