Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, alcuni artisti francesi impostano il proprio lavoro come indagine sul significato e sulle procedure del fare pittura. Alcuni di questi artisti, come André-Pierre Arnal, Vincent Bioulès, Marc Devade, Daniel Dezeuze, Noël Dolla, Toni Grand, Claude Viallat e Louis Cane formano il nucleo di quel gruppo che alla svolta del decennio sarà definito Supports/Surfaces. Influenzati dalla teoria strutturalista del linguaggio, gli artisti di Supports/Surfaces operano una de-costruzione del quadro per individuarne le singole unità che concorrono alla sua costituzione, per poi ri-costruire un “sistema” che dispieghi e sveli il procedimento costruttivo. Una volta esibite, le concrete modalità operative diventano il contenuto dell’opera. Indagare il “sistema pittura” significa dunque concentrare l’analisi sugli elementi propri di quel sistema e mostrare le regole della sua articolazione. Sulla base di tali premesse, la ricerca è stata svolta sulla scorta degli studi semiotici e della teoria strutturalista del linguaggio che hanno marcato il dibattito culturale negli anni Sessanta e Settanta, nonché sulla scorta degli studi filosofici sul marxismo, soprattutto quelli di Louis Althusser, che hanno influito sulla teoria estetica di Supports/Surfaces. Inoltre, tenuto conto del processo di decostruzione del quadro, l’arte di Supports/Surfaces è stata indagata in rapporto alle tangenze fra strutturalismo e decostruzionismo. Tali strumenti critici hanno permesso di rilevare negli scritti e nelle opere di Supports/Surfaces alcuni nodi problematici relativi ai criteri di rappresentazione, ciascuno dei quali costituisce nella tesi un tema specifico di approfondimento. Dal punto di vista metodologico, è stato adottato un criterio di analisi coerente con il principio perseguito dagli artisti di Supports/Surfaces, ossia di operare nel contempo sul piano teorico e su quello pratico; pertanto la lettura teorico-estetica è stata affiancata alla lettura formale delle opere tenendo conto delle tecniche impiegate dagli artisti. Per quanto attiene al dibattito semiotico sulla natura del segno verbale e del segno visivo, è stata analizzata la relazione tra “visibile” e “dicibile” nell’opera Louis Cane Artiste Peintre di Louis Cane in rapporto alle modalità di interazione della firma con l’immagine sulla base della teoria del segno di Charles S. Peirce, e degli studi semiotici sull’argomento pubblicati tra gli anni Sessanta e Settanta, per esempio quelli di Michel Butor, André Chastel, Louis Marin, Jean-Claude Lebensztejn, Meyer Schapiro e Jean-Louis Schefer. Inoltre, le prime opere di Louis Cane (realizzate alla fine degli anni Sessanta) sono state interpretate secondo l’analisi strutturalista del linguaggio sulla base degli scritti di Roland Barthes, Émile Benveniste, Ferdinad De Saussure, Oswald Ducrot, Umberto Eco, Louis Hjelmslev, Roman Jakobson, André Martinet, Filiberto Menna, e del saggio Peinture et “structuralisme” (1968) di Marcelin Pleynet, critico di riferimento degli artisti di Supports/Surfaces. Nell’ambito di questa analisi, è stato trattato il concetto di iterabilità del segno proposto da Jacques Derrida e verificata la traduzione di questo concetto nei procedimenti ripetitivi e automatici di realizzazione dell’opera. Ciò ha permesso di rilevare come determinate scelte tipografiche e formali connotino l’opera di significati non sempre immediatamente e consapevolmente recepiti. L’impiego delle tecniche automatiche nell’arte di Supports/Surfaces ha consentito di individuarne le radici culturali. In particolare la tecniche del pliage e l’impronta della sagoma su supporto, utilizzate per esempio da Arnal, Dolla, Saytour, Viallat, sono state confrontate alle tecniche pittoriche automatiche surrealiste, specie quelle utilizzate da Hans Arp e Max Ernst. Il confronto con il Surrealismo è stato argomentato anche in relazione al dibattito sorto in Francia tra gli anni Sessanta e Settanta circa la possibilità della rinascita del Surrealismo, e all’influenza degli “Americani di Parigi”, già eredi dell’arte surrealista, nell’arte di Supports/Surfaces. Dal confronto è emerso che rispetto al Surrealismo, le tecniche automatiche di pittura sono state utilizzate dagli artisti di Supports/Surfaces per annullare le opposizioni fondo/superficie, visibile/nascosto inerenti alla rappresentazione. L’articolazione degli elementi compositivi nello spazio pittorico ha consentito di individuare l’influenza di Matisse sull’arte di Supports/Surfaces alla luce del saggio di Marcelin Pleynet Le système de Matisse (1971). In questo caso è emerso che gli artisti di Supports/Surfaces hanno attuato con la tecnica del collage il principio già perseguito da Matisse con i papiers découpés: l’abolizione della dicotomia disegno/colore. Infine, è stato affrontato il concetto di limite dello spazio della rappresentazione in rapporto alla decostruzione del quadro praticata da Daniel Dezeuze. Nello specifico, i telai e le cornici di Dezueze prive della tela sono valutati come gli strumenti di verifica della funzione che tali componenti assolvono nell’ambito del sistema di rappresentazione basato sulla costruzione prospettica. Rispetto alla chiusura dello spazio pittorico funzionale alla rappresentazione come rispecchiamento del reale e del soggetto, la decostruzione risulta una pratica che attribuisce visibilità al soggiacente e centralità al marginale – in quest’ultimo caso il riferimento è al concetto di parergon di Jacques Derrida riguardo alla cornice. Ne deriva che la decostruzione praticata da Supports/Surfaces è un vero e proprio capovolgimento strutturale che mostra sulla superficie dell’opera le contrapposizioni alla base del “sistema pittura”. Nel complesso, le principali questioni di natura estetica che la tesi approfondisce sono le seguenti: il rapporto tra linguaggio visivo e verbale; la dicotomia disegno/colore, quale traduzione in pittura del rapporto tra forma e contenuto; il concetto di limite, corrispondente alla “chiusura semiotica”, funzionale alla significazione e all’interpretazione dell’opera.

