La presente ricerca prende le mosse dalla risonanza del fashion film nell’attuale panorama mediale e in una parte crescente dei film studies e media studies per condurre un’indagine retrospettiva sulle sue genealogie plurali. Traendo ispirazione dalle aggiornate istanze teoriche e metodologiche promosse dall’archeologia dei media e dall’ampio panorama della cultura visuale, abbiamo focalizzato l’attenzione su ambiti filmici non ancora studiati dalla critica e appartenenti a paesi caratterizzati da importanti tradizioni nella cultura della moda, ovvero l’Italia e la Francia. Mentre le prospettive dell’archeologia dei media e della cultura visuale sono già entrate nell’orizzonte critico grazie a iniziative scientifiche, convegni e recenti pubblicazioni, il fashion film costituisce un oggetto di studio ancora in larga parte trascurato: le riflessioni che gli sono state dedicate provengono dal contesto anglofono. Di particolare interesse per questa indagine è l’interpretazione del fashion film proposta da Marketa Uhlirova, che ha evidenziato come esso esprima un tale investimento sull’esposizione e sulla spettacolarizzazione della moda in movimento da portare a riconoscervi echi significativi del cinema delle origini (Uhlirova 2013; 2013). Principale ispirazione metodologica è la recente proposta di ripensamento della storia del cinema secondo i metodi dell’archeologia dei media delineata da Thomas Elsaesser (Elsaesser 2016): seguire tale approccio significa estenderne gli orizzonti, indagando materiali filmici e contesti visivi poco studiati o finora trascurati attraverso uno sguardo “retrospettivo e in prospettiva” che li inserisca nel più ampio panorama delle pratiche mediali e dei contesti di fruizione. È in tale contesto che diviene fondamentale il recupero del concetto di attrazione, che, formulato negli anni ottanta da Tom Gunning (Gunning 1986) – poi ampliato da André Gaudreault (Gaudreault 2004) –, per mettere in valore l’unicità del cinema delle origini, torna a essere di grande importanza per considerare pratiche mediali recenti e passate, focalizzando l’attenzione sulla spettatorialità e sull’esperienza sensibile della visione (Strauven 2006). Sulla scorta di tali riflessioni, la presente indagine si ispira ad altri importanti riferimenti teorico-metodologici, quali la riconsiderazione degli utility films e del cosiddetto useful cinema (Hediger/Vonderau 2009; Acland/Wasson 2011; Cowan 2014; Florin/De Klerk/Vonderau 2016), le tecniche spettatoriali e la storicità della visione (Crary 1990), il rapporto tra la modernità, i dispositivi di visione e la società del consumo (Friedberg 1999). Facendo tesoro di questo orizzonte di studi, abbiamo circoscritto un corpus filmico, comprendente eterogenee forme dedicate alla presentazione della moda prodotte nei due paesi (cinegiornali, film industriali, film educativi, film pubblicitari per il cinema e per la televisione). Le fonti filmiche sono state reperite grazie a una ricerca condotta nei principali archivi audiovisivi italiani (l’Istituto Luce e il Cinema Nazionale del Cinema d’Impresa) e francesi (Gaumont Pathé Archives e l’Institut National de l’Audiovisuel). A guidare la presente indagine media archeologica del fashion film è una riflessione sulle modalità con cui i film considerati dimostrano di aver concepito lo schermo su cui le proprie immagini sarebbero state proiettate o trasmesse. L’insistenza sull’aspetto esibizionistico e l’esplicita ricerca di un forte impatto sugli spettatori-consumatori, situati in contesti di visione di norma distratti, porta ad assimilarlo a uno strumento di presentazione diretto, una vera e propria vetrina. Da un lato è il fashion film a rappresentare una vetrina per la moda, trovando in ambienti espositivi urbani una notevole cassa di risonanza, dall’altro un simile approccio si rivela di grande efficacia per indagare le forme filmiche che hanno preceduto il genere odierno nella presentazione della moda. Questa prospettiva metodologica servirà a confrontarsi con un motivo centrale nei film e media studies, come lo schermo, considerandone le configurazioni archeologiche e, allo stesso tempo, con una forma urbana e popolare di avvicinamento delle merci al pubblico di massa, di grande risonanza nell’immaginario culturale e visuale: lo sviluppo delle vetrine, infatti, si è situato nell’epoca delle attrazioni, durante la quale ha sospinto la nascente cultura del consumo e le origini della moda moderna. In questa ricerca, il motivo dello schermo-vetrina diviene una prospettiva di convergenza, dove confluiscono, intersecandosi, modalità rappresentative e spettatoriali che dal passato si riflettono sul presente. Per tracciare un’archeologia del fashion film in Italia e in Francia abbiamo deciso di orientare l’indagine in virtù della prospettiva teorica e metodologica scelta e, in particolare, di alcune possibili declinazioni del rapporto tra schermo filmico e vetrina espositiva. Tre sono le tipologie di relazioni individuate, che hanno guidato da un lato la suddivisione del corpus filmico e la sua analisi e dall’altro la struttura della tesi. La prima, definita “vetrina-schermo”, riguarda i casi in cui la vetrina, come luogo di esposizione delle merci, diviene schermo: un aspetto che si esprime in una sorta di assorbimento dell’iconografia e delle tecniche espositive a livello cinematografico. La seconda, sintetizzata con il sintagma capovolto di “schermo-vetrina”, pone in risalto aspetti di segno opposto, poiché concerne le forme di intensificazione dell’effetto di vetrina attraverso il raddoppiamento dell’esposizione filmica sul piano formale. La terza, denominata “schermo discorsivo” è mossa da una prospettiva ancora diversa, in quanto considera la dimensione educativa talvolta associata alle presentazioni. Sulla scia di queste categorie si è stabilita la scansione tripartita del presente lavoro, dove ogni sezione è a sua volta suddivisa in tre capitoli. Grazie a questa struttura su più livelli interconnessi, si propone di aprire una serie di scorci su alcune delle declinazioni di ciascuna tipologia, quindi di diverse relazioni stabilite con gli spettatori, facendo emergere la molteplicità delle forme assunte dalle attrazioni e, allo stesso tempo, della moda intesa come sfaccettato fenomeno culturale.

