Il giudizio di rinvio, nell’attuale contesto normativo, si presta ad esere ricostruito come la fase rescissoria del giudizio di cassazione. E’ questo quanto è dato desumere dalla considerazione di due regole, la regola della caducazione dell’intero processo a seguito dell’estinzione del giudizio di rinvio (art. 393 c.p.c.) e quella della decisione nel merito della lite da parte della Corte di cassazione ove non si rendano necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384 c.p.c.). Necessario corollario della premessa svolta è che la disciplina del giudizio di rinvio deve essere ricostruita muovendo dallo studio della natura e struttura del giudizio di cassazione. A questo riguardo, è centrale il disposto dell’art. 384 cod. proc. civ. già richiamato; infatti l’affermazione per cui la Suprema Corte decide la causa nel merito sembra voler dire che il mezzo è strutturato in modo da assicurare una decisione sull’ oggetto della lite e che la decisione meramente rescindente resta ammessa solo perché la pronuncia sullo stesso oggetto non sempre è possibile a fronte delle limitazioni nella struttura cognitiva dell’impugnazione. Questa conclusione è avvalorata dall’argomento comparativo: in Germania la ZPO da sempre contiene una disposizione (attualmente il § 565 ZPO) la quale stabilisce che il giudice della revisione deve decidere sulla controversia se la rescissione della sentenza è fondata solo su violazione di legge nell’applicazione della legge al rapporto sostanziale e la controversia è matura per la decisione. E la stessa è sempre stata richiamata a supporto della considerazione per cui la Revisione tedesca è strutturata sul modello della terza istanza. Studiare il giudizio di rinvio nell’ottica prescelta, e cioè come fase rescissoria del giudizio di cassazione, ha una conseguenza ulteriore; lo studio di questa fase processuale deve essere intrapreso tenendo conto della complessiva disciplina di passaggio della causa da un grado di giudizio all’altro. Entrano cioè in gioco tutti quei meccanismi volti ad attuare una progressiva limitazione dell’oggetto del contendere via via che la controversia si sposta da un giudice all’altro in modo da favorire la rapida chiusura della lite e tramite questa l’accertamento di esistenza o non esistenza del diritto sostanziale fatto valere in giudizio. Si tratta di tutta la congerie di istituti che consentendo la formazione di giudicati parziali o più semplicemente di preclusioni, attuano sempre un vincolo del giudice superiore rispetto a quanto accertato dal giudice inferiore. Il passaggio dalla fase rescindente di fronte alla Corte di cassazione alla fase rescissoria di fronte al giudice del rinvio è regolato dal principio di diritto di cui all’art. 384 c.p.c. che si configura come un vincolo molto intenso (a differenza di quanto si verifica in Francia giacché in base al disposto dell’art. 131- 4 Code de l’organisation judiciaire solo il giudice del secondo rinvio è vincolato alla sentenza della Cour de cassation), un vincolo di tipo positivo che non solo limita le questioni su cui il giudice del rinvio è chiamato a statuire, ma lo guida anche nella soluzione da dare alle questioni che gli sono rimesse e che dunque sono ancora aperte (in Germania, il § 563, Abs 2 ZPO stabilisce che il Bundesgerichtshof impone al giudice del rinvio un vincolo molto stretto, in quanto limitato alla rechtliche Beurteilung, die der Aufhebung zugrunde gelegt ist). Si può dire che è la sentenza della Corte di cassazione a determinare i poteri del giudice del rinvio nel senso che la Corte statuisce sulle questioni poste ad oggetto del ricorso e delega il compimento delle attività consequenziali, e che le sono precluse, al giudice del rinvio il quale – da parte sua - è vincolato alla decisione della Corte. Le parti – di fronte al giudice del rinvio - non sono ammesse a provocare la rinnovazione dell’intera fase processuale che ha portato alla emanazione della sentenza cassata; il giudizio di rinvio si svolge a partire dal punto in cui è caduta la censura della Cassazione: ad essere sostituite sono l’attività viziata su cui è caduta la censura della Corte e le attività che ne dipendono. Volendo schematizzare, si può dire che nella catena logica già percorsa dal giudice inferiore, la pronuncia della Corte individua tre diversi segmenti: a) le valutazioni insindacabili e cioè le valutazioni che il giudice del rinvio deve recepire nel loro tenore: si tratta dei punti che precedono il punto investito dall’errore e che di questo