Rocca Ricciarda, dai Guidi ai Ricasoli. Storia e archeologia di un castrum medievale nel Pratomagno aretino, a cura di G. Vannini, Firenze, SEF 2009 Il volume raccoglie i risultati di quattro campagne di indagini archeologiche svolte fra il 1997 e il 2004 sul castello di Rocca Ricciarda (Loro Ciuffenna) con una strategia che ha previsto lo scavo ‘totale’ del deposito conservato. La ricerca rientra in un progetto scientifico della Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze incentrato sull’analisi delle strutture materiali di insediamento della società feudale mediterranea ('Progetto strategico d'Ateneo') e per una ‘storia archeologica’ del Pratomagno nel medioevo. Mediante l’utilizzo sistematico delle fonti scritte e materiali – queste ultime dallo scavo integrale del castello ad operazioni di ‘archeologia leggera’ in siti mirati nell’area montana circostante – il volume si propone di ricostruire un quadro archeologico della comunità gravitante attorno a Rocca Ricciarda come chiave di lettura storica, fra i secoli centrali del medioevo e le soglie della contemporaneità, della comunità residente nel Valdarno superiore di una vicenda che qui è possibile cogliere con eccezionale precisione; un caso concreto e relativo ad un grande processo storico che ha caratterizzato la storia e lo stesso paesaggio tosco-appenninico fra l’apogeo della società rurale di matrice feudale (con la grande signoria territoriale dei conti Guidi), la ‘conquista del contado’ da parte della ‘nuova’ società urbana di fondovalle (infine Firenze) e la cristallizzazione sociale ed economica nei secoli tardo e postmedievali. La rocca medievale, da tempo in stato di totale abbandono, sorge su di un contrafforte roccioso a 957 m s.l.m. ed è ricordata nelle fonti scritte del XIII secolo come Rocca Guiciardi, a memoria di Guicciardo da Loro, dal quale fu con ogni probabilità fondata. Nata prima di tutto con funzioni di controllo del territorio e dei valichi, essa faceva parte di un sistema territoriale di insediamenti disposti sulla fascia del versante montano sud-occidentale del Pratomagno, conosciuto fin dalla metà del Duecento con la denominazione di domus o casatus Guiciardi il cui vertice era costituito dal castello di Loro. A questa circoscrizione territoriale, pervenuta già nel 1191 ai conti Guidi, corrispondeva una viabilità molto articolata con tracciati che, dalla Via dei Setteponti, si dirigevano verso i valichi montani, con una distribuzione sul territorio in funzione delle comunicazioni tra Valdarno e Casentino. Perfettamente inserita nell’allineamento di rocche sorte sul crinale a controllo di tracciati e valichi - di cui facevano parte la Trappola e Lanciolina - Rocca Ricciarda dovette conservare tale ruolo anche in epoca guidinga, quando le necessità della famiglia comitale di soprintendere alla distribuzione e alla mobilità della popolazione fecero sì che il valico da territorio di confine assumesse invece un ruolo, altrettanto rilevante, di collegamento tra le due vallate. Le indagini archeologiche condotte sulla sommità della Rocca hanno restituito testimonianze di grande interesse relative ad un esteso arco cronologico, testimoniato in continuità, sia pure con diversa intensità (secc. XII-XIX); esse hanno inoltre consentito, in contrappunto, a volte straordinario, con le abbondanti fonti scritte, di documentare una intensa sequenza di fasi di vita e di abbandono del castello che, ceduto fra il 1329 e il 1331 a Bindaccio di Albertuccio Ricasoli, restò di proprietà di questa famiglia almeno fino al 1489, quando essa ne ricavava ormai “più spesa che ricavi”. L’impianto iniziale comprendeva certamente la torre, a copertura dell’accesso dal borgo sottostante, cui era connessa una prima cortina muraria. Si assiste quindi, con l’avvento della potente signoria guidinga, alla costruzione di un nuovo sistema fortificato con accesso difeso e adiacente edificio quadrangolare (palatium), collegato alla torre da un passaggio aereo in legno. L’assetto interno dell’impianto era dotato di un assito sostenuto da dormienti poggianti direttamente sulla irregolare roccia di base. Lo scarico di materiali di rifiuti – ricco di manufatti ceramici, metallici, vitrei e faunistici la cui cronologia appare compresa tra la metà del XIV secolo ed i primi decenni del XV - individuato nei pressi della cortina muraria perimetrale nord, attesta come, attorno alla metà del XV secolo, la rocca, ormai in forte degrado, venisse lentamente abbandonata a favore dello sviluppo del ‘borgo’, nuovo fulcro civile ed economico dell’insediamento, testimoniando, nel contempo, il tramonto degli assetti di tradizione feudale ed il nuovo inserimento nel mercato e nello stesso sistema politico legato alla Dominante. Le tracce diffuse di incendio estese alla roccia di base ed alle murature sembrano quindi segnare la fine della sua funzione originaria. Come riflesso materiale dei nuovi equilibri sociali ed economici affermatisi con la prima età moderna, i crolli delle coperture e delle murature, ampiamente riscontrati sull’intera sommità del poggio, attestano come il cedimento delle strutture murarie dovette avvenire lentamente ed in più fasi, favorito infine anche dalle attività di spoliazione che, almeno dal sec. XVII, hanno costituito una importante risorsa per le ricostruzioni e la manutenzione delle abitazioni del borgo fino a tempi recenti, tanto che la memoria di tali pratiche è ancora ben radicata negli attuali abitanti. I dati provenienti dalle ricerche di Rocca Ricciarda, oltre a rappresentare già un documento di notevole interesse storico ed archeologico, possono quindi proporsi come un modello metodologico di ricerca territoriale diffusa applicabile anche ad altre parti del territorio circostante e sono in tal senso confluiti nel Progetto Pilota Pratomagno coordinato e promosso dalla Regione Toscana. I campioni stratigrafici rappresentati dallo scavo hanno costituito infatti vere e proprie chiavi di lettura storicoterritoriale di lungo periodo e territorialmente diffuse. Inoltre i dati raccolti sono stati analizzati ed elaborati mediante l’utilizzazione dello strumento GIS con il preciso obiettivo di perseguire una doppia valenza: scientifica, con la ricostruzione diacronica del paesaggio archeologico; di politica territoriale, con attenzione alle istanze di tutela, ma in un’ottica possibilmente non emergenziale (il ‘vincolo’ come strumento ‘normale’ di governo del bene culturale).

