Il lavoro trae origine dall’osservazione che vari fattori, come il normale processo di invecchiamento, o la presenza di deterioramento mentale associato a particolari patologie, possono influenzare in modo differente le variabili sensoriali e cognitive implicate nel riconoscimento visivo di oggetti. La ricerca era finalizzata a verificare: 1) quale sia l’effetto dell’età sul processo di riconoscimento di oggetti di natura diversa, in relazione al contenuto in frequenza spaziale; in altre parole, se il declino sensoriale, che accompagna l’invecchiamento, abbia effetti generalizzati o specifici in relazione alla categoria semantica degli stimoli da riconoscere, 2) se, e in che misura, la presenza di un eventuale deficit cognitivo di tipo categoriale, presente nella Malattia di Parkinson, possa dipendere da alterazioni di tipo sensoriale, come il contenuto di frequenze spaziali. La dopamina (DA) (di cui sono carenti i pazienti affetti da Malattia di Parkinson) potrebbe avere un peso differenziale nell’elaborazione di stimoli cognitivi, come suggerito da lavori recenti che attribuiscono un deficit selettivo nel riconoscimento visivo della categoria animali alla carenza di dopamina a livello dei gangli della base e delle vie frontostriate. A tale fine in questo lavoro ha esaminato due gruppi di pazienti con PKD in due condizioni diverse: senza e con dopamina (DA). Il primo gruppo è costituito da pazienti che ancora non assumono il trattamento farmacologico, il secondo gruppo da soggetti trattati con L-Dopa (precursore della dopamina). Questo permetterà di chiarire meglio il ruolo giocato dalla dopamina in compiti di riconoscimento visivo. L’ipotesi relativa all’effetto dell’età si basa sul complesso di studi che hanno messo in luce come il normale processo di invecchiamento si accompagni ad una perdita della sensibilità al contrasto ed, in particolare, ad una caduta delle frequenze spaziali alte e medie. L’idea di verificare le prestazioni dei pazienti con PKD è stata invece sviluppata a partire da due diversi filoni di ricerca. Da un lato, numerosi studi documentano nel PKD alterazioni nell’elaborazione sensoriale degli stimoli visivi, ed in particolare una caduta selettiva per le frequenze spaziali alte e medie, che si associa ad alterazioni elettrofisiologiche a livello retinico e corticale. Parallelamente, un numero più ridotto di ricerche, che si sono sviluppate in anni recenti, hanno suggerito che il PKD possa implicare anche deficit specifici per categoria nel riconoscimento di oggetti; in particolare sembrano emergere alcune difficoltà selettive per la categoria dei viventi (animali). Per verificare le nostre ipotesi, abbiamo utilizzato un paradigma di presentazione ascendente degli stimoli che ha impiegato immagini filtrate per contenuto di frequenze spaziali, appartenenti a categorie semantiche diverse (animali, utensili e vegetali). In questo modo ci siamo proposti di ottenere una misura diretta del grado di contributo che i disturbi sensoriali possono avere su quelli cognitivi (categoriali). L’insieme dei dati raccolti sui soggetti normali ci consente di osservare, che per identificare correttamente gli utensili è necessaria una maggiore quantità di frequenze spaziali alte, probabilmente perché il riconoscimento di un oggetto implica l’accesso ad informazioni peculiari e distintive che consentono di comprendere con esattezza quale sia la funzione dell’utensile, in modo da poterlo distinguere da altri strumenti simili. L’identificazione degli animali richiede invece una minore quantità di informazione (frequenze spaziali alte); poiché gli animali hanno molte caratteristiche percettive in comune (una struttura asimmetrica, un certo numero di zampe, pelo, ecc.) e funzioni biologiche simili è probabile che vengano riconosciuti a partire da informazioni percettive di tipo più globale (frequenze spaziali basse). Inoltre è interessante ricordare che le