Il saggio prende in esame i momenti in cui le assemblee cittadine dell’Italia bassomedievale si interrogavano sull’opportunità o meno di ricorrere alla mediazione dello scritto per comunicare verso l’esterno: facendo ricorso, cioè, alla scrittura epistolare. Il passaggio dall’oralità alla scrittura rappresenta un momento di forte selezione dell’informazione. Se accettiamo l’interpretazione di Luhmann del potere come medium selettivo, l’impiego della scrittura nella comunicazione politica dovrebbe tradursi nella netta definizione dei rapporti di potere. Tale definizione – appunto netta – è tuttavia influenzata (e lo era nel Medioevo a maggior ragione) da convenzioni letterarie o gerarchie tradizionali, e non sempre coincide con la realtà di fatto. D’altra parte la fissazione nello scritto della comunicazione può essere intesa come mezzo di legittimazione. In questo gioco delle parti attorno alle lettere le autorità tradizionali e nominali – nel Medioevo, impero e papato in primis – hanno tutto da guadagnare. Al contrario le autorità emergenti, e meno consacrate dalla tradizione – come quelle comunali dell’Italia centro-settentrionale e le istituzioni politiche urbane dei regni italiani – hanno molto da perdere. La comunicazione orale, promossa nelle città del Medioevo tramite nunzi e ambasciatori, poteva meglio adattarsi a una realtà mutevole e tramutarsi dunque in una più efficace negoziazione. Invece la comunicazione epistolare, ribadendo il più delle volte posizioni tradizionali, poteva essere strumentalmente impiegata dalle autorità superiori per stabilire a loro volta una solida base per la negoziazione stessa. Risulta pertanto istruttivo osservare le circostanze nelle quali i regimi di varie città italiane tra il secolo XIII e il XV scelsero (o furono obbligati a scegliere) di inviare lettere piuttosto che ambasciatori o nunzi. La scelta rappresentava una questione politica di importanza non secondaria, anche per i poteri superiori. Talora essi scelsero di inviare rappresentanti nei consigli piuttosto che inviare lettere. Naturalmente le circostanze e gli oggetti delle relazioni fra gli attori in campo incidevano su queste scelte, delle quali si forniranno alcuni esempi per mettere in luce le strategie politiche dei soggetti coinvolti. I casi di studio saranno volutamente distanti nel tempo e nello spazio, con il duplice obiettivo di rimarcare la lunga durata di certi fenomeni che si verificavano in contesti paragonabili e di superare il confine storiografico e culturale fra le due Italie, quella comunale e quella monarchica, per guardare al mondo urbano come ambito di condivisione di esperienze, pur senza negare le differenze. I casi in questione sono quelli di San Gimignano, castrum toscano per il quale si conservano i più antichi registri di deliberazioni consiliari (anni 1230), e di L’Aquila, anch’essa città precoce nella fissazione in registro degli atti delle assemblee, benché due secoli dopo le città comunali (dal 1467). Per la prima comunità, si approfondiranno le scelte comunicative riguardanti il vescovo di Volterra, che era il signore di San Gimignano. Per la seconda, si indagherà la relazione fra produzione epistolare e comunicazione orale in relazione alla corte regia, essendo L’Aquila una città direttamente dipendente dalla monarchia. Per entrambe, si valuterà l’entità del ricorso al medium epistolare e a quello orale, in relazione ai temi trattati e ai soggetti con cui si intratteneva il rapporto, nonché i fattori e le argomentazioni decisive a sostegno dell’una o dell’altra scelta. Alla luce di questi approfondimenti, si proporranno alcune considerazioni provvisorie, allo scopo di aprire la strada a una più ampia riflessione sui mezzi di comunicazione delle assemblee cittadine italiane, attraverso un’ampia comparazione che si estenda alle città europee.

Fiat bona responsio. La communication épistolaire et les conseils des villes italiennes (San Gimignano et L’Aquila, XIIIe-XVe siècle) / E. Faini, P. Terenzi. - STAMPA. - (2021), pp. 115-125.

