Goffredo Parise definisce il Giappone come un pianeta “rotante nel silenzio e nella solitudine della volta celeste”, eppure non si sottrae dal notare il suo profondo “classicismo cellulare”. Un’illuminazione che gli consente di trasfigurare le lignee colonne di un tempio di Kyoto in quelle del Partenone o del Pantheon. È la forza dell’analogia che scaturisce dall’esile interstizio del dissimile. E di analogia come sostanza prima della composizione architettonica, parlano anche queste pagine, che muovendo dalla descrizione dell’opera di una scrittrice belga oramai dimenticata, ne usano i modi per rileggere luoghi lontani come palinsesti di frammenti poetici, per congetturare di un impossibile incontro fra Mies e l’architettura giapponese nella Berlino degli anni trenta, e per interpretare infine alcune case a guisa di intersezioni fra opposti punti cardinali. Fenditure da cui intravedere l’epifania di una segreta e immutabile unità di temi, di archetipi, di soluzioni. È in questo fragile attimo che il dorico, l’ordine della metamorfosi, l’ordine del pathos e del logos, adempie alla sua promessa di sintesi.Goffredo Parise describes Japan as a planet “rotating in the silent and lonely space of the celestial vault”, but inevitably he can’t escape noting its deep “cellular classicism”. A poetic enlightenment that makes him capable to transcend the wooden columns of a Kyoto temple into those of the Parthenon or of the Pantheon. It is the magical power of analogy, flowing out from the thin gap that lies between different things. And analogy conceived as the main strength for architectural design is the subject matter of these pages. Guided by the visions of an almost forgotten Belgian writer admired by Breton, we will explore distant places seen as a palimpsest of poems, conjecturing about a possible rendez-vous between Mies and Japanese architecture in 1930’s Berlin, and interpreting some houses as crossroads between East and West. Intersections that make visible the manifestation of a secret and unchanging unity of themes, archetypes, solutions. During such fragile epiphany, the Doric order, the architectural order of the metamorphosis between pathos and logos, fulfill its promise of synthesis.

Promessa del Dorico Case, archetipi e analogie fra Oriente e Occidente / Volpe, Andrea Innocenzo. - STAMPA. - (2017), pp. 9-119.

Promessa del Dorico Case, archetipi e analogie fra Oriente e Occidente

VOLPE, ANDREA INNOCENZO
2017

Abstract

Goffredo Parise definisce il Giappone come un pianeta “rotante nel silenzio e nella solitudine della volta celeste”, eppure non si sottrae dal notare il suo profondo “classicismo cellulare”. Un’illuminazione che gli consente di trasfigurare le lignee colonne di un tempio di Kyoto in quelle del Partenone o del Pantheon. È la forza dell’analogia che scaturisce dall’esile interstizio del dissimile. E di analogia come sostanza prima della composizione architettonica, parlano anche queste pagine, che muovendo dalla descrizione dell’opera di una scrittrice belga oramai dimenticata, ne usano i modi per rileggere luoghi lontani come palinsesti di frammenti poetici, per congetturare di un impossibile incontro fra Mies e l’architettura giapponese nella Berlino degli anni trenta, e per interpretare infine alcune case a guisa di intersezioni fra opposti punti cardinali. Fenditure da cui intravedere l’epifania di una segreta e immutabile unità di temi, di archetipi, di soluzioni. È in questo fragile attimo che il dorico, l’ordine della metamorfosi, l’ordine del pathos e del logos, adempie alla sua promessa di sintesi.Goffredo Parise describes Japan as a planet “rotating in the silent and lonely space of the celestial vault”, but inevitably he can’t escape noting its deep “cellular classicism”. A poetic enlightenment that makes him capable to transcend the wooden columns of a Kyoto temple into those of the Parthenon or of the Pantheon. It is the magical power of analogy, flowing out from the thin gap that lies between different things. And analogy conceived as the main strength for architectural design is the subject matter of these pages. Guided by the visions of an almost forgotten Belgian writer admired by Breton, we will explore distant places seen as a palimpsest of poems, conjecturing about a possible rendez-vous between Mies and Japanese architecture in 1930’s Berlin, and interpreting some houses as crossroads between East and West. Intersections that make visible the manifestation of a secret and unchanging unity of themes, archetypes, solutions. During such fragile epiphany, the Doric order, the architectural order of the metamorphosis between pathos and logos, fulfill its promise of synthesis.
2017
9788896080801
9
119
Volpe, Andrea Innocenzo
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