frequenze spaziali basse sono maggiormente riconoscibili nel caso di oggetti che si muovono, come gli animali; la capacità di riconoscere in modo rapido gli animali a partire da un minor contenuto di informazione fisica potrebbe essersi sviluppata nel corso dell’evoluzione della specie umana (e forse di altre specie animali) ed aver avuto un peso rilevante per la sua sopravvivenza. Inoltre, il fatto che gli anziani necessitino, rispetto ai giovani di una maggiore quantità di informazione fisica (frequenze spaziali alte), indipendentemente dalla categoria semantica di appartenenza degli stimoli, suggerisce che il normale processo di invecchiamento comprometta globalmente i processi di elaborazione sensoriale dell’informazione, ed in particolare l’elaborazione delle frequenze spaziali, ma non alteri specificamente i processi di elaborazione categoriale degli stimoli. I risultati sono coerenti con il vasto corpus di studi che rilevano negli anziani una caduta della sensibilità al contrasto ed un particolare declino per le frequenze spaziali alte e medie. Un risultato interessante emerge nel confronto tra i soggetti normali e i pazienti con Parkinson (PKD), solo per la categoria animali. I pazienti con PKD, che non assumono ancora il farmaco, mostrano di richiedere informazione fisica aggiuntiva per riconoscere gli stimoli, rispetto ai pazienti sotto terapia farmacologica (con L-Dopa) che hanno prestazioni simili ai soggetti normali. Assumendo, in accordo con la teoria percettivo-funzionale che il riconoscimento degli animali richieda un’elaborazione di tipo visuo-percettivo in misura maggiore, rispetto all’identificazione degli oggetti inanimati. Si può avanzare l’ipotesi che alcuni substrati neurali di tipo dopaminergico (probabilmente le vie cortico-striatali ed i gangli della base) siano attivamente coinvolti nei processi di elaborazione visuo-percettiva degli stimoli. Questo potrebbe spiegare perché l’identificazione degli animali sia compromessa nei pazienti con Malattia di Parkinson, che non assumono L-Dopa, dal momento che richiede una maggiore attenzione visuo-spaziale ed una più approfondita analisi degli attributi sensoriali e percettivi degli stimoli. L’ipotesi avanzata è coerente anche con ricerche elettrofisiologiche che mostrano come i soggetti con Parkinson che non assumono L-Dopa abbiano, rispetto ai controlli una ridotta attivazione neurale nell’elaborazione di scene contenenti animali. Coerentemente, è stato ipotizzato che le regioni dello striato entrino a far parte di un ampio network di convergenza, coinvolto nell’analisi visuo-spaziale degli stimoli e nei processi di elaborazione delle rappresentazioni semantiche. Va inoltre ricordato che lo striato ed i gangli della base sono ampiamente interconnessi con le regioni frontali. In particolare il circuito fronto-striato sembra essere implicato nei processi di modulazione dell’attenzione di tipo visivo; i neuroni dei gangli della base producono, infatti, differenti risposte elettrofisiologiche in relazione alle caratteristiche percettivo-sensoriali (forma, luminosità, orientamento, ecc.) sulle quali viene posta maggiore attenzione. In conclusione il dato interessante che emerge dal lavoro è la possibilità che le alterazioni funzionali, legate alla carenza di dopamina nei gangli della base e nel circuito fronto-striatale, producano compromissioni a carico dei processi che guidano l’estrazione e l’analisi delle caratteristiche percettive degli oggetti visivi. Tali deficit si manifesterebbero in modo più vistoso proprio nel riconoscimento degli animali rispetto a quello degli utensili, in virtù del fatto che, secondo molti l’identificazione degli animali richiede una più dettagliata analisi ed elaborazione delle caratteristiche visuo-spaziali dello stimolo stesso.

Elaborazione sensoriale e cognitiva di stimoli complessi in soggetti normali e soggetti con Malattia di Parkinson / S. Righi. - (2003).

