Il diario sintetico dell’esperienza al fronte di Clemente Rebora (dal 24 ottobre al 25 dicembre 1915) è affidato a un esiguo manipolo di lettere dell’epistolario, da cui filtra tutto lo strazio e l’orrore provato nel «periodo di macello al Podgora». Da questa drammatica e traumatica esperienza in prima linea prende corpo il progetto, poi abbandonato dopo l’estate 1917, di scrivere un libro di poesie-prosa, non solo per raccontare l’«essenza tremenda delle cose» al mondo che ha rimosso l’orrore della guerra, ma per “mantenenere in vita” e “salvare” chi è ancora inchiodato in trincea. Il presente saggio si concentra sull’analisi di “Senza fanfara”, una prosa-poesia particolarmente rappresentativa di questo progetto. La scelta di un titolo così emblematico significa senza dubbio dichiarare con coraggio la fine di tutte le «illusioni d’anteguerra», alimentate dalla retorica patriottica risorgimentale e assimilate sui banchi di scuola da molti ragazzi che ora sono soldati al fronte. Al controcanto sommesso (ormai prossimo al silenzio) e ritmato del coro anonimo e impersonale dei soldati vivimorti di “Senza fanfara” Rebora affida la «terribile responsabilità» di dire al «mondo che vive» l’indicibile insensatezza della guerra.
«Cacciati nel buio»: Clemente Rebora in trincea / Simone Magherini. - STAMPA. - (2017), pp. 217-237.
«Cacciati nel buio»: Clemente Rebora in trincea
MAGHERINI, SIMONE
2017
Abstract
Il diario sintetico dell’esperienza al fronte di Clemente Rebora (dal 24 ottobre al 25 dicembre 1915) è affidato a un esiguo manipolo di lettere dell’epistolario, da cui filtra tutto lo strazio e l’orrore provato nel «periodo di macello al Podgora». Da questa drammatica e traumatica esperienza in prima linea prende corpo il progetto, poi abbandonato dopo l’estate 1917, di scrivere un libro di poesie-prosa, non solo per raccontare l’«essenza tremenda delle cose» al mondo che ha rimosso l’orrore della guerra, ma per “mantenenere in vita” e “salvare” chi è ancora inchiodato in trincea. Il presente saggio si concentra sull’analisi di “Senza fanfara”, una prosa-poesia particolarmente rappresentativa di questo progetto. La scelta di un titolo così emblematico significa senza dubbio dichiarare con coraggio la fine di tutte le «illusioni d’anteguerra», alimentate dalla retorica patriottica risorgimentale e assimilate sui banchi di scuola da molti ragazzi che ora sono soldati al fronte. Al controcanto sommesso (ormai prossimo al silenzio) e ritmato del coro anonimo e impersonale dei soldati vivimorti di “Senza fanfara” Rebora affida la «terribile responsabilità» di dire al «mondo che vive» l’indicibile insensatezza della guerra.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.