Nell’approccio territorialista il progetto di territorio è indissociabile dalla dimensione patrimoniale attribuita al territorio stesso dai soggetti che in esso vivono ed operano. Non vi è progetto di territorio se non c’è stato o se non è in corso un processo di riconoscimento sociale, di conferimento di valore che eleva il territorio da oggetto, da superficie, dotata di meri attributi fisici capace di “sostenere” qualsiasi tipo di trasformazione, a contesto complesso, relazionale, simbolico, oggettivo e soggettivo, con dei caratteri peculiari, sedimentati e costruiti nel tempo lungo della storia che devono entrare nella dinamica del progetto. La culturalizzazione del territorio trasforma, simbolizza, sacralizza l’ambiente con pratiche calde finalizzate e iscrivere con segni riconoscibili e intellegibili la storia umana nelle forme del paesaggio (Marson 208). L’ Antropocene (Crutzen 2005) o il Capitalocene secondo Jason Moore (2017) ha trasformato quella culturalizzazione giudiziosa in uno sviluppo devastante (Pellegrino, Di Paola 2018), dove la “natura” da tempo sfruttata si “ribella”, acquista una sua identità visibile e apprezzabile in quanto soggetto di catastrofi, che coinvolgono gran parte dell’umanità (Latour 2018). Il passaggio verso una nuova fase di civilizzazione, di riqualificazione del territorio come patrimonio bene comune (Magnaghi 2012), necessita di forme di pianificazione che includano nuovamente la comunità locale in strategie d’azione orientate all’autogoverno locale. La comunità locale si vede dunque restituire il ruolo di soggetto attivo della cura dei luoghi e non di semplice fruitore, che vota, passeggia, osserva il paesaggio. La pianificazione territorialista porta così a compimento il passaggio da una generosa forma di pianificazione radicale (Friedmann 1987, Forester 1989), che riconosce l’importanza del progetto nato dal basso, ad una che mette l’accento sulla produzione attiva del territorio quale mondo di vita per i sui abitanti. La restituzione di un ruolo sociale alla pianificazione e non meramente tecnico (Barbanente e Cellamare in questo testo), svolge un ruolo fondamentale nel sostenere e nell’incentivare questo passaggio epocale non più rinviabile verso forme di co-costruzione e di co-gestione del mondo di vita degli abitanti. Assistiamo dunque ad una parabola che riconnette e conferisce valore alla relazione fondativa fra abitanti e contesto di vita riconfigurando l’attività umana come generatrice della coevoluzione virtuosa fra natura e cultura (Norgaard 1994, Magnaghi 2010). Nel testo che segue inquadrerò i caratteri del patrimonio territoriale e la sua rilevanza per la costruzione sociale del progetto di territorio, che illustrerò attraverso l’esempio del progetto “Coltivare con l’Arno. Parco agricolo perifluviale” dove una comunità di progetto ha definito un orizzonte strategico articolato in dodici contratti sociali (Poli 2019).

Il progetto di territorio come pratica sociale / Daniela Poli. - STAMPA. - (2019), pp. 95-106.

Il progetto di territorio come pratica sociale

Daniela Poli
2019

Abstract

Nell’approccio territorialista il progetto di territorio è indissociabile dalla dimensione patrimoniale attribuita al territorio stesso dai soggetti che in esso vivono ed operano. Non vi è progetto di territorio se non c’è stato o se non è in corso un processo di riconoscimento sociale, di conferimento di valore che eleva il territorio da oggetto, da superficie, dotata di meri attributi fisici capace di “sostenere” qualsiasi tipo di trasformazione, a contesto complesso, relazionale, simbolico, oggettivo e soggettivo, con dei caratteri peculiari, sedimentati e costruiti nel tempo lungo della storia che devono entrare nella dinamica del progetto. La culturalizzazione del territorio trasforma, simbolizza, sacralizza l’ambiente con pratiche calde finalizzate e iscrivere con segni riconoscibili e intellegibili la storia umana nelle forme del paesaggio (Marson 208). L’ Antropocene (Crutzen 2005) o il Capitalocene secondo Jason Moore (2017) ha trasformato quella culturalizzazione giudiziosa in uno sviluppo devastante (Pellegrino, Di Paola 2018), dove la “natura” da tempo sfruttata si “ribella”, acquista una sua identità visibile e apprezzabile in quanto soggetto di catastrofi, che coinvolgono gran parte dell’umanità (Latour 2018). Il passaggio verso una nuova fase di civilizzazione, di riqualificazione del territorio come patrimonio bene comune (Magnaghi 2012), necessita di forme di pianificazione che includano nuovamente la comunità locale in strategie d’azione orientate all’autogoverno locale. La comunità locale si vede dunque restituire il ruolo di soggetto attivo della cura dei luoghi e non di semplice fruitore, che vota, passeggia, osserva il paesaggio. La pianificazione territorialista porta così a compimento il passaggio da una generosa forma di pianificazione radicale (Friedmann 1987, Forester 1989), che riconosce l’importanza del progetto nato dal basso, ad una che mette l’accento sulla produzione attiva del territorio quale mondo di vita per i sui abitanti. La restituzione di un ruolo sociale alla pianificazione e non meramente tecnico (Barbanente e Cellamare in questo testo), svolge un ruolo fondamentale nel sostenere e nell’incentivare questo passaggio epocale non più rinviabile verso forme di co-costruzione e di co-gestione del mondo di vita degli abitanti. Assistiamo dunque ad una parabola che riconnette e conferisce valore alla relazione fondativa fra abitanti e contesto di vita riconfigurando l’attività umana come generatrice della coevoluzione virtuosa fra natura e cultura (Norgaard 1994, Magnaghi 2010). Nel testo che segue inquadrerò i caratteri del patrimonio territoriale e la sua rilevanza per la costruzione sociale del progetto di territorio, che illustrerò attraverso l’esempio del progetto “Coltivare con l’Arno. Parco agricolo perifluviale” dove una comunità di progetto ha definito un orizzonte strategico articolato in dodici contratti sociali (Poli 2019).
2019
978-88-229-0414-0
Urbanistica, pianificazione e progetto di territorio: una prospettiva territorialista
95
106
Daniela Poli
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