La presente tesi affronta lo studio delle riviste del costruttivismo, prodotti culturali complessi che nel corso degli anni Venti del Novecento hanno consentito la circolazione di manifesti programmatici e di soluzioni stilistiche innovative, grazie alla costruzione di una vasta rete di scambi che ha contribuito all’edificazione di un’attività artistica dal respiro internazionale. Lo studio di tali periodici, condotto lungo un asse di ricerca di tipo sincronico e diacronico, ha permesso di mettere in evidenza la problematica eterogeneità della produzione costruttivista, collocandosi nell’alveo di un generale superamento della tradizionale concezione del costruttivismo quale linguaggio visivo di carattere aniconico ideato da un gruppo di artisti attivi nella Russia post-rivoluzionaria. La prima parte dell'elaborato, dedicata alla definizione di rivista costruttivista, si conclude con un'analisi di «Vešč’/Objet/Gegenstand», periodico pubblicato da I’lija Ehrenburg ed El Lissitzkij. Spesso citata negli studi relativi alla diffusione del costruttivismo in Europa, la rivista è stata sottoposta ad una revisione critica avente per oggetto sia gli interventi in essa pubblicati, sia la componente grafica. Grazie a tale indagine, è stato possibile evidenziare i limiti della tradizionale assimilazione dei redattori della rivista a semplici ambasciatori delle sperimentazioni artistiche sovietiche e del modello comunista in Occidente: sono infatti emersi non solo la reciprocità degli influssi intercorsi tra i due redattori, ma anche la fascinazione di entrambi per il razionalismo modernista di matrice occidentale. «Vešč’» e l’azione dei suoi redattori hanno quindi costituito lo spunto per un approfondimento sulla storia del costruttivismo in aree dell’Europa Occidentale usualmente trascurate dalla critica, nelle quali il movimento si è affermato grazie all’attività di artisti e di intellettuali spesso ritenuti dei semplici epigoni. Proseguendo nello scavo delle connessioni tra gli esponenti dell’avanguardia modernista, è stato possibile mettere in luce le caratteristiche specifiche e le differenze, oltre alle relazioni e ai possibili influssi subiti o esercitati in ambito internazionale, che hanno segnato la storia di compagini finora trascurate dalla critica internazionale. Tale è il caso degli artisti belgi riunitisi intorno alla redazione di «7 Arts» che, pur nell’autonomia delle proprie sperimentazioni, mostrano significative analogie con le ricerche promosse da El Lissitzkij ed I’lija Ehrenburg. Il riferimento, tuttavia, può essere solo in parte ricondotto alla comune adozione di un linguaggio di tipo aniconico, che in Belgio si traduce nelle diverse soluzioni visive ascrivibili alla comune etichetta della plastique pure. Strutturato sull’estetica engagée di Jean-Marie Guyau (oltre che sull’art social di Edmond Picard ed Octave Maus e sulle teorie di Elie Faure) e legato all’influsso delle stilizzazioni art nouveau aggiornate alla luce delle esperienze postcubiste, il costruttivismo nella sua declinazione belga non può tuttavia essere assimilato alla sola plastique pure, la quale riveste comunque un ruolo importante nell’azione di propaganda di «7 Arts». Principale organo di stampa del costruttivismo belga, il periodico realizzato da Pierre e Victor Bourgeois, Pierre-Louis Flouquet, Karel Maes e Georges Monier sostiene, sulla scorta delle esigenze emerse nel paese negli anni della ricostruzione postbellica, il rilancio di una produzione artistica dalla reale valenza sociale. Benché sia stata spesso ricordata in volumi dedicati alla storia delle avanguardie belghe come rivista modernista di impronta eclettica, in seguito ad un’attenta revisione critica «7 Arts» si mostra infine come pubblicazione impegnata nell’instaurazione di un serrato dialogo con gli esponenti del modernismo internazionale, oltre che come periodico costruttivista fondato su un ideale progressista di rinnovamento etico ancor prima che estetico.

Le riviste dell’utopia. Il caso del settimanale belga «7 Arts» nella rete internazionale dei periodici costruttivisti / E. Francioli. - STAMPA. - (2013).

