La dottrina classica era orientata nell'affermare che il diritto internazionale generale conferisse a ciascuna parte di un trattato il potere unilaterale di estinguerlo in presenza di talune condizioni come l'inadempimento altrui o la modifica fondamentale delle circostanze. Le dottrine positivistiche e moderne hanno teso ad individuare limiti procedurali generalmente applicabili come, per esempio, l'obbligo di esperire preventivamente talune modalità. La prassi internazionale anteriore alla Convenzione di Vienna del 1969 non sembra consentire la ricostruzione di un obbligo di esperire, preventivamente alla risoluzione unilaterale, un tentativo di accordo sulla pretesa dello Stato che intenda estinguere il trattato invocando l'inadempimento altrui. Per quel che riguarda l'estinzione per modifica delle circostanze, la prassi sembra invece attestare che gli Stati propendono ad attribuire solo all'accordo tra le parti del trattato la capacità di produrre effetti risolutivi. I lavori per la redazione della Convenzione di Vienna del 1969 hanno mostrato che il carattere innovativo della norma procedurale di cui all'art. 65 non ha precluso la tendenza alla sua generale accettazione da parte degli Stati. Diverso è stato l'atteggiamento degli Stati rispetto ai meccanismi procedurali stabiliti dall'art. 66 e dall'Allegato alla Convenzione. Il compromesso raggiunto in sede di Conferenza per l'adozione del testo dell'art. 66 e dell'Allegato non ha avuto successo. Le numerose riserve formulate in proposito lo confermano. Dalla prassi successiva alla Convenzione di Vienna emerge che ai fini di ottenere la risoluzione di un trattato gli Stati hanno operato mediante una procedura che ha accomunato in un trattamento unitario sia la modifica fondamentale delle circostanze che la violazione del trattato. Gli Stati si sono generalmente avvalsi della denuncia unilaterale, ma ad essa hanno fatto ricorso soltanto dopo aver esperito mezzi preventivi tra cui la notifica di un avviso di denuncia o di recesso e lo svolgimento di consultazioni, evitando di provvedere con atti improvvisi. Solo successivamente, qualora a seguito di adempimenti preventivi sia sorta una situazione di impasse, lo Stato che abbia avanzato la pretesa potrebbe esercitare il potere di risoluzione.
Obblighi di procedura nell'estinzione dei trattati / L. Sbolci. - STAMPA. - (2008), pp. 1-336.
Obblighi di procedura nell'estinzione dei trattati
SBOLCI, LUIGI
2008
Abstract
La dottrina classica era orientata nell'affermare che il diritto internazionale generale conferisse a ciascuna parte di un trattato il potere unilaterale di estinguerlo in presenza di talune condizioni come l'inadempimento altrui o la modifica fondamentale delle circostanze. Le dottrine positivistiche e moderne hanno teso ad individuare limiti procedurali generalmente applicabili come, per esempio, l'obbligo di esperire preventivamente talune modalità. La prassi internazionale anteriore alla Convenzione di Vienna del 1969 non sembra consentire la ricostruzione di un obbligo di esperire, preventivamente alla risoluzione unilaterale, un tentativo di accordo sulla pretesa dello Stato che intenda estinguere il trattato invocando l'inadempimento altrui. Per quel che riguarda l'estinzione per modifica delle circostanze, la prassi sembra invece attestare che gli Stati propendono ad attribuire solo all'accordo tra le parti del trattato la capacità di produrre effetti risolutivi. I lavori per la redazione della Convenzione di Vienna del 1969 hanno mostrato che il carattere innovativo della norma procedurale di cui all'art. 65 non ha precluso la tendenza alla sua generale accettazione da parte degli Stati. Diverso è stato l'atteggiamento degli Stati rispetto ai meccanismi procedurali stabiliti dall'art. 66 e dall'Allegato alla Convenzione. Il compromesso raggiunto in sede di Conferenza per l'adozione del testo dell'art. 66 e dell'Allegato non ha avuto successo. Le numerose riserve formulate in proposito lo confermano. Dalla prassi successiva alla Convenzione di Vienna emerge che ai fini di ottenere la risoluzione di un trattato gli Stati hanno operato mediante una procedura che ha accomunato in un trattamento unitario sia la modifica fondamentale delle circostanze che la violazione del trattato. Gli Stati si sono generalmente avvalsi della denuncia unilaterale, ma ad essa hanno fatto ricorso soltanto dopo aver esperito mezzi preventivi tra cui la notifica di un avviso di denuncia o di recesso e lo svolgimento di consultazioni, evitando di provvedere con atti improvvisi. Solo successivamente, qualora a seguito di adempimenti preventivi sia sorta una situazione di impasse, lo Stato che abbia avanzato la pretesa potrebbe esercitare il potere di risoluzione.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.