costituiscono l’antecedente logico e necessario; b) il punto investito dall’errore: qui la Corte sostituisce il proprio giudizio a quello anteriore; c) le valutazioni successive: che sono travolte dalla Cassazione e costituiscono l’ambito del libero riesame concesso al nuovo organo. Dove, la linea di demarcazione tra l’uno e l’altro segmento è offerta dalla censura mossa dalla parte ricorrente per cui l’ampiezza del segmento di attività cui il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato e quello in cui è libero di svolgere la propria attività di riesame varia in ragione delle diverse ragioni di annullamento sicché è a queste che occorre riferirsi per concretizzare gli enunciati di principio. Il giudizio di rinvio – allora – si pone come giudizio a struttura chiusa in cui cioè – almeno come regola generale – ai fini della statuizione sul merito, riemergono, senza che il giudice del rinvio possa minimamente modificarle, le questioni logicamente anteriori a quella oggetto del motivo accolto trattate e decise dal giudice a quo. La parte, nel momento in cui introduce il giudizio di cassazione, chiede sì l’attribuzione del bene della vita, ma tramite la presentazione del ricorso limita l’ambito entro cui dovrà svolgersi la cognizione preparatoria alla nuova statuizione. Ragioni di utilità pratica inducono a porre un freno alla possibilità di discutere. A tale scopo, il sistema si serve dell’iniziativa del ricorrente, e di pari passo di quella del resistente, per non far scattare uno di quei meccanismi di preclusione diretto a far sì che il processo si svolga in modo ordinato e spedito tramite la progressiva e definitiva eliminazione degli ostacoli. Nell’ottica prescelta, dunque, il legislatore italiano ha effettuato una precisa scelta di valori rimettendo alla disponibilità delle parti non solo la individuazione del rapporto sostanziale o della frazione di rapporto sostanziale devoluto alla cognizione del giudice superiore, ma anche il materiale conoscitivo e cioè le questioni di fatto e probabilmente anche di diritto sulla cui base il giudice dell’impugnazione dovrà statuire. Per arrivare alla pronuncia di accoglimento o rigetto della domanda, il giudice del rinvio – allora - deve raccogliere tutti i materiali fissati nel corso dei primi due gradi di giudizio in aggiunta al giudizio di cassazione, dopodiché deve passare a statuire – sia pure nei limiti segnati dalla Suprema Corte - sulle questioni oggetto del ricorso accolto e con riferimento alle quali è stato disposto il rinvio oltre a quelle che ne dipendono. Chiariti i meccanismi che concorrono a formare il materiale cognitivo del giudice del rinvio, conviene spostare l’attenzione sulla questione di individuazione dei limiti entro cui il giudice del rinvio può innovare la cognizione relativa al rapporto giuridico controverso. Il limite al divieto di svolgere nuove attività è segnato dalle nuove conclusioni che sono rese necessarie dalla sentenza della Corte la quale, come avvertiva Chiovenda, rappresenta «la legge dei poteri del giudice di rinvio». Il giudizio di rinvio si inserisce nel processo civile, comprensivo oltre che del primo grado di giudizio anche degli eventuali giudizi di appello e di cassazione, inteso come serie cronologicamente ordinata di atti destinata a metter capo ad un provvedimento contenente la dichiarazione di esistenza o non esistenza del diritto fatto valere in giudizio e idonea ad acquisire autorità di cosa giudicata. La ricostruzione del rinvio in chiave di fase rescissoria del giudizio di cassazione, e dunque, come giudizio a struttura tendenzialmente chiusa, ben si concilia con la teorica della restrizione progressiva dell’area della lite di cui parlava Carnelutti o, per seguire gli interpreti più recenti, di formazione progressiva del giudicato, per cui anche nel passaggio appello – ricorso per cassazione – giudizio di rinvio si rinnova quel fenomeno di progressiva erosione o consunzione della lite a cui corrisponde la sua composizione progressiva. Questo risultato, consente di affermare che l’impostazione prescelta sia perfettamente in linea con la superiore esigenza di assicurare l’economia processuale giacché il restringimento dell’area della lite ancora disponibile in sede di rinvio, diminuisce anche il segmento di attività processuale che le parti sono ammesse a dedurre nuovamente in Cassazione con conseguente appesantimento dell’iter processuale.

Giudizio di rinvio e preclusione di questioni / B. Gambineri. - STAMPA. - (2008), pp. XII-293.