Elaborazione sensoriale e cognitiva di stimoli complessi in soggetti normali e soggetti con Malattia di Parkinson

RIGHI, STEFANIA
2003

Abstract

Il lavoro trae origine dall’osservazione che vari fattori, come il normale processo di invecchiamento, o la presenza di deterioramento mentale associato a particolari patologie, possono influenzare in modo differente le variabili sensoriali e cognitive implicate nel riconoscimento visivo di oggetti. La ricerca era finalizzata a verificare: 1) quale sia l’effetto dell’età sul processo di riconoscimento di oggetti di natura diversa, in relazione al contenuto in frequenza spaziale; in altre parole, se il declino sensoriale, che accompagna l’invecchiamento, abbia effetti generalizzati o specifici in relazione alla categoria semantica degli stimoli da riconoscere, 2) se, e in che misura, la presenza di un eventuale deficit cognitivo di tipo categoriale, presente nella Malattia di Parkinson, possa dipendere da alterazioni di tipo sensoriale, come il contenuto di frequenze spaziali. La dopamina (DA) (di cui sono carenti i pazienti affetti da Malattia di Parkinson) potrebbe avere un peso differenziale nell’elaborazione di stimoli cognitivi, come suggerito da lavori recenti che attribuiscono un deficit selettivo nel riconoscimento visivo della categoria animali alla carenza di dopamina a livello dei gangli della base e delle vie frontostriate. A tale fine in questo lavoro ha esaminato due gruppi di pazienti con PKD in due condizioni diverse: senza e con dopamina (DA). Il primo gruppo è costituito da pazienti che ancora non assumono il trattamento farmacologico, il secondo gruppo da soggetti trattati con L-Dopa (precursore della dopamina). Questo permetterà di chiarire meglio il ruolo giocato dalla dopamina in compiti di riconoscimento visivo. L’ipotesi relativa all’effetto dell’età si basa sul complesso di studi che hanno messo in luce come il normale processo di invecchiamento si accompagni ad una perdita della sensibilità al contrasto ed, in particolare, ad una caduta delle frequenze spaziali alte e medie. L’idea di verificare le prestazioni dei pazienti con PKD è stata invece sviluppata a partire da due diversi filoni di ricerca. Da un lato, numerosi studi documentano nel PKD alterazioni nell’elaborazione sensoriale degli stimoli visivi, ed in particolare una caduta selettiva per le frequenze spaziali alte e medie, che si associa ad alterazioni elettrofisiologiche a livello retinico e corticale. Parallelamente, un numero più ridotto di ricerche, che si sono sviluppate in anni recenti, hanno suggerito che il PKD possa implicare anche deficit specifici per categoria nel riconoscimento di oggetti; in particolare sembrano emergere alcune difficoltà selettive per la categoria dei viventi (animali). Per verificare le nostre ipotesi, abbiamo utilizzato un paradigma di presentazione ascendente degli stimoli che ha impiegato immagini filtrate per contenuto di frequenze spaziali, appartenenti a categorie semantiche diverse (animali, utensili e vegetali). In questo modo ci siamo proposti di ottenere una misura diretta del grado di contributo che i disturbi sensoriali possono avere su quelli cognitivi (categoriali). L’insieme dei dati raccolti sui soggetti normali ci consente di osservare, che per identificare correttamente gli utensili è necessaria una maggiore quantità di frequenze spaziali alte, probabilmente perché il riconoscimento di un oggetto implica l’accesso ad informazioni peculiari e distintive che consentono di comprendere con esattezza quale sia la funzione dell’utensile, in modo da poterlo distinguere da altri strumenti simili. L’identificazione degli animali richiede invece una minore quantità di informazione (frequenze spaziali alte); poiché gli animali hanno molte caratteristiche percettive in comune (una struttura asimmetrica, un certo numero di zampe, pelo, ecc.) e funzioni biologiche simili è probabile che vengano riconosciuti a partire da informazioni