La dinastia antiquaria dei Bardini fu fondata da Stefano, che fra Ottocento e Novecento divenne uno dei protagonisti del mercato internazionale, con corrispondenti e mediatori in tutta Italia e in molti altri paesi. La sede, insieme residenza, galleria d'arte, ufficio, magazzino e laboratori di restauro, era posta in un vasto palazzo a Firenze, nella zona d'Oltrarno fra piazza de' Mozzi e via San Niccolò. La dimora di Stefano e della sua famiglia comprendeva un parco storico che si estende per quattro ettari sulle pendici del colle di Belvedere con vista sugli Uffizi e sull'Arno e una villa all'interno del parco medesimo con loggetta neorinascimentale e ancora rimesse, laboratori, alloggi di servizio, sale di esposizione e depositi. Qui arrivavano opere d'arte e oggetti di arredo selezionati da abili raccoglitori attivi in ogni parte d'Italia e, nello stesso luogo, gli artigiani d'Oltrarno lavoravano alla "fabbrica del mobile antico", assemblando materiali autentici in forme d’invenzione. In questa sede si raccoglieva, si collezionava, si trasformava, si vendeva. E a tal fine le vaste demolizioni del centro antico, propiziate dai lavori legati a Firenze capitale e proseguiti nei decenni successivi, dovettero offrire non poche opportunità di reperire preziosi materiali di spoglio. Gli edifici di proprietà Bardini diventarono dei veri esercizi di stile: si procedette a un vasto e ambizioso programma di ristrutturazione, nel quale altari, scale, portali, colonne e soffitti provenienti da chiese e palazzi smantellati vennero qui riutilizzati per creare un’atmosfera antica ed eclettica. Palazzo Mozzi Bardini, in particolare, divenne laboratorio e ospitò un’articolata galleria, dove Stefano dispose le opere possedute con un criterio di allestimento non comune all’epoca. Nel 1983 lo Stato Italiano entra in possesso del palazzo, i primi interventi di consolidamento strutturale si registrano dal 1996, ma soltanto dal 2014 ha avuto inizio la realizzazione di un progetto organico di rifunzionalizzazione, oggi quasi portato a termine, per ottenere la sede di due importanti uffici periferici del Mi.B.A.C.T. nella Toscana: il Segretariato Regionale e il Polo Museale. I lavori si sono presentati particolarmente complessi proprio per la precedente funzione del palazzo, basti solo pensare alla gestione dei circa trentamila beni mobili censiti, fra cui centinaia di capitelli, colonne, basi, dislocati ovunque. Durante l’esecuzione dei recenti lavori è stato possibile eseguire un rilievo laser scanner del palazzo, basato su circa 500 stazioni ed elaborato fino ad ottenere disegni vettorializzati, che ha fornito una documentazione, non consueta, concernente l’organizzazione, le implicazioni e le fasi della concreta esecuzione di un restauro dal carattere particolarmente complesso. Sono emersi aspetti sorprendenti soggiacenti alle scelte di allestimento di Stefano Bardini, fra cui i ricchi apparati pittorici figurativi celati da ridipinture di repertorio, le quali a suo giudizio avrebbero meglio valorizzato gli oggetti da mettere in mostra per la sua attività di antiquario. Ma tutto questo fu attuato lasciando la possibilità di recuperare le pitture che, a seguito della descialbatura, in alcune sale sono state rinvenute pressoché integre. Il contributo si propone di documentare il rapporto fra informazioni e scelte esecutive, in merito a differenti ambiti, come le attribuzioni di nuove funzioni, l’accessibilità, il miglioramento del comportamento strutturale, i complessi problemi legati alla collocazione degli impianti, la conservazione e valorizzazione di importanti ritrovamenti pittorici riconducibili ad assetti architettonici completamente mutati. Tutto questo visto nell’ottica dinamica degli aggiornamenti indotti da due principali fattori, gli accertamenti compiuti durante i lavori e i cambiamenti di destinazione d’uso legati a differenti orientamenti maturati nel tempo all’interno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Palazzo Mozzi Bardini a Firenze. Dalla conversione a bottega d’arte antiquaria a nuova sede degli uffici toscani del MiBACT e di spazi museali / Pietro Matracchi, Gabriele Nannetti, Elisa Targetti. - ELETTRONICO. - (2020), pp. 629-638.
