Pur nella sua condizione di delicato crocevia religioso, pur con i riflessi di una questione politica che qui assume la dimensione di un fatto fisico prima che morale e pur nella sua divisione nell’unità, Gerusalemme è una città capace di portare dentro di sé la forza di una spazialità remota le cui tracce si fondono ad una topografia rimaneggiata nel tempo dall’architettura. Un substrato al quale si è sovrapposta la forza dei vari momenti di conquista e trasformato nei secoli nella topologica casualità di un organismo vivente, nella cui brulicante indeterminatezza si scorgono, tuttavia, “fuochi” di riconoscibilità urbana. Una città dove la prospettiva è assente, dove lo sguardo è una conquista, dove ogni cosa non è annunciata, ma “trovata” nella compattezza di una massa che assorbe -salvo rare ed eclatanti eccezioni- ogni sua emergenza dentro un corpo unitario, dove i vuoti altro non sono che sue sottrazioni. Città questa, fatta di muri: muri che proteggono e che delimitano, ma anche muri che si abitano, che si aprono e che si offrono. Muri che chiudono ma anche muri che orientano. Muri impenetrabili ma anche muri che accolgono, muri che perimetrano la città e muri che la proseguono nel paesaggio. Muri che affiorano dal terreno e che si offrono come tracce sovrapposte di epoche passate a testimoniare antiche visioni del mondo. Con questi muri e con il tema della massa -che di Gerusalemme ne è la figura principale- i quattro progetti elaborati nella ricerca presentata, cercano di stabilire dialoghi e relazioni, interpretandone temi, materie, geometrie e misure, in modo da inserirsi sensibilmente all’interno del flusso evolutivo della città, pur dichiarandone la loro necessaria contemporaneità. Come se, di fatto, le architetture immaginate, fossero le leve capaci di riportare ordine alla stratificazione degli straordinari contesti per le quali sono state pensate, semplicemente reinquadrando i diversi luoghi in una complessiva ricircuitazione, capace di allontanare quell’inevitabile oblio a cui ogni traccia di memoria storica e archeologica è destinata, se non la si inserisce in una generale rimessa a sistema dei suoi sensi e dei suoi significati.
Around the walls. Quattro progetti per Gerusalemme / Fabio, Fabbrizzi. - STAMPA. - (2017), pp. 1-202.
Around the walls. Quattro progetti per Gerusalemme
Fabio Fabbrizzi
2017
Abstract
Pur nella sua condizione di delicato crocevia religioso, pur con i riflessi di una questione politica che qui assume la dimensione di un fatto fisico prima che morale e pur nella sua divisione nell’unità, Gerusalemme è una città capace di portare dentro di sé la forza di una spazialità remota le cui tracce si fondono ad una topografia rimaneggiata nel tempo dall’architettura. Un substrato al quale si è sovrapposta la forza dei vari momenti di conquista e trasformato nei secoli nella topologica casualità di un organismo vivente, nella cui brulicante indeterminatezza si scorgono, tuttavia, “fuochi” di riconoscibilità urbana. Una città dove la prospettiva è assente, dove lo sguardo è una conquista, dove ogni cosa non è annunciata, ma “trovata” nella compattezza di una massa che assorbe -salvo rare ed eclatanti eccezioni- ogni sua emergenza dentro un corpo unitario, dove i vuoti altro non sono che sue sottrazioni. Città questa, fatta di muri: muri che proteggono e che delimitano, ma anche muri che si abitano, che si aprono e che si offrono. Muri che chiudono ma anche muri che orientano. Muri impenetrabili ma anche muri che accolgono, muri che perimetrano la città e muri che la proseguono nel paesaggio. Muri che affiorano dal terreno e che si offrono come tracce sovrapposte di epoche passate a testimoniare antiche visioni del mondo. Con questi muri e con il tema della massa -che di Gerusalemme ne è la figura principale- i quattro progetti elaborati nella ricerca presentata, cercano di stabilire dialoghi e relazioni, interpretandone temi, materie, geometrie e misure, in modo da inserirsi sensibilmente all’interno del flusso evolutivo della città, pur dichiarandone la loro necessaria contemporaneità. Come se, di fatto, le architetture immaginate, fossero le leve capaci di riportare ordine alla stratificazione degli straordinari contesti per le quali sono state pensate, semplicemente reinquadrando i diversi luoghi in una complessiva ricircuitazione, capace di allontanare quell’inevitabile oblio a cui ogni traccia di memoria storica e archeologica è destinata, se non la si inserisce in una generale rimessa a sistema dei suoi sensi e dei suoi significati.File | Dimensione | Formato | |
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