Supports-Surfaces 1966-1974: teoria e pratica della pittura / L. Giacobbe. - (2010).

Supports-Surfaces 1966-1974: teoria e pratica della pittura.

GIACOBBE, LUISA
2010

Abstract

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, alcuni artisti francesi impostano il proprio lavoro come indagine sul significato e sulle procedure del fare pittura. Alcuni di questi artisti, come André-Pierre Arnal, Vincent Bioulès, Marc Devade, Daniel Dezeuze, Noël Dolla, Toni Grand, Claude Viallat e Louis Cane formano il nucleo di quel gruppo che alla svolta del decennio sarà definito Supports/Surfaces. Influenzati dalla teoria strutturalista del linguaggio, gli artisti di Supports/Surfaces operano una de-costruzione del quadro per individuarne le singole unità che concorrono alla sua costituzione, per poi ri-costruire un “sistema” che dispieghi e sveli il procedimento costruttivo. Una volta esibite, le concrete modalità operative diventano il contenuto dell’opera. Indagare il “sistema pittura” significa dunque concentrare l’analisi sugli elementi propri di quel sistema e mostrare le regole della sua articolazione. Sulla base di tali premesse, la ricerca è stata svolta sulla scorta degli studi semiotici e della teoria strutturalista del linguaggio che hanno marcato il dibattito culturale negli anni Sessanta e Settanta, nonché sulla scorta degli studi filosofici sul marxismo, soprattutto quelli di Louis Althusser, che hanno influito sulla teoria estetica di Supports/Surfaces. Inoltre, tenuto conto del processo di decostruzione del quadro, l’arte di Supports/Surfaces è stata indagata in rapporto alle tangenze fra strutturalismo e decostruzionismo. Tali strumenti critici hanno permesso di rilevare negli scritti e nelle opere di Supports/Surfaces alcuni nodi problematici relativi ai criteri di rappresentazione, ciascuno dei quali costituisce nella tesi un tema specifico di approfondimento. Dal punto di vista metodologico, è stato adottato un criterio di analisi coerente con il principio perseguito dagli artisti di Supports/Surfaces, ossia di operare nel contempo sul piano teorico e su quello pratico; pertanto la lettura teorico-estetica è stata affiancata alla lettura formale delle opere tenendo conto delle tecniche impiegate dagli artisti. Per quanto attiene al dibattito semiotico sulla natura del segno verbale e del segno visivo, è stata analizzata la relazione tra “visibile” e “dicibile” nell’opera Louis Cane Artiste Peintre di Louis Cane in rapporto alle modalità di interazione della firma con l’immagine sulla base della teoria del segno di Charles S. Peirce, e degli studi semiotici sull’argomento pubblicati tra gli anni Sessanta e Settanta, per esempio quelli di Michel Butor, André Chastel, Louis Marin, Jean-Claude Lebensztejn, Meyer Schapiro e Jean-Louis Schefer. Inoltre, le prime opere di Louis Cane (realizzate alla fine degli anni Sessanta) sono state interpretate secondo l’analisi strutturalista del linguaggio sulla base degli scritti di Roland Barthes, Émile Benveniste, Ferdinad De Saussure, Oswald Ducrot, Umberto Eco, Louis Hjelmslev, Roman Jakobson, André Martinet, Filiberto Menna, e del saggio Peinture et “structuralisme” (1968) di Marcelin