I differenziali geografici di sviluppo derivano dalle specializzazioni regionali. Sono esse, come avvertiva l’economia politica classica, a creare attivamente o passivamente, e ciascuna con maggiore o minore intensità, il commercio inter-regionale e, smithianamente, la diversa capacità di produrre ricchezza "delle nazioni". Non è soltanto alle categorie dell’economia che si deve un’interpretazione di questa capacità: le condizioni di eco-sistema, le culture e il processo di formazione dello stato sono fattori altrettanto salienti. Ma è vero che da molto tempo è il mercato la forma di organizzazione dei comportamenti umani rivolti alla creazione di surplus entro la quale questa capacità si manifesta, prende distintamente corpo e costruisce quadri via via diversi di quello che, dalla seconda metà del Novecento, viene usualmente definito «sviluppo economico». La diversa capacità dei luoghi di produrre ricchezza, al pari delle specializzazioni regionali, è infatti soggetta a un’ininterrotta evoluzione; è un processo di lungo e lunghissimo periodo, caratterizzato da palesi ma mutevoli regolarità geografiche ed entro il quale sono pure riconoscibili momenti di accelerato mutamento. Il lavoro ricostruisce l’evoluzione di questi processi fino alla configurazione assunta negli ultimi trenta anni, iscrivendoli in una lettura di lungo periodo che si riferisce in modo prioritario all’era industriale (XIX e XX secolo), ma si colloca più estesamente nel secondo millennio. I due contesti si riferiscono essenzialmente, per quest’ultimo periodo, alle interpretazioni di Braudel (secoli lunghi) e di Giovanni Arrighi (cicli sistemici di accumulazione), e per l’era industriale ai business cycles di tipo schumpeteriano. Le relative teorie cicliche, fra loro diverse per logica e periodo, vengono rilette dal punto di vista geografico. Ciò permette di individuare regolarità e periodi internamente coerenti non relativamente ai fini conoscitivi di quelle teorie (lo sviluppo del capitalismo per Braudel e Arrighi, le fasi del ciclo economico per Schumpeter), ma ai fini del mutamento geografico, ossia delle forme di organizzazione del territorio delle regioni in via di specializzazione e delle forme assunte dalle relazioni inter-regionali.

Differenziali geografici di sviluppo. Una ricostruzione / F. Dini. - STAMPA. - (2012), pp. 1-135.

Differenziali geografici di sviluppo. Una ricostruzione

DINI, FRANCESCO
2012

Abstract

I differenziali geografici di sviluppo derivano dalle specializzazioni regionali. Sono esse, come avvertiva l’economia politica classica, a creare attivamente o passivamente, e ciascuna con maggiore o minore intensità, il commercio inter-regionale e, smithianamente, la diversa capacità di produrre ricchezza "delle nazioni". Non è soltanto alle categorie dell’economia che si deve un’interpretazione di questa capacità: le condizioni di eco-sistema, le culture e il processo di formazione dello stato sono fattori altrettanto salienti. Ma è vero che da molto tempo è il mercato la forma di organizzazione dei comportamenti umani rivolti alla creazione di surplus entro la quale questa capacità si manifesta, prende distintamente corpo e costruisce quadri via via diversi di quello che, dalla seconda metà del Novecento, viene usualmente definito «sviluppo economico». La diversa capacità dei luoghi di produrre ricchezza, al pari delle specializzazioni regionali, è infatti soggetta a un’ininterrotta evoluzione; è un processo di lungo e lunghissimo periodo, caratterizzato da palesi ma mutevoli regolarità geografiche ed entro il quale sono pure riconoscibili momenti di accelerato mutamento. Il lavoro ricostruisce l’evoluzione di questi processi fino alla configurazione assunta negli ultimi trenta anni, iscrivendoli in una lettura di lungo periodo che si riferisce in modo prioritario all’era industriale (XIX e XX secolo), ma si colloca più estesamente nel secondo millennio. I due contesti si riferiscono essenzialmente, per quest’ultimo periodo, alle interpretazioni di Braudel (secoli lunghi) e di Giovanni Arrighi (cicli sistemici di accumulazione), e per l’era industriale ai business cycles di tipo schumpeteriano. Le relative teorie cicliche, fra loro diverse per logica e periodo, vengono rilette dal punto di vista geografico. Ciò permette di individuare regolarità e periodi internamente coerenti non relativamente ai fini conoscitivi di quelle teorie (lo sviluppo del capitalismo per Braudel e Arrighi, le fasi del ciclo economico per Schumpeter), ma ai fini del mutamento geografico, ossia delle forme di organizzazione del territorio delle regioni in via di specializzazione e delle forme assunte dalle relazioni inter-regionali.
2012
9788866552635
1
135
F. Dini
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