Fiat bona responsio. La communication épistolaire et les conseils des villes italiennes (San Gimignano et L’Aquila, XIIIe-XVe siècle)

E. Faini;P. Terenzi
2021

Abstract

Il saggio prende in esame i momenti in cui le assemblee cittadine dell’Italia bassomedievale si interrogavano sull’opportunità o meno di ricorrere alla mediazione dello scritto per comunicare verso l’esterno: facendo ricorso, cioè, alla scrittura epistolare. Il passaggio dall’oralità alla scrittura rappresenta un momento di forte selezione dell’informazione. Se accettiamo l’interpretazione di Luhmann del potere come medium selettivo, l’impiego della scrittura nella comunicazione politica dovrebbe tradursi nella netta definizione dei rapporti di potere. Tale definizione – appunto netta – è tuttavia influenzata (e lo era nel Medioevo a maggior ragione) da convenzioni letterarie o gerarchie tradizionali, e non sempre coincide con la realtà di fatto. D’altra parte la fissazione nello scritto della comunicazione può essere intesa come mezzo di legittimazione. In questo gioco delle parti attorno alle lettere le autorità tradizionali e nominali – nel Medioevo, impero e papato in primis – hanno tutto da guadagnare. Al contrario le autorità emergenti, e meno consacrate dalla tradizione – come quelle comunali dell’Italia centro-settentrionale e le istituzioni politiche urbane dei regni italiani – hanno molto da perdere. La comunicazione orale, promossa nelle città del Medioevo tramite nunzi e ambasciatori, poteva meglio adattarsi a una realtà mutevole e tramutarsi dunque in una più efficace negoziazione. Invece la comunicazione epistolare, ribadendo il più delle volte posizioni tradizionali, poteva essere strumentalmente impiegata dalle autorità superiori per stabilire a loro volta una solida base per la negoziazione stessa. Risulta pertanto istruttivo osservare le circostanze nelle quali i regimi di varie città italiane tra il secolo XIII e il XV scelsero (o furono obbligati a scegliere) di inviare lettere piuttosto che ambasciatori o nunzi. La scelta rappresentava una questione politica di importanza non secondaria, anche per i poteri superiori. Talora essi scelsero di inviare rappresentanti nei consigli piuttosto che inviare lettere. Naturalmente le circostanze e gli oggetti delle relazioni fra gli attori in campo incidevano su queste scelte, delle quali si forniranno alcuni esempi per mettere in luce le strategie politiche dei soggetti coinvolti. I casi di studio saranno volutamente distanti nel tempo e nello spazio, con il duplice obiettivo di rimarcare la lunga durata di certi fenomeni che si verificavano in contesti paragonabili e di superare il confine storiografico e culturale fra le due Italie, quella comunale e quella monarchica, per guardare al mondo urbano come ambito di condivisione di esperienze, pur senza negare le differenze. I casi in questione sono quelli di San Gimignano, castrum toscano per il quale si conservano i più antichi registri di deliberazioni consiliari (anni 1230), e di L’Aquila, anch’essa città precoce nella fissazione in registro degli atti delle assemblee, benché due secoli dopo le città comunali (dal 1467). Per la prima comunità, si approfondiranno le scelte comunicative riguardanti il vescovo di Volterra, che era il signore di San Gimignano. Per la seconda, si indagherà la relazione fra produzione epistolare e comunicazione orale in relazione alla corte regia, essendo L’Aquila una città direttamente dipendente dalla monarchia. Per entrambe, si valuterà l’entità del ricorso al medium epistolare e a quello orale, in relazione ai temi trattati e ai soggetti con cui si intratteneva il rapporto, nonché i fattori e le argomentazioni decisive a sostegno dell’una o dell’altra scelta. Alla luce di questi approfondimenti, si proporranno alcune considerazioni provvisorie, allo scopo di aprire la strada a una più ampia riflessione sui mezzi di comunicazione delle assemblee cittadine italiane, attraverso un’ampia comparazione che si estenda alle città europee.
2021
9791032003176
La voix des assemblées. Quelle démocratie urbaine au travers des registres de délibérations? Méditerranée-Europe, XIIIe-XVIIIe siècles
115
125
E. Faini, P. Terenzi
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