Pleynet, critico di riferimento degli artisti di Supports/Surfaces. Nell’ambito di questa analisi, è stato trattato il concetto di iterabilità del segno proposto da Jacques Derrida e verificata la traduzione di questo concetto nei procedimenti ripetitivi e automatici di realizzazione dell’opera. Ciò ha permesso di rilevare come determinate scelte tipografiche e formali connotino l’opera di significati non sempre immediatamente e consapevolmente recepiti. L’impiego delle tecniche automatiche nell’arte di Supports/Surfaces ha consentito di individuarne le radici culturali. In particolare la tecniche del pliage e l’impronta della sagoma su supporto, utilizzate per esempio da Arnal, Dolla, Saytour, Viallat, sono state confrontate alle tecniche pittoriche automatiche surrealiste, specie quelle utilizzate da Hans Arp e Max Ernst. Il confronto con il Surrealismo è stato argomentato anche in relazione al dibattito sorto in Francia tra gli anni Sessanta e Settanta circa la possibilità della rinascita del Surrealismo, e all’influenza degli “Americani di Parigi”, già eredi dell’arte surrealista, nell’arte di Supports/Surfaces. Dal confronto è emerso che rispetto al Surrealismo, le tecniche automatiche di pittura sono state utilizzate dagli artisti di Supports/Surfaces per annullare le opposizioni fondo/superficie, visibile/nascosto inerenti alla rappresentazione. L’articolazione degli elementi compositivi nello spazio pittorico ha consentito di individuare l’influenza di Matisse sull’arte di Supports/Surfaces alla luce del saggio di Marcelin Pleynet Le système de Matisse (1971). In questo caso è emerso che gli artisti di Supports/Surfaces hanno attuato con la tecnica del collage il principio già perseguito da Matisse con i papiers découpés: l’abolizione della dicotomia disegno/colore. Infine, è stato affrontato il concetto di limite dello spazio della rappresentazione in rapporto alla decostruzione del quadro praticata da Daniel Dezeuze. Nello specifico, i telai e le cornici di Dezueze prive della tela sono valutati come gli strumenti di verifica della funzione che tali componenti assolvono nell’ambito del sistema di rappresentazione basato sulla costruzione prospettica. Rispetto alla chiusura dello spazio pittorico funzionale alla rappresentazione come rispecchiamento del reale e del soggetto, la decostruzione risulta una pratica che attribuisce visibilità al soggiacente e centralità al marginale – in quest’ultimo caso il riferimento è al concetto di parergon di Jacques Derrida riguardo alla cornice. Ne deriva che la decostruzione praticata da Supports/Surfaces è un vero e proprio capovolgimento strutturale che mostra sulla superficie dell’opera le contrapposizioni alla base del “sistema pittura”. Nel complesso, le principali questioni di natura estetica che la tesi approfondisce sono le seguenti: il rapporto tra linguaggio visivo e verbale; la dicotomia disegno/colore, quale traduzione in pittura del rapporto tra forma e contenuto; il concetto di limite, corrispondente alla “chiusura semiotica”, funzionale alla significazione e all’interpretazione dell’opera.
2010
A. Nigro
ITALIA
L. Giacobbe
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