Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera. Catalogo della Mostra, (Firenze, Palazzo Pitti, Limonaia di Boboli, 13 luglio-11 ottobre 2009), a cura di G. Vannini, M. Nucciotti, Firenze, Giunti 2009 Il volume presenta una mostra, per la prima volta non solo in Italia, su di una complessa ricerca, in una delle aree archeologiche più importanti del mondo che negli ultimi tre lustri ha visto il susseguirsi di straordinarie scoperte da parte di alcune delle più prestigiose scuole archeologiche internazionali, condotta dalla missione archeologica dell'Università di Firenze Petra ‘medievale’. Archeologia degli insediamenti di epoca crociato-ayyubide in Transgiordania, che da una ventina di anni opera nella Giordania meridionale, con metodiche e tematiche innovative per l’archeologia del Vicino Oriente mediterraneo e con esiti storici sorprendenti, vista dall’’osservatorio’ di una delle più affascinanti aree archeologico-monumentali ‘medievali’ del Mediterraneo orientale: il castello di Shawbak. Il tema storico di fondo della mostra (la prima in Italia realizzata secondo le procedure propria della Public Archaeology), la frontiera, è stata oggetto di discussione scientifica nel Congresso internazionale organizzato a Firenze La Transgiordania nei secoli XII – XIII e le frontiere del Mediterraneo Medievale (5-8 Novembre 2008, Palazzo Vecchio-Palazzo Strozzi). Un’indagine che è partita dalla stessa valle di Petra, porta del deserto e del Mediterraneo; almeno dal IV sec. a.c. città capitale del regno dei Nabatei, il primo impero arabo della storia, dalla Siria meridionale ai deserti del Sinai a sud e dell’Arabia settentrionale, a controllo della via dell’incenso, annessa (106 d.C.) all’impero di Roma da Traiano. Una delle maggiori città del Vicino Oriente antico, ellenistico-romano e bizantino, praticamente abbandonata dopo le invasioni persiane del 628 e il ‘crollo’ dell’antico limes arabicus sulla frontiera romano-bizantina, la valle fu nuovamente insediata solo durante l’epoca crociata, quando il re Baldovino I di Gerusalemme (1100-1118) la ’incastellò’ a cominciare dalla costruzione dei primi due castelli: al-Wu’ayra e al-Habis. Ne risulta un ‘viaggio’ che, grazie anche al ruolo integrato - in mostra strutturale e discreto - svolto dalle ‘nuove tecnologie’ a vario livello (ricognizione, rilevamento, elaborazione e diffusione dei dati), consente di attraversare uno straordinario ‘spazio’ al limitare del deserto arabico che è anche un percorso nel ‘tempo storico’, all’incrocio di alcune delle antiche culture protagoniste dell’intera regione mediterranea. Shawbak, con le sue ‘oscillazioni’ storiche, ha saputo interpretare, con straordinaria e inattesa fedeltà, le fortune, come le eclissi, di un’intera regione - spesso sottovalutata fra i suoi grandi vicini, Egitto e Siria – di grande rilevo negli equilibri di lungo periodo di tutta questa importante regione del Vicino Oriente. Probabilmente una delle vocazioni che ora si possono intravedere nelle diverse stagioni della sua storia, così come testimoniato per via archeologica, è di avere saputo coniugare un ruolo spesso decisivo nel suo contesto territoriale di appartenenza con una dimensione più ampiamente mediterranea. Al sito, che si sta rivelando come un vero archivio (una delle scoperte più interessanti riguarda una insospettata Shawbak romana e bizantina, fortificata e monumentale, lungo il limes arabicus), insostituibile per la comprensione dell’intera storia della Transgiordania ‘medievale’, è dedicato un piano di valorizzazione da parte delle Autorità del Regno Hashemita di Giordania, oggetto di un peculiare Accordo Internazionale italo-giordano di cooperazione scientifica e culturale tra l’Università di Firenze e il Dipartimento delle Antichità della Giordania, che integra ricerca archeologica, restauro conservativo e valorizzazione. Un accordo che tiene conto dell’importante dimensione economica che la valorizzazione dei BBCC riveste per lo sviluppo del