Palazzo Mozzi Bardini a Firenze. Dalla conversione a bottega d’arte antiquaria a nuova sede degli uffici toscani del MiBACT e di spazi museali
Pietro Matracchi;Gabriele Nannetti;Elisa Targetti
2020
Abstract
La dinastia antiquaria dei Bardini fu fondata da Stefano, che fra Ottocento e Novecento divenne uno dei protagonisti del mercato internazionale, con corrispondenti e mediatori in tutta Italia e in molti altri paesi. La sede, insieme residenza, galleria d'arte, ufficio, magazzino e laboratori di restauro, era posta in un vasto palazzo a Firenze, nella zona d'Oltrarno fra piazza de' Mozzi e via San Niccolò. La dimora di Stefano e della sua famiglia comprendeva un parco storico che si estende per quattro ettari sulle pendici del colle di Belvedere con vista sugli Uffizi e sull'Arno e una villa all'interno del parco medesimo con loggetta neorinascimentale e ancora rimesse, laboratori, alloggi di servizio, sale di esposizione e depositi. Qui arrivavano opere d'arte e oggetti di arredo selezionati da abili raccoglitori attivi in ogni parte d'Italia e, nello stesso luogo, gli artigiani d'Oltrarno lavoravano alla "fabbrica del mobile antico", assemblando materiali autentici in forme d’invenzione. In questa sede si raccoglieva, si collezionava, si trasformava, si vendeva. E a tal fine le vaste demolizioni del centro antico, propiziate dai lavori legati a Firenze capitale e proseguiti nei decenni successivi, dovettero offrire non poche opportunità di reperire preziosi materiali di spoglio. Gli edifici di proprietà Bardini diventarono dei veri esercizi di stile: si procedette a un vasto e ambizioso programma di ristrutturazione, nel quale altari, scale, portali, colonne e soffitti provenienti da chiese e palazzi smantellati vennero qui riutilizzati per creare un’atmosfera antica ed eclettica. Palazzo Mozzi Bardini, in particolare, divenne laboratorio e ospitò un’articolata galleria, dove Stefano dispose le opere possedute con un criterio di allestimento non comune all’epoca. Nel 1983 lo Stato Italiano entra in possesso del palazzo, i primi interventi di consolidamento strutturale si registrano dal 1996, ma soltanto dal 2014 ha avuto inizio la realizzazione di un progetto organico di rifunzionalizzazione, oggi quasi portato a termine, per ottenere la sede di due importanti uffici periferici del Mi.B.A.C.T. nella Toscana: il Segretariato Regionale e il Polo Museale. I lavori si sono presentati particolarmente complessi proprio per la precedente funzione del palazzo, basti solo pensare alla gestione dei circa trentamila beni mobili censiti, fra cui centinaia di capitelli, colonne, basi, dislocati ovunque. Durante l’esecuzione dei recenti lavori è stato possibile eseguire un rilievo laser scanner del palazzo, basato su circa 500 stazioni ed elaborato fino ad ottenere disegni vettorializzati, che ha fornito una documentazione, non consueta, concernente l’organizzazione, le implicazioni e le fasi della concreta esecuzione di un restauro dal carattere particolarmente complesso. Sono emersi aspetti sorprendenti soggiacenti alle scelte di allestimento di Stefano Bardini, fra cui i ricchi apparati pittorici figurativi celati da ridipinture di repertorio, le quali a suo giudizio avrebbero meglio valorizzato gli oggetti da mettere in mostra per la sua attività di antiquario. Ma tutto questo fu attuato lasciando la possibilità di recuperare le pitture che, a seguito della descialbatura, in alcune sale sono state rinvenute pressoché integre. Il contributo si propone di documentare il rapporto fra informazioni e scelte esecutive, in merito a differenti ambiti, come le attribuzioni di nuove funzioni, l’accessibilità, il miglioramento del comportamento strutturale, i complessi problemi legati alla collocazione degli impianti, la conservazione e valorizzazione di importanti ritrovamenti pittorici riconducibili ad assetti architettonici completamente mutati. Tutto questo visto nell’ottica dinamica degli aggiornamenti indotti da due principali fattori, gli accertamenti compiuti durante i lavori e i cambiamenti di destinazione d’uso legati a differenti orientamenti maturati nel tempo all’interno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.File | Dimensione | Formato | |
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