Numerosi sono gli effetti metabolici degli estrogeni. Come dimostra il quadro clinico che si manifesta nelle donne in menopausa, gli estrogeni hanno un ruolo complessivamente positivo sull’assetto lipidico, l’apparato cardio-vascolare e le funzioni cognitive; influenzano il processo di coagulazione e fibrinolisi, e soprattutto sono regolatori chiave del metabolismo osseo. Studi epidemiologici, modelli animali e analisi in vitro dimostrano che gli estrogeni giocano un ruolo critico nell’eziologia del carcinoma mammario (CM).1 I tumori recettore estrogenico-positivi (ER+) mostrano, rispetto ai tumori ER-, una migliore risposta ai trattamenti ormonali 2, una morfologia maggiormente differenziata, 3 e un’incidenza proporzionale all’età. 4,5 L’età avanzata alla prima gravidanza costituisce un fattore di rischio per il CM, che aumenta di 1,4-2,6 volte rispetto al rischio di primipare giovani, soprattutto le forme ER+. Diversamente, nelle donne afro-americane, tale fattore sembra maggiormente associato a tumori ER- .6 L’effetto protettivo della multiparità è stato evidenziato per i tumori ER+ e, secondo uno studio, anche per quelli che esprimono il recettore progestinico (PgR+). 7 Il periodo gestazionale e l’allattamento costituiscono peraltro una fase di aumentato fabbisogno di calcio e vitamina D; in caso di inadeguata assunzione di questi elementi si instaura una condizione di iperparatiroidismo secondario, che determina un’accelerazione del turnover osseo e una perdita di massa ossea. Il menarca tardivo riduce il rischio di CM del 20-50%. 8 Contemporaneamente, l’esposizione tardiva agli estrogeni endogeni può inibire il raggiungimento del picco di massa ossea. Tre studi hanno dimostrato un’associazione tra obesità postmenopausale e tumori ER+/PgR+, con un rischio direttamente proporzionale all’indice di massa corporea (BMI); non è stata dimostrata un’associazione con i tumori ER-/PgR-. 9-11 L’obesità comporta un’aumentata aromatizzazione nel tessuto adiposo degli androgeni in estrogeni, e una riduzione dei livelli di Sex Hormon Binding Globulin (SHBG), con conseguente incremento dei livelli di estrogeni biodisponibili. 12 7 L’indice di massa corporea è inoltre un fattore importante per il mantenimento della massa ossea: il sottopeso comporta una riduzione delle sollecitazioni meccaniche dell’apparato muscolo tendineo sul tessuto scheletrico. Alla luce delle recenti analisi dello studio Women’s Health Initiative (WHI), la terapia ormonale sostitutiva (HRT), impiegata per ridurre i sintomi del climaterio e prevenire la perdita di massa ossea in postmenopausa, può essere prescritta prima dei 60 anni per non oltre 5 anni, soglia oltre la quale è stato osservato un incremento del rischio di tumore mammario proporzionale alla durata del trattamento stesso. Dopo i 60 anni, è opportuno utilizzare un altro farmaco anti-riassorbitivo. 13 La maggior incidenza di tumori ER- nelle donne giovani, 14 afroamericane, 15 portatrici di BRCA1 16 suggerisce un ruolo eziologico di fattori genetici in queste neoplasie. E’ altresì noto che anche il rischio di insorgenza di osteoporosi presenta una componente eredo-familiare. Risulta pertanto oltremodo importante indagare la storia familiare di ogni paziente sia per quanto riguarda il carcinoma della mammella sia per l’osteoporosi. La terapia con modulatori dei recettori estrogenici (SERMs), utilizzata da oltre quarant’anni come trattamento adiuvante del carcinoma della mammella, e la terapia con gli inibitori dell’aromatasi (AI), impiegati da pochi anni con lo stesso scopo, hanno effetti tra loro diversi sul rischio di osteoporosi. I SERMs si comportano infatti come agonisti estrogenici a livello del tessuto osseo, oltre che nel fegato e nel sistema cardiovascolare, e come antagonisti sulla ghiandola mammaria e a livello cerebrale, mostrando pertanto un’azione anti-riassorbitiva soprattutto a livello vertebrale. Gli anti-aromatasici invece, inibendo l’unica fonte di estrogeni in postmenopausa -l’aromatizzazione extragonadica degli androgeni ad estrogeni-, determinano un deterioramento della microarchitettura ossea e un aumento del rischio di frattura. Il trattamento anti-riassorbitivo utilizzato per ridurre la perdita di massa ossea secondaria a terapia anti-ormonale prevede la somministrazione di un amino-bisfosfonato per via endovenosa, l’acido zoledronico. Studi preclinici su linee cellulari e modelli animali di carcinoma mammario umano hanno rilevato numerose evidenze sulle proprietà anti-tumorali degli amino-bisfosfonati, 8 confermate in seguito da trials clinici. Nei soggetti con metastasi ossee, la somministrazione di acido zoledronico ha dimostrato di prevenire eventi scheletrici (skeletal-related events, SREs) quali fratture patologiche, compressione del midollo spinale, ipercalcemia maligna, e di ridurre la necessità di effettuare interventi chirurgici o radioterapici palliativi sull’osso.

Terapia antiormonale nel tumore della mammella:ripercussioni sulla massa ossea / Loredana Cavalli. - (2012).