Paese; oltre ad altri impliciti valori ‘politici’ a tale dimensione culturale della ricerca scientifica. La rinnovata base documentaria archeologica prodotta ha consentito di mettere in luce un quadro storico per certi versi sorprendente e di notevole significato: innanzi tutto il tema della frontiera rivisitato nel ‘tempo lungo’ attraverso una selezione di reperti e di rinvenimenti presentati dai direttori delle più importanti missioni internazionale che opera in Petra e che si riferiscono alle età nabatee, romane e bizantine; quindi, in tale contesto, la funzione, decisiva per gli equilibri di fondo dell’intera regione, dell’interazione innescata dalla formazione della Signoria crociata di Transgiordania, che ha attraversato l’intero XII secolo, fino alla giornata di Hattin, quando la vittoria del Saladino su Guido di Lusignano, re di Gerusalemme, pose fine alla presenza crociata nell’intera valle del Giordano. L’esito storico, per la prima volta colto con stupefacente evidenza anche attraverso la stessa monumentalità dei ritrovamenti archeologici, è risultato essere costituito da una radicale ridefinizione del ruolo del sito, nell’area compresa fra Mar Morto e Mar Rosso, in stretta continuità ‘stratigrafica’, dalla nuova dinastia del Saladino, gli Ayyubidi. Il secolo ‘crociato’, insomma, riattivò un’antica vocazione di questa terra, la sua funzione di frontiera che, di questa specifica regione storica ed in termini di diacronia per così dire ‘intermittente’, rappresenta appunto una vera 'struttura' culturale, dall’antichità protostorica e, dopo la gloriosa stagione della Petra nabateo-romano-bizantina, prima della profonda reinterpretazione della nuova stagione ‘medievale’, fra ed est 'arabo' e ovest 'mediterraneo'. Un ruolo, quello di baricentro di una regione tornata 'frontiera', rivestito nel sec. XII, che la valle di Petra ed il suo 'sistema' territoriale transgiordano perderà nuovamente con l’abbandono crociato dell'intera valle del Giordano, alla fine del secolo; e tuttavia la documentazione archeologica raccolta, sorprendentemente, dimostra che Shawbak fu rifondato probabilmente da Saladino stesso in forma di città capitale di una regione, la stessa della Signoria di Transgiordania, che non tornerà alla collocazione periferica in cui si trovava all'arrivo degli europei, finendo per acquisire - come concreto esito storico, oltre le intenzioni o la stessa consapevolezza dei crociati - una precisa identità nella regione, grazie alla continuità di funzione autonoma – amministrativa, economica, politica, militare - mantenuta (e, nel contempo, profondamente reinterpretata, come i nuovi dati archeologi dimostrano con plastica evidenza) dagli ayyubidi e non più perduta. Il punto focale di due decenni di indagini sulla Transgiordania 'medievale' sta quindi proprio nell’avere riconosciuto nelle vicende e nei conseguenti nuovi assetti territoriali, che si vennero configurando nel secolo compreso fra i decenni centrali dei secc. XII-XIII, la definizione di un’‘età crociatoayyubide’ caratterizzata storicamente dal riemergere del suo antico ruolo di ‘terra di frontiera’. È qui infatti, meglio che altrove, che si può ancora cogliere, nei resti materiali delle infrastrutture di popolamento e nella stratificazione dei paesaggi storici, un punto di svolta di questo processo di lunga durata e dell’appartenenza di quest’area ad una comune cultura propria di tutto il Mediterraneo medievale. È così che Shawbak, tra XII e XIV secolo, fra la stagione crociata, la rifondazione ayyubide e lo sviluppo della prima età mamelucca, rivela una egemonia politica, amministrativa, economica e militare sull’ampia regione che, a sud di Kerak, si estende fino al Mar Rosso, ponendosi, dopo secoli, come erede di fatto, nell’area, delle giurisdizioni tardoantiche e bizantine di Augustopoli/Udruh e, soprattutto, della stessa Petra

Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera. Catalogo della Mostra / G. Vannini; M. Nucciotti. - STAMPA. - (2009).

Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera. Catalogo della Mostra

VANNINI, GUIDO;NUCCIOTTI, MICHELE
2009

Abstract

Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera. Catalogo della Mostra, (Firenze, Palazzo Pitti, Limonaia di Boboli, 13 luglio-11 ottobre 2009), a cura di G. Vannini, M. Nucciotti, Firenze, Giunti 2009 Il volume presenta una mostra, per la prima volta non solo in Italia, su di una complessa ricerca, in una delle aree archeologiche più importanti del mondo che negli ultimi tre lustri ha visto il susseguirsi di straordinarie scoperte da parte di alcune delle più prestigiose scuole archeologiche internazionali, condotta dalla missione archeologica dell'Università di Firenze Petra ‘medievale’. Archeologia degli insediamenti di epoca crociato-ayyubide in Transgiordania, che da una ventina di anni opera nella Giordania meridionale, con metodiche e tematiche innovative per l’archeologia del Vicino Oriente mediterraneo e con esiti storici sorprendenti, vista dall’’osservatorio’ di una delle più affascinanti aree archeologico-monumentali ‘medievali’ del Mediterraneo orientale: il castello di Shawbak. Il tema storico di fondo della mostra (la prima in Italia realizzata secondo le procedure propria della Public Archaeology), la frontiera, è stata oggetto di discussione scientifica nel Congresso internazionale organizzato a Firenze La Transgiordania nei secoli XII – XIII e le frontiere del Mediterraneo Medievale (5-8 Novembre 2008, Palazzo Vecchio-Palazzo Strozzi). Un’indagine che è partita dalla stessa valle di Petra, porta del deserto e del Mediterraneo; almeno dal IV sec. a.c. città capitale del regno dei Nabatei, il primo impero arabo della storia, dalla Siria meridionale ai deserti del Sinai a sud e dell’Arabia settentrionale, a controllo della via dell’incenso, annessa (106 d.C.) all’impero di Roma da Traiano. Una delle maggiori città del Vicino Oriente antico, ellenistico-romano e bizantino, praticamente abbandonata dopo le invasioni persiane del 628 e il ‘crollo’ dell’antico limes arabicus sulla frontiera romano-bizantina, la valle fu nuovamente insediata solo durante l’epoca crociata, quando il re Baldovino I di Gerusalemme (1100-1118) la ’incastellò’ a cominciare dalla costruzione dei primi due castelli: al-Wu’ayra e al-Habis. Ne risulta un ‘viaggio’ che, grazie anche al ruolo integrato - in mostra strutturale e discreto - svolto dalle ‘nuove tecnologie’ a vario livello (ricognizione, rilevamento, elaborazione e diffusione dei dati), consente di attraversare uno straordinario ‘spazio’ al limitare del deserto arabico che è anche un percorso nel ‘tempo storico’, all’incrocio di alcune delle antiche culture protagoniste dell’intera regione mediterranea. Shawbak, con le sue ‘oscillazioni’ storiche, ha saputo interpretare, con straordinaria e inattesa fedeltà, le fortune, come le eclissi, di un’intera regione - spesso sottovalutata fra i suoi grandi vicini, Egitto e Siria – di grande rilevo negli equilibri di lungo periodo di tutta questa importante regione del Vicino Oriente. Probabilmente una delle vocazioni che ora si possono intravedere nelle diverse stagioni della sua storia, così come testimoniato per via archeologica, è di avere saputo coniugare un ruolo spesso decisivo nel suo contesto territoriale di appartenenza con una dimensione più ampiamente mediterranea. Al sito, che si sta rivelando come un vero archivio (una delle scoperte più interessanti riguarda una insospettata Shawbak romana e bizantina, fortificata e monumentale, lungo il limes arabicus), insostituibile per la comprensione dell’intera storia della Transgiordania ‘medievale’, è dedicato un piano di valorizzazione da parte delle Autorità del Regno Hashemita di Giordania, oggetto di un peculiare Accordo Internazionale italo-giordano di cooperazione scientifica e culturale tra l’Università di Firenze e il Dipartimento delle Antichità della Giordania, che integra ricerca archeologica, restauro conservativo e valorizzazione. Un accordo che tiene conto