Rocca Ricciarda. Storia e archeologia di un castrum medievale nel Pratomagno aretino / G. Vannini. - STAMPA. - (2009).

Rocca Ricciarda. Storia e archeologia di un castrum medievale nel Pratomagno aretino

VANNINI, GUIDO
2009

Abstract

Rocca Ricciarda, dai Guidi ai Ricasoli. Storia e archeologia di un castrum medievale nel Pratomagno aretino, a cura di G. Vannini, Firenze, SEF 2009 Il volume raccoglie i risultati di quattro campagne di indagini archeologiche svolte fra il 1997 e il 2004 sul castello di Rocca Ricciarda (Loro Ciuffenna) con una strategia che ha previsto lo scavo ‘totale’ del deposito conservato. La ricerca rientra in un progetto scientifico della Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze incentrato sull’analisi delle strutture materiali di insediamento della società feudale mediterranea ('Progetto strategico d'Ateneo') e per una ‘storia archeologica’ del Pratomagno nel medioevo. Mediante l’utilizzo sistematico delle fonti scritte e materiali – queste ultime dallo scavo integrale del castello ad operazioni di ‘archeologia leggera’ in siti mirati nell’area montana circostante – il volume si propone di ricostruire un quadro archeologico della comunità gravitante attorno a Rocca Ricciarda come chiave di lettura storica, fra i secoli centrali del medioevo e le soglie della contemporaneità, della comunità residente nel Valdarno superiore di una vicenda che qui è possibile cogliere con eccezionale precisione; un caso concreto e relativo ad un grande processo storico che ha caratterizzato la storia e lo stesso paesaggio tosco-appenninico fra l’apogeo della società rurale di matrice feudale (con la grande signoria territoriale dei conti Guidi), la ‘conquista del contado’ da parte della ‘nuova’ società urbana di fondovalle (infine Firenze) e la cristallizzazione sociale ed economica nei secoli tardo e postmedievali. La rocca medievale, da tempo in stato di totale abbandono, sorge su di un contrafforte roccioso a 957 m s.l.m. ed è ricordata nelle fonti scritte del XIII secolo come Rocca Guiciardi, a memoria di Guicciardo da Loro, dal quale fu con ogni probabilità fondata. Nata prima di tutto con funzioni di controllo del territorio e dei valichi, essa faceva parte di un sistema territoriale di insediamenti disposti sulla fascia del versante montano sud-occidentale del Pratomagno, conosciuto fin dalla metà del Duecento con la denominazione di domus o casatus Guiciardi il cui vertice era costituito dal castello di Loro. A questa circoscrizione territoriale, pervenuta già nel 1191 ai conti Guidi, corrispondeva una viabilità molto articolata con tracciati che, dalla Via dei Setteponti, si dirigevano verso i valichi montani, con una distribuzione sul territorio in funzione delle comunicazioni tra Valdarno e Casentino. Perfettamente inserita nell’allineamento di rocche sorte sul crinale a controllo di tracciati e valichi - di cui facevano parte la Trappola e Lanciolina - Rocca Ricciarda dovette conservare tale ruolo anche in epoca guidinga, quando le necessità della famiglia comitale di soprintendere alla distribuzione e alla mobilità della popolazione fecero sì che il valico da territorio di confine assumesse invece un ruolo, altrettanto rilevante, di collegamento tra le due vallate. Le indagini archeologiche condotte sulla sommità della Rocca hanno restituito testimonianze di grande interesse relative ad un esteso