Il contributo si inserisce in un volume di cui l’A. ha la curatela, e in cui i Curatori hanno tracciato un quadro ampio e ragionato degli sviluppi che il tema della risoluzione del contratto ha avuto negli ultimi anni nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale in proposito. Nello specifico contributo a firma dell’A., questi, prendendo a spunto la riforma che in Francia, nel 2016, ha spazzato via un art. 1184 eletto per due secoli a “norma manifesto” di una giudizialità esclusiva della risoluzione, torna sul tema della natura dichiarativa delle impugnative negoziali con specifico riguardo alla risoluzione per inadempimento, per rispondere, dalla prospettiva del processualcivilista, ad una domanda che la dottrina civilistica si pone da tempo, e cioè se, ordinando gli artt. 1453, 1454 e 1460 c.c. anche in chiave di efficienza e proporzionalità (secondo una logica che abbatte una serie di costi transattivi, e tra questi quello della giurisdizione che, come risorsa “non illimitata”, dovrebbe aversi solo se veramente necessaria), il potere di risoluzione possa essere letto privilegiandone la natura stragiudiziale, anziché di diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale. Rileggendo la distinzione tra Gestaltungs- und Gestaltungsklagerechte applicata all’art. 1453 c.c., il saggio solleva l’interrogativo se davvero la sentenza pronunciata ex art. 1453 c.c. modifichi, in via costitutiva, la situazione delle parti o se non accerti, piuttosto, l’intervenuto scioglimento del contratto. Si osserva che il titolare del potere di risoluzione è, per vocazione, un potenziale convenuto, perché quel che allega è un fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto. Se il fatto «inadempimento» è fatto estintivo, che non opera ipso iure, il potere che il creditore esercita è quel medesimo potere che è sotteso all’eccezione, e perciò, un potere sostanziale. All’interno del contributo l’A. ipotizza altresì – con un’impostazione assolutamente originale ripresa anche di recente da dottrina e giurisprudenza – l’esistenza di un’autonoma eccezione di risoluzione; eccezione con la quale si fa valere l’inadempimento in funzione estintiva, e non meramente impeditiva come nell’art. 1460 c.c., e che, operando come l’eccezione di annullabilità, sottintende la spendita di un potere di parte, ma di tipo sostanziale, pur se, in quanto eccezione, produce, se accolta, una sentenza di rigetto e perciò certamente non costitutiva, ma di accertamento dell’avvenuta estinzione dell’effetto del contratto fatto valere in giudizio.
La risoluzione del contratto tra azione ed eccezione: ancora sulla natura dichiarativa della sentenza che pronuncia sulla risoluzione / ilaria pagni. - STAMPA. - (2018), pp. 75-95.
La risoluzione del contratto tra azione ed eccezione: ancora sulla natura dichiarativa della sentenza che pronuncia sulla risoluzione
ilaria pagni
2018
Abstract
Il contributo si inserisce in un volume di cui l’A. ha la curatela, e in cui i Curatori hanno tracciato un quadro ampio e ragionato degli sviluppi che il tema della risoluzione del contratto ha avuto negli ultimi anni nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale in proposito. Nello specifico contributo a firma dell’A., questi, prendendo a spunto la riforma che in Francia, nel 2016, ha spazzato via un art. 1184 eletto per due secoli a “norma manifesto” di una giudizialità esclusiva della risoluzione, torna sul tema della natura dichiarativa delle impugnative negoziali con specifico riguardo alla risoluzione per inadempimento, per rispondere, dalla prospettiva del processualcivilista, ad una domanda che la dottrina civilistica si pone da tempo, e cioè se, ordinando gli artt. 1453, 1454 e 1460 c.c. anche in chiave di efficienza e proporzionalità (secondo una logica che abbatte una serie di costi transattivi, e tra questi quello della giurisdizione che, come risorsa “non illimitata”, dovrebbe aversi solo se veramente necessaria), il potere di risoluzione possa essere letto privilegiandone la natura stragiudiziale, anziché di diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale. Rileggendo la distinzione tra Gestaltungs- und Gestaltungsklagerechte applicata all’art. 1453 c.c., il saggio solleva l’interrogativo se davvero la sentenza pronunciata ex art. 1453 c.c. modifichi, in via costitutiva, la situazione delle parti o se non accerti, piuttosto, l’intervenuto scioglimento del contratto. Si osserva che il titolare del potere di risoluzione è, per vocazione, un potenziale convenuto, perché quel che allega è un fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto. Se il fatto «inadempimento» è fatto estintivo, che non opera ipso iure, il potere che il creditore esercita è quel medesimo potere che è sotteso all’eccezione, e perciò, un potere sostanziale. All’interno del contributo l’A. ipotizza altresì – con un’impostazione assolutamente originale ripresa anche di recente da dottrina e giurisprudenza – l’esistenza di un’autonoma eccezione di risoluzione; eccezione con la quale si fa valere l’inadempimento in funzione estintiva, e non meramente impeditiva come nell’art. 1460 c.c., e che, operando come l’eccezione di annullabilità, sottintende la spendita di un potere di parte, ma di tipo sostanziale, pur se, in quanto eccezione, produce, se accolta, una sentenza di rigetto e perciò certamente non costitutiva, ma di accertamento dell’avvenuta estinzione dell’effetto del contratto fatto valere in giudizio.File | Dimensione | Formato | |
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