Il fashion film in Italia e in Francia: archeologia di un genere / Eleonora Sforzi. - (2020).

Il fashion film in Italia e in Francia: archeologia di un genere

Eleonora Sforzi
2020

Abstract

La presente ricerca prende le mosse dalla risonanza del fashion film nell’attuale panorama mediale e in una parte crescente dei film studies e media studies per condurre un’indagine retrospettiva sulle sue genealogie plurali. Traendo ispirazione dalle aggiornate istanze teoriche e metodologiche promosse dall’archeologia dei media e dall’ampio panorama della cultura visuale, abbiamo focalizzato l’attenzione su ambiti filmici non ancora studiati dalla critica e appartenenti a paesi caratterizzati da importanti tradizioni nella cultura della moda, ovvero l’Italia e la Francia. Mentre le prospettive dell’archeologia dei media e della cultura visuale sono già entrate nell’orizzonte critico grazie a iniziative scientifiche, convegni e recenti pubblicazioni, il fashion film costituisce un oggetto di studio ancora in larga parte trascurato: le riflessioni che gli sono state dedicate provengono dal contesto anglofono. Di particolare interesse per questa indagine è l’interpretazione del fashion film proposta da Marketa Uhlirova, che ha evidenziato come esso esprima un tale investimento sull’esposizione e sulla spettacolarizzazione della moda in movimento da portare a riconoscervi echi significativi del cinema delle origini (Uhlirova 2013; 2013). Principale ispirazione metodologica è la recente proposta di ripensamento della storia del cinema secondo i metodi dell’archeologia dei media delineata da Thomas Elsaesser (Elsaesser 2016): seguire tale approccio significa estenderne gli orizzonti, indagando materiali filmici e contesti visivi poco studiati o finora trascurati attraverso uno sguardo “retrospettivo e in prospettiva” che li inserisca nel più ampio panorama delle pratiche mediali e dei contesti di fruizione. È in tale contesto che diviene fondamentale il recupero del concetto di attrazione, che, formulato negli anni ottanta da Tom Gunning (Gunning 1986) – poi ampliato da André Gaudreault (Gaudreault 2004) –, per mettere in valore l’unicità del cinema delle origini, torna a essere di grande importanza per considerare pratiche mediali recenti e passate, focalizzando l’attenzione sulla spettatorialità e sull’esperienza sensibile della visione (Strauven 2006). Sulla scorta di tali riflessioni, la presente indagine si ispira ad altri importanti riferimenti teorico-metodologici, quali la riconsiderazione degli utility films e del cosiddetto useful cinema (Hediger/Vonderau 2009; Acland/Wasson 2011; Cowan 2014; Florin/De Klerk/Vonderau 2016), le tecniche spettatoriali e la storicità della visione (Crary 1990), il rapporto tra la modernità, i dispositivi di visione e la società del consumo (Friedberg 1999). Facendo tesoro di questo orizzonte di studi, abbiamo circoscritto un corpus filmico, comprendente eterogenee forme dedicate alla presentazione della moda prodotte nei due paesi (cinegiornali, film industriali, film educativi, film pubblicitari per il cinema e per la televisione). Le fonti filmiche sono state reperite grazie a una ricerca condotta nei principali archivi audiovisivi italiani (l’Istituto Luce e il Cinema Nazionale del Cinema d’Impresa) e francesi (Gaumont Pathé Archives e l’Institut National de l’Audiovisuel). A guidare la presente indagine media archeologica del fashion film è una riflessione sulle modalità con cui i film considerati dimostrano di aver concepito lo schermo su cui le proprie immagini sarebbero state proiettate o trasmesse. L’insistenza sull’aspetto esibizionistico e l’esplicita ricerca di un forte impatto sugli spettatori-consumatori, situati in contesti di visione di norma distratti, porta ad assimilarlo a uno strumento di presentazione diretto, una vera e propria vetrina. Da un lato è il fashion film a rappresentare una vetrina per la moda, trovando in ambienti espositivi urbani una notevole cassa di risonanza, dall’altro un simile approccio si rivela di grande efficacia per indagare le forme filmiche che hanno preceduto il genere odierno nella presentazione della moda. Questa prospettiva metodologica servirà a confrontarsi con un motivo centrale nei film e media studies, come lo schermo, considerandone le configurazioni archeologiche e, allo stesso tempo, con una forma urbana e popolare di avvicinamento delle merci al pubblico di massa, di grande risonanza nell’immaginario culturale e visuale: lo sviluppo delle vetrine, infatti, si è situato nell’epoca delle attrazioni, durante la quale ha sospinto la nascente cultura del consumo e le origini della moda moderna. In questa ricerca, il motivo dello schermo-vetrina diviene una prospettiva di convergenza, dove confluiscono, intersecandosi, modalità rappresentative e spettatoriali che dal passato si riflettono sul presente. Per tracciare un’archeologia del fashion film in Italia e in Francia abbiamo deciso di orientare l’indagine in virtù della prospettiva teorica e metodologica scelta e, in particolare, di alcune possibili declinazioni del rapporto tra schermo filmico e vetrina espositiva. Tre sono le tipologie di relazioni individuate, che hanno guidato da un lato la suddivisione del corpus filmico e la sua analisi e dall’altro la struttura della tesi. La prima, definita “vetrina-schermo”, riguarda i casi in cui la vetrina, come luogo di esposizione delle merci, diviene schermo: un aspetto che si esprime in una sorta di assorbimento dell’iconografia e delle tecniche espositive a livello cinematografico. La seconda, sintetizzata con il sintagma capovolto di “schermo-vetrina”, pone in risalto aspetti di segno opposto, poiché concerne le forme di intensificazione dell’effetto di vetrina attraverso il raddoppiamento dell’esposizione filmica sul piano formale. La terza, denominata “schermo discorsivo” è mossa da una prospettiva ancora diversa, in quanto considera la dimensione educativa talvolta associata alle presentazioni. Sulla scia di queste categorie si è stabilita la scansione tripartita del presente lavoro, dove ogni sezione è a sua volta suddivisa in tre capitoli. Grazie a questa struttura su più livelli interconnessi, si propone di aprire una serie di scorci su alcune delle declinazioni di ciascuna tipologia, quindi di diverse relazioni stabilite con gli spettatori, facendo emergere la molteplicità delle forme assunte dalle attrazioni e, allo stesso tempo, della moda intesa come sfaccettato fenomeno culturale.
2020
Federico Pierotti, José Moure
Eleonora Sforzi
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