Le riviste dell’utopia. Il caso del settimanale belga «7 Arts» nella rete internazionale dei periodici costruttivisti

FRANCIOLI, EVA
2013

Abstract

La presente tesi affronta lo studio delle riviste del costruttivismo, prodotti culturali complessi che nel corso degli anni Venti del Novecento hanno consentito la circolazione di manifesti programmatici e di soluzioni stilistiche innovative, grazie alla costruzione di una vasta rete di scambi che ha contribuito all’edificazione di un’attività artistica dal respiro internazionale. Lo studio di tali periodici, condotto lungo un asse di ricerca di tipo sincronico e diacronico, ha permesso di mettere in evidenza la problematica eterogeneità della produzione costruttivista, collocandosi nell’alveo di un generale superamento della tradizionale concezione del costruttivismo quale linguaggio visivo di carattere aniconico ideato da un gruppo di artisti attivi nella Russia post-rivoluzionaria. La prima parte dell'elaborato, dedicata alla definizione di rivista costruttivista, si conclude con un'analisi di «Vešč’/Objet/Gegenstand», periodico pubblicato da I’lija Ehrenburg ed El Lissitzkij. Spesso citata negli studi relativi alla diffusione del costruttivismo in Europa, la rivista è stata sottoposta ad una revisione critica avente per oggetto sia gli interventi in essa pubblicati, sia la componente grafica. Grazie a tale indagine, è stato possibile evidenziare i limiti della tradizionale assimilazione dei redattori della rivista a semplici ambasciatori delle sperimentazioni artistiche sovietiche e del modello comunista in Occidente: sono infatti emersi non solo la reciprocità degli influssi intercorsi tra i due redattori, ma anche la fascinazione di entrambi per il razionalismo modernista di matrice occidentale. «Vešč’» e l’azione dei suoi redattori hanno quindi costituito lo spunto per un approfondimento sulla storia del costruttivismo in aree dell’Europa Occidentale usualmente trascurate dalla critica, nelle quali il movimento si è affermato grazie all’attività di artisti e di intellettuali spesso ritenuti dei semplici epigoni. Proseguendo nello scavo delle connessioni tra gli esponenti dell’avanguardia modernista, è stato possibile mettere in luce le caratteristiche specifiche e le differenze, oltre alle relazioni e ai possibili influssi subiti o esercitati in ambito internazionale, che hanno segnato la storia di compagini finora trascurate dalla critica internazionale. Tale è il caso degli artisti belgi riunitisi intorno alla redazione di «7 Arts» che, pur nell’autonomia delle proprie sperimentazioni, mostrano significative analogie con le ricerche promosse da El Lissitzkij ed I’lija Ehrenburg. Il riferimento, tuttavia, può essere solo in parte ricondotto alla comune adozione di un linguaggio di tipo aniconico, che in Belgio si traduce nelle diverse soluzioni visive ascrivibili alla comune etichetta della plastique pure. Strutturato sull’estetica engagée di Jean-Marie Guyau (oltre che sull’art social di Edmond Picard ed Octave Maus e sulle teorie di Elie Faure) e legato all’influsso delle stilizzazioni art nouveau aggiornate alla luce delle esperienze postcubiste, il costruttivismo nella sua declinazione belga non può tuttavia essere assimilato alla sola plastique pure, la quale riveste comunque un ruolo importante nell’azione di propaganda di «7 Arts». Principale organo di stampa del costruttivismo belga, il periodico realizzato da Pierre e Victor Bourgeois, Pierre-Louis Flouquet, Karel Maes e Georges Monier sostiene, sulla scorta delle esigenze emerse nel paese negli anni della ricostruzione postbellica, il rilancio di una produzione artistica dalla reale valenza sociale. Benché sia stata spesso ricordata in volumi dedicati alla storia delle avanguardie belghe come rivista modernista di impronta eclettica, in seguito ad un’attenta revisione critica «7 Arts» si mostra infine come pubblicazione impegnata nell’instaurazione di un serrato dialogo con gli esponenti del modernismo internazionale, oltre che come periodico costruttivista fondato su un ideale progressista di rinnovamento etico ancor prima che estetico.
2013
Prof. Alessandro Nigro
ITALIA
E. Francioli
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