arco cronologico, testimoniato in continuità, sia pure con diversa intensità (secc. XII-XIX); esse hanno inoltre consentito, in contrappunto, a volte straordinario, con le abbondanti fonti scritte, di documentare una intensa sequenza di fasi di vita e di abbandono del castello che, ceduto fra il 1329 e il 1331 a Bindaccio di Albertuccio Ricasoli, restò di proprietà di questa famiglia almeno fino al 1489, quando essa ne ricavava ormai “più spesa che ricavi”. L’impianto iniziale comprendeva certamente la torre, a copertura dell’accesso dal borgo sottostante, cui era connessa una prima cortina muraria. Si assiste quindi, con l’avvento della potente signoria guidinga, alla costruzione di un nuovo sistema fortificato con accesso difeso e adiacente edificio quadrangolare (palatium), collegato alla torre da un passaggio aereo in legno. L’assetto interno dell’impianto era dotato di un assito sostenuto da dormienti poggianti direttamente sulla irregolare roccia di base. Lo scarico di materiali di rifiuti – ricco di manufatti ceramici, metallici, vitrei e faunistici la cui cronologia appare compresa tra la metà del XIV secolo ed i primi decenni del XV - individuato nei pressi della cortina muraria perimetrale nord, attesta come, attorno alla metà del XV secolo, la rocca, ormai in forte degrado, venisse lentamente abbandonata a favore dello sviluppo del ‘borgo’, nuovo fulcro civile ed economico dell’insediamento, testimoniando, nel contempo, il tramonto degli assetti di tradizione feudale ed il nuovo inserimento nel mercato e nello stesso sistema politico legato alla Dominante. Le tracce diffuse di incendio estese alla roccia di base ed alle murature sembrano quindi segnare la fine della sua funzione originaria. Come riflesso materiale dei nuovi equilibri sociali ed economici affermatisi con la prima età moderna, i crolli delle coperture e delle murature, ampiamente riscontrati sull’intera sommità del poggio, attestano come il cedimento delle strutture murarie dovette avvenire lentamente ed in più fasi, favorito infine anche dalle attività di spoliazione che, almeno dal sec. XVII, hanno costituito una importante risorsa per le ricostruzioni e la manutenzione delle abitazioni del borgo fino a tempi recenti, tanto che la memoria di tali pratiche è ancora ben radicata negli attuali abitanti. I dati provenienti dalle ricerche di Rocca Ricciarda, oltre a rappresentare già un documento di notevole interesse storico ed archeologico, possono quindi proporsi come un modello metodologico di ricerca territoriale diffusa applicabile anche ad altre parti del territorio circostante e sono in tal senso confluiti nel Progetto Pilota Pratomagno coordinato e promosso dalla Regione Toscana. I campioni stratigrafici rappresentati dallo scavo hanno costituito infatti vere e proprie chiavi di lettura storicoterritoriale di lungo periodo e territorialmente diffuse. Inoltre i dati raccolti sono stati analizzati ed elaborati mediante l’utilizzazione dello strumento GIS con il preciso obiettivo di perseguire una doppia valenza: scientifica, con la ricostruzione diacronica del paesaggio archeologico; di politica territoriale, con attenzione alle istanze di tutela, ma in un’ottica possibilmente non emergenziale (il ‘vincolo’ come strumento ‘normale’ di governo del bene culturale).
2009
9788860320971
G. Vannini
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