Sala del Commiato nel Cimitero di Coviolo, Reggio Emilia La soluzione nasce prevedendo la Sala del Commiato come struttura dotata di autonomia funzionale rispetto all'esistente complesso crematorio. L’ingresso e l’uscita del feretro e dei partecipanti alla cerimonia avvengono direttamente dalla strada esistente. Il trasferimento del feretro alla zona di cremazione avviene, tramite la “Porta del passaggio”, percorrendo l’unico collegamento coperto previsto fra la nuova Sala e l’esistente crematorio. In termini architettonici, la nuova Sala viene risolta con un intervento ipogeo artificiale, per focalizzare l’attenzione compositiva sulla qualità dello spazio interno, lasciando la percezione esterna del nuovo intervento percepibile come semplice modificazione del paesaggio. Il progetto si sviluppa dalla conformazione dello spazio interno che viene risolto con la primordiale scelta tipologica del “recinto” quadrato, spazio isotropo per eccellenza. Concettualmente la configurazione dello spazio interno nasce dalla previsione di quattro diedri pieni, con i vertici coincidenti coi vertici del quadrato di base. I diedri sono distanziati, creando così quattro varchi verso l’esterno, nelle quattro direzioni cardinali, aperti sul paesaggio. I varchi, contrapposti a due a due, vengono collegati in copertura da coppie di portali che si incrociano al centro, determinando la posizione di un foro quadrato in copertura, che rappresenta la quinta apertura sull’esterno, ma in posizione zenitale. Il ricorso figurativo a forme archetipiche primordiali garantisce una “atemporalità” dell’intervento, garanzia di lunga durata, ma soprattutto di totale flessibilità negli usi e nelle interpretazioni che dello spazio interno potranno essere dati. La stessa atemporalità viene perseguita tramite la assoluta “tettonicità” della scelta progettuale, in cui l’espressività viene data dalla sola tecnica costruttiva della struttura portante. Il materiale è uno solo, il calcestruzzo armato gettato in opera, di colore grigio naturale, visibile nei muri pieni, nelle travi e solette di copertura, nei muri esterni di contenimento delle scarpate. La spazialità interna nelle ore diurne viene drammatizzata in maniera mutevole, continua e inaspettata dalle proiezioni di luce esterna provenienti dalle quattro aperture sul paesaggio circostante e dal lucernario zenitale centrale. Pure quando è necessario il ricorso alla luce artificiale, la particolare disposizione radente dei corpi illuminanti enfatizza ulteriormente tale spazialità. All'esterno si ha una sorta di architettura negata, dove solo il paesaggio campestre si modifica per coprire e proteggere la nuova Sala, assumendo una forma troncopiramidale in virtù delle quattro scarpate determinate dalla forma quadrata del manufatto da coprire.

Identità dell'Architettura Italiana n.18 / Alberto Manfredini, Andrea Manfredini, Giovanni Manfredini. - STAMPA. - (2020), pp. 96-97.

Identità dell'Architettura Italiana n.18

Alberto Manfredini;
2020

Abstract

Sala del Commiato nel Cimitero di Coviolo, Reggio Emilia La soluzione nasce prevedendo la Sala del Commiato come struttura dotata di autonomia funzionale rispetto all'esistente complesso crematorio. L’ingresso e l’uscita del feretro e dei partecipanti alla cerimonia avvengono direttamente dalla strada esistente. Il trasferimento del feretro alla zona di cremazione avviene, tramite la “Porta del passaggio”, percorrendo l’unico collegamento coperto previsto fra la nuova Sala e l’esistente crematorio. In termini architettonici, la nuova Sala viene risolta con un intervento ipogeo artificiale, per focalizzare l’attenzione compositiva sulla qualità dello spazio interno, lasciando la percezione esterna del nuovo intervento percepibile come semplice modificazione del paesaggio. Il progetto si sviluppa dalla conformazione dello spazio interno che viene risolto con la primordiale scelta tipologica del “recinto” quadrato, spazio isotropo per eccellenza. Concettualmente la configurazione dello spazio interno nasce dalla previsione di quattro diedri pieni, con i vertici coincidenti coi vertici del quadrato di base. I diedri sono distanziati, creando così quattro varchi verso l’esterno, nelle quattro direzioni cardinali, aperti sul paesaggio. I varchi, contrapposti a due a due, vengono collegati in copertura da coppie di portali che si incrociano al centro, determinando la posizione di un foro quadrato in copertura, che rappresenta la quinta apertura sull’esterno, ma in posizione zenitale. Il ricorso figurativo a forme archetipiche primordiali garantisce una “atemporalità” dell’intervento, garanzia di lunga durata, ma soprattutto di totale flessibilità negli usi e nelle interpretazioni che dello spazio interno potranno essere dati. La stessa atemporalità viene perseguita tramite la assoluta “tettonicità” della scelta progettuale, in cui l’espressività viene data dalla sola tecnica costruttiva della struttura portante. Il materiale è uno solo, il calcestruzzo armato gettato in opera, di colore grigio naturale, visibile nei muri pieni, nelle travi e solette di copertura, nei muri esterni di contenimento delle scarpate. La spazialità interna nelle ore diurne viene drammatizzata in maniera mutevole, continua e inaspettata dalle proiezioni di luce esterna provenienti dalle quattro aperture sul paesaggio circostante e dal lucernario zenitale centrale. Pure quando è necessario il ricorso alla luce artificiale, la particolare disposizione radente dei corpi illuminanti enfatizza ulteriormente tale spazialità. All'esterno si ha una sorta di architettura negata, dove solo il paesaggio campestre si modifica per coprire e proteggere la nuova Sala, assumendo una forma troncopiramidale in virtù delle quattro scarpate determinate dalla forma quadrata del manufatto da coprire.
2020
978-88-8103-950-0
Identità Architettura Italiana
96
97
Alberto Manfredini, Andrea Manfredini, Giovanni Manfredini
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