dell’importante dimensione economica che la valorizzazione dei BBCC riveste per lo sviluppo del Paese; oltre ad altri impliciti valori ‘politici’ a tale dimensione culturale della ricerca scientifica. La rinnovata base documentaria archeologica prodotta ha consentito di mettere in luce un quadro storico per certi versi sorprendente e di notevole significato: innanzi tutto il tema della frontiera rivisitato nel ‘tempo lungo’ attraverso una selezione di reperti e di rinvenimenti presentati dai direttori delle più importanti missioni internazionale che opera in Petra e che si riferiscono alle età nabatee, romane e bizantine; quindi, in tale contesto, la funzione, decisiva per gli equilibri di fondo dell’intera regione, dell’interazione innescata dalla formazione della Signoria crociata di Transgiordania, che ha attraversato l’intero XII secolo, fino alla giornata di Hattin, quando la vittoria del Saladino su Guido di Lusignano, re di Gerusalemme, pose fine alla presenza crociata nell’intera valle del Giordano. L’esito storico, per la prima volta colto con stupefacente evidenza anche attraverso la stessa monumentalità dei ritrovamenti archeologici, è risultato essere costituito da una radicale ridefinizione del ruolo del sito, nell’area compresa fra Mar Morto e Mar Rosso, in stretta continuità ‘stratigrafica’, dalla nuova dinastia del Saladino, gli Ayyubidi. Il secolo ‘crociato’, insomma, riattivò un’antica vocazione di questa terra, la sua funzione di frontiera che, di questa specifica regione storica ed in termini di diacronia per così dire ‘intermittente’, rappresenta appunto una vera 'struttura' culturale, dall’antichità protostorica e, dopo la gloriosa stagione della Petra nabateo-romano-bizantina, prima della profonda reinterpretazione della nuova stagione ‘medievale’, fra ed est 'arabo' e ovest 'mediterraneo'. Un ruolo, quello di baricentro di una regione tornata 'frontiera', rivestito nel sec. XII, che la valle di Petra ed il suo 'sistema' territoriale transgiordano perderà nuovamente con l’abbandono crociato dell'intera valle del Giordano, alla fine del secolo; e tuttavia la documentazione archeologica raccolta, sorprendentemente, dimostra che Shawbak fu rifondato probabilmente da Saladino stesso in forma di città capitale di una regione, la stessa della Signoria di Transgiordania, che non tornerà alla collocazione periferica in cui si trovava all'arrivo degli europei, finendo per acquisire - come concreto esito storico, oltre le intenzioni o la stessa consapevolezza dei crociati - una precisa identità nella regione, grazie alla continuità di funzione autonoma – amministrativa, economica, politica, militare - mantenuta (e, nel contempo, profondamente reinterpretata, come i nuovi dati archeologi dimostrano con plastica evidenza) dagli ayyubidi e non più perduta. Il punto focale di due decenni di indagini sulla Transgiordania 'medievale' sta quindi proprio nell’avere riconosciuto nelle vicende e nei conseguenti nuovi assetti territoriali, che si vennero configurando nel secolo compreso fra i decenni centrali dei secc. XII-XIII, la definizione di un’‘età crociatoayyubide’ caratterizzata storicamente dal riemergere del suo antico ruolo di ‘terra di frontiera’. È qui infatti, meglio che altrove, che si può ancora cogliere, nei resti materiali delle infrastrutture di popolamento e nella stratificazione dei paesaggi storici, un punto di svolta di questo processo di lunga durata e dell’appartenenza di quest’area ad una comune cultura propria di tutto il Mediterraneo medievale. È così che Shawbak, tra XII e XIV secolo, fra la stagione crociata, la rifondazione ayyubide e lo sviluppo della prima età mamelucca, rivela una egemonia politica, amministrativa, economica e militare sull’ampia regione che, a sud di Kerak, si estende fino al Mar Rosso, ponendosi, dopo secoli, come erede di fatto, nell’area, delle giurisdizioni tardoantiche e bizantine di Augustopoli/Udruh e, soprattutto, della stessa Petra
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