Terapia antiormonale nel tumore della mammella:ripercussioni sulla massa ossea.

CAVALLI, LOREDANA
2012

Abstract

Numerosi sono gli effetti metabolici degli estrogeni. Come dimostra il quadro clinico che si manifesta nelle donne in menopausa, gli estrogeni hanno un ruolo complessivamente positivo sull’assetto lipidico, l’apparato cardio-vascolare e le funzioni cognitive; influenzano il processo di coagulazione e fibrinolisi, e soprattutto sono regolatori chiave del metabolismo osseo. Studi epidemiologici, modelli animali e analisi in vitro dimostrano che gli estrogeni giocano un ruolo critico nell’eziologia del carcinoma mammario (CM).1 I tumori recettore estrogenico-positivi (ER+) mostrano, rispetto ai tumori ER-, una migliore risposta ai trattamenti ormonali 2, una morfologia maggiormente differenziata, 3 e un’incidenza proporzionale all’età. 4,5 L’età avanzata alla prima gravidanza costituisce un fattore di rischio per il CM, che aumenta di 1,4-2,6 volte rispetto al rischio di primipare giovani, soprattutto le forme ER+. Diversamente, nelle donne afro-americane, tale fattore sembra maggiormente associato a tumori ER- .6 L’effetto protettivo della multiparità è stato evidenziato per i tumori ER+ e, secondo uno studio, anche per quelli che esprimono il recettore progestinico (PgR+). 7 Il periodo gestazionale e l’allattamento costituiscono peraltro una fase di aumentato fabbisogno di calcio e vitamina D; in caso di inadeguata assunzione di questi elementi si instaura una condizione di iperparatiroidismo secondario, che determina un’accelerazione del turnover osseo e una perdita di massa ossea. Il menarca tardivo riduce il rischio di CM del 20-50%. 8 Contemporaneamente, l’esposizione tardiva agli estrogeni endogeni può inibire il raggiungimento del picco di massa ossea. Tre studi hanno dimostrato un’associazione tra obesità postmenopausale e tumori ER+/PgR+, con un rischio direttamente proporzionale all’indice di massa corporea (BMI); non è stata dimostrata un’associazione con i tumori ER-/PgR-. 9-11 L’obesità comporta un’aumentata aromatizzazione nel tessuto adiposo degli androgeni in estrogeni, e una riduzione dei livelli di Sex Hormon Binding Globulin (SHBG), con conseguente incremento dei livelli di estrogeni biodisponibili. 12 7 L’indice di massa corporea è inoltre un fattore importante per il mantenimento della massa ossea: il sottopeso comporta una riduzione delle sollecitazioni meccaniche dell’apparato muscolo tendineo sul tessuto scheletrico. Alla luce delle recenti analisi dello studio Women’s Health Initiative (WHI), la terapia ormonale sostitutiva (HRT), impiegata per ridurre i sintomi del climaterio e prevenire la perdita di massa ossea in postmenopausa, può essere prescritta prima dei 60 anni per non oltre 5 anni, soglia oltre la quale è stato osservato un incremento del rischio di tumore mammario proporzionale alla durata del trattamento stesso. Dopo i 60 anni, è opportuno utilizzare un altro farmaco anti-riassorbitivo. 13 La maggior incidenza di tumori ER- nelle donne giovani, 14 afroamericane, 15 portatrici di BRCA1 16 suggerisce un ruolo eziologico di fattori genetici in queste neoplasie. E’ altresì noto che anche il rischio di insorgenza di osteoporosi presenta una componente eredo-familiare. Risulta pertanto oltremodo importante indagare la storia familiare di ogni paziente sia per quanto riguarda il carcinoma della mammella sia per l’osteoporosi. La terapia con modulatori dei recettori estrogenici (SERMs), utilizzata da oltre quarant’anni come trattamento adiuvante del carcinoma della mammella, e la terapia con gli inibitori dell’aromatasi (AI), impiegati da pochi anni con lo stesso scopo, hanno effetti tra loro diversi sul rischio di osteoporosi. I SERMs si comportano infatti come agonisti estrogenici a livello del tessuto osseo, oltre che nel fegato e nel sistema cardiovascolare, e come antagonisti sulla ghiandola mammaria e a livello cerebrale, mostrando pertanto un’azione anti-riassorbitiva soprattutto a livello vertebrale. Gli anti-aromatasici invece, inibendo l’unica fonte di estrogeni in postmenopausa -l’aromatizzazione extragonadica degli androgeni ad estrogeni-, determinano un deterioramento della microarchitettura ossea e un aumento del rischio di frattura. Il trattamento anti-riassorbitivo utilizzato per ridurre la perdita di massa ossea secondaria a terapia anti-ormonale prevede la somministrazione di un amino-bisfosfonato per via endovenosa, l’acido zoledronico. Studi preclinici su linee cellulari e modelli animali di carcinoma mammario umano hanno rilevato numerose evidenze sulle proprietà anti-tumorali degli amino-bisfosfonati, 8 confermate in seguito da trials clinici. Nei soggetti con metastasi ossee, la somministrazione di acido zoledronico ha dimostrato di prevenire eventi scheletrici (skeletal-related events, SREs) quali fratture patologiche, compressione del midollo spinale, ipercalcemia maligna, e di ridurre la necessità di effettuare interventi chirurgici o radioterapici palliativi sull’osso.
2012
Maria Luisa Brandi
Loredana Cavalli
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