Giudizio di rinvio e preclusione di questioni

GAMBINERI, BEATRICE
2008

Abstract

Il giudizio di rinvio, nell’attuale contesto normativo, si presta ad esere ricostruito come la fase rescissoria del giudizio di cassazione. E’ questo quanto è dato desumere dalla considerazione di due regole, la regola della caducazione dell’intero processo a seguito dell’estinzione del giudizio di rinvio (art. 393 c.p.c.) e quella della decisione nel merito della lite da parte della Corte di cassazione ove non si rendano necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384 c.p.c.). Necessario corollario della premessa svolta è che la disciplina del giudizio di rinvio deve essere ricostruita muovendo dallo studio della natura e struttura del giudizio di cassazione. A questo riguardo, è centrale il disposto dell’art. 384 cod. proc. civ. già richiamato; infatti l’affermazione per cui la Suprema Corte decide la causa nel merito sembra voler dire che il mezzo è strutturato in modo da assicurare una decisione sull’ oggetto della lite e che la decisione meramente rescindente resta ammessa solo perché la pronuncia sullo stesso oggetto non sempre è possibile a fronte delle limitazioni nella struttura cognitiva dell’impugnazione. Questa conclusione è avvalorata dall’argomento comparativo: in Germania la ZPO da sempre contiene una disposizione (attualmente il § 565 ZPO) la quale stabilisce che il giudice della revisione deve decidere sulla controversia se la rescissione della sentenza è fondata solo su violazione di legge nell’applicazione della legge al rapporto sostanziale e la controversia è matura per la decisione. E la stessa è sempre stata richiamata a supporto della considerazione per cui la Revisione tedesca è strutturata sul modello della terza istanza. Studiare il giudizio di rinvio nell’ottica prescelta, e cioè come fase rescissoria del giudizio di cassazione, ha una conseguenza ulteriore; lo studio di questa fase processuale deve essere intrapreso tenendo conto della complessiva disciplina di passaggio della causa da un grado di giudizio all’altro. Entrano cioè in gioco tutti quei meccanismi volti ad attuare una progressiva limitazione dell’oggetto del contendere via via che la controversia si sposta da un giudice all’altro in modo da favorire la rapida chiusura della lite e tramite questa l’accertamento di esistenza o non esistenza del diritto sostanziale fatto valere in giudizio. Si tratta di tutta la congerie di istituti che consentendo la formazione di giudicati parziali o più semplicemente di preclusioni, attuano sempre un vincolo del giudice superiore rispetto a quanto accertato dal giudice inferiore. Il passaggio dalla fase rescindente di fronte alla Corte di cassazione alla fase rescissoria di fronte al giudice del rinvio è regolato dal principio di diritto di cui all’art. 384 c.p.c. che si configura come un vincolo molto intenso (a differenza di quanto si verifica in Francia giacché in base al disposto dell’art. 131- 4 Code de l’organisation judiciaire solo il giudice del secondo rinvio è vincolato alla sentenza della Cour de cassation), un vincolo di tipo positivo che non solo limita le questioni su cui il giudice del rinvio è chiamato a statuire, ma lo guida anche nella soluzione da dare alle questioni che gli sono rimesse e che dunque sono ancora aperte (in Germania, il § 563, Abs 2 ZPO stabilisce che il Bundesgerichtshof impone al giudice del rinvio un vincolo molto stretto, in quanto limitato alla rechtliche Beurteilung, die der Aufhebung zugrunde gelegt ist). Si può dire che è la sentenza della Corte di cassazione a determinare i poteri del giudice del rinvio nel senso che la Corte statuisce sulle questioni poste ad oggetto del ricorso e delega il compimento delle attività consequenziali, e che le sono precluse, al giudice del rinvio il quale – da parte sua - è vincolato alla decisione della Corte. Le parti – di fronte al giudice del rinvio - non sono ammesse a provocare la rinnovazione dell’intera fase processuale che ha portato alla emanazione della sentenza cassata; il giudizio di rinvio si svolge a partire dal punto in cui è caduta la censura della Cassazione: ad essere sostituite sono l’attività viziata su cui è caduta la censura della Corte e le attività che ne dipendono. Volendo schematizzare, si può dire che nella catena logica già percorsa dal giudice inferiore, la pronuncia della Corte individua tre diversi segmenti: a) le valutazioni insindacabili e cioè le valutazioni che il giudice del rinvio deve recepire nel loro tenore: si tratta dei punti che precedono