percettive di tipo più globale (frequenze spaziali basse). Inoltre è interessante ricordare che le frequenze spaziali basse sono maggiormente riconoscibili nel caso di oggetti che si muovono, come gli animali; la capacità di riconoscere in modo rapido gli animali a partire da un minor contenuto di informazione fisica potrebbe essersi sviluppata nel corso dell’evoluzione della specie umana (e forse di altre specie animali) ed aver avuto un peso rilevante per la sua sopravvivenza. Inoltre, il fatto che gli anziani necessitino, rispetto ai giovani di una maggiore quantità di informazione fisica (frequenze spaziali alte), indipendentemente dalla categoria semantica di appartenenza degli stimoli, suggerisce che il normale processo di invecchiamento comprometta globalmente i processi di elaborazione sensoriale dell’informazione, ed in particolare l’elaborazione delle frequenze spaziali, ma non alteri specificamente i processi di elaborazione categoriale degli stimoli. I risultati sono coerenti con il vasto corpus di studi che rilevano negli anziani una caduta della sensibilità al contrasto ed un particolare declino per le frequenze spaziali alte e medie. Un risultato interessante emerge nel confronto tra i soggetti normali e i pazienti con Parkinson (PKD), solo per la categoria animali. I pazienti con PKD, che non assumono ancora il farmaco, mostrano di richiedere informazione fisica aggiuntiva per riconoscere gli stimoli, rispetto ai pazienti sotto terapia farmacologica (con L-Dopa) che hanno prestazioni simili ai soggetti normali. Assumendo, in accordo con la teoria percettivo-funzionale che il riconoscimento degli animali richieda un’elaborazione di tipo visuo-percettivo in misura maggiore, rispetto all’identificazione degli oggetti inanimati. Si può avanzare l’ipotesi che alcuni substrati neurali di tipo dopaminergico (probabilmente le vie cortico-striatali ed i gangli della base) siano attivamente coinvolti nei processi di elaborazione visuo-percettiva degli stimoli. Questo potrebbe spiegare perché l’identificazione degli animali sia compromessa nei pazienti con Malattia di Parkinson, che non assumono L-Dopa, dal momento che richiede una maggiore attenzione visuo-spaziale ed una più approfondita analisi degli attributi sensoriali e percettivi degli stimoli. L’ipotesi avanzata è coerente anche con ricerche elettrofisiologiche che mostrano come i soggetti con Parkinson che non assumono L-Dopa abbiano, rispetto ai controlli una ridotta attivazione neurale nell’elaborazione di scene contenenti animali. Coerentemente, è stato ipotizzato che le regioni dello striato entrino a far parte di un ampio network di convergenza, coinvolto nell’analisi visuo-spaziale degli stimoli e nei processi di elaborazione delle rappresentazioni semantiche. Va inoltre ricordato che lo striato ed i gangli della base sono ampiamente interconnessi con le regioni frontali. In particolare il circuito fronto-striato sembra essere implicato nei processi di modulazione dell’attenzione di tipo visivo; i neuroni dei gangli della base producono, infatti, differenti risposte elettrofisiologiche in relazione alle caratteristiche percettivo-sensoriali (forma, luminosità, orientamento, ecc.) sulle quali viene posta maggiore attenzione. In conclusione il dato interessante che emerge dal lavoro è la possibilità che le alterazioni funzionali, legate alla carenza di dopamina nei gangli della base e nel circuito fronto-striatale, producano compromissioni a carico dei processi che guidano l’estrazione e l’analisi delle caratteristiche percettive degli oggetti visivi. Tali deficit si manifesterebbero in modo più vistoso proprio nel riconoscimento degli animali rispetto a quello degli utensili, in virtù del fatto che, secondo molti l’identificazione degli animali richiede una più dettagliata analisi ed elaborazione delle caratteristiche visuo-spaziali dello stimolo stesso.
2003
S. Righi
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