il punto investito dall’errore e che di questo costituiscono l’antecedente logico e necessario; b) il punto investito dall’errore: qui la Corte sostituisce il proprio giudizio a quello anteriore; c) le valutazioni successive: che sono travolte dalla Cassazione e costituiscono l’ambito del libero riesame concesso al nuovo organo. Dove, la linea di demarcazione tra l’uno e l’altro segmento è offerta dalla censura mossa dalla parte ricorrente per cui l’ampiezza del segmento di attività cui il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato e quello in cui è libero di svolgere la propria attività di riesame varia in ragione delle diverse ragioni di annullamento sicché è a queste che occorre riferirsi per concretizzare gli enunciati di principio. Il giudizio di rinvio – allora – si pone come giudizio a struttura chiusa in cui cioè – almeno come regola generale – ai fini della statuizione sul merito, riemergono, senza che il giudice del rinvio possa minimamente modificarle, le questioni logicamente anteriori a quella oggetto del motivo accolto trattate e decise dal giudice a quo. La parte, nel momento in cui introduce il giudizio di cassazione, chiede sì l’attribuzione del bene della vita, ma tramite la presentazione del ricorso limita l’ambito entro cui dovrà svolgersi la cognizione preparatoria alla nuova statuizione. Ragioni di utilità pratica inducono a porre un freno alla possibilità di discutere. A tale scopo, il sistema si serve dell’iniziativa del ricorrente, e di pari passo di quella del resistente, per non far scattare uno di quei meccanismi di preclusione diretto a far sì che il processo si svolga in modo ordinato e spedito tramite la progressiva e definitiva eliminazione degli ostacoli. Nell’ottica prescelta, dunque, il legislatore italiano ha effettuato una precisa scelta di valori rimettendo alla disponibilità delle parti non solo la individuazione del rapporto sostanziale o della frazione di rapporto sostanziale devoluto alla cognizione del giudice superiore, ma anche il materiale conoscitivo e cioè le questioni di fatto e probabilmente anche di diritto sulla cui base il giudice dell’impugnazione dovrà statuire. Per arrivare alla pronuncia di accoglimento o rigetto della domanda, il giudice del rinvio – allora - deve raccogliere tutti i materiali fissati nel corso dei primi due gradi di giudizio in aggiunta al giudizio di cassazione, dopodiché deve passare a statuire – sia pure nei limiti segnati dalla Suprema Corte - sulle questioni oggetto del ricorso accolto e con riferimento alle quali è stato disposto il rinvio oltre a quelle che ne dipendono. Chiariti i meccanismi che concorrono a formare il materiale cognitivo del giudice del rinvio, conviene spostare l’attenzione sulla questione di individuazione dei limiti entro cui il giudice del rinvio può innovare la cognizione relativa al rapporto giuridico controverso. Il limite al divieto di svolgere nuove attività è segnato dalle nuove conclusioni che sono rese necessarie dalla sentenza della Corte la quale, come avvertiva Chiovenda, rappresenta «la legge dei poteri del giudice di rinvio». Il giudizio di rinvio si inserisce nel processo civile, comprensivo oltre che del primo grado di giudizio anche degli eventuali giudizi di appello e di cassazione, inteso come serie cronologicamente ordinata di atti destinata a metter capo ad un provvedimento contenente la dichiarazione di esistenza o non esistenza del diritto fatto valere in giudizio e idonea ad acquisire autorità di cosa giudicata. La ricostruzione del rinvio in chiave di fase rescissoria del giudizio di cassazione, e dunque, come giudizio a struttura tendenzialmente chiusa, ben si concilia con la teorica della restrizione progressiva dell’area della lite di cui parlava Carnelutti o, per seguire gli interpreti più recenti, di formazione progressiva del giudicato, per cui anche nel passaggio appello – ricorso per cassazione – giudizio di rinvio si rinnova quel fenomeno di progressiva erosione o consunzione della lite a cui corrisponde la sua composizione progressiva. Questo risultato, consente di affermare che l’impostazione prescelta sia perfettamente in linea con la superiore esigenza di assicurare l’economia processuale giacché il restringimento dell’area della lite ancora disponibile in sede di rinvio, diminuisce anche il segmento di attività processuale che le parti sono ammesse a dedurre nuovamente in Cassazione con conseguente appesantimento dell’iter processuale.
2008
8814143501
XII
293
B. Gambineri
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