Il 1° febbraio del 1936 al teatro alla Scala di Milano si assiste alla prima assoluta de” L’amore delle tre melarance”, «azione coreografica in nove quadri» di Michail Fokin, su libretto di Renato Simoni dall’omonima fiaba di Carlo Gozzi, musiche di Giulio Cesare Sonzogno, scenografie di Nicholas Benois, costumi e supervisione dell’allestimento di Luigi Sapelli (Caramba), la direzione dell’orchestra affidata a Giuseppe Antonicelli. Un evento che si pone come un chiaro segnale del tentativo di rinnovamento della tradizione ballettistica del Teatro alla Scala, grazie alla linea perseguita da molti dei suoi ballerini, coreografi e direttori. L'allestimento dell'opera inedita di Fokin riporta l'avanguardia dei Ballets Russes sulle scene italiane e apre il repertorio scaligero a nuove prospettive. Un evento clamoroso, per la produzione nel ventennio fascista, troppo presto dimenticato e poco studiato, ma che fu determinante per l'innesco di un nuovo modo di intendere il balletto all'interno della produzione del maggiore teatro italiano. Il saggio offre un'analisi dettagliata di una delle produzioni più significative di Fokin, evidenziando il suo ruolo nel panorama del balletto del XX secolo e il suo approccio unico all'adattamento delle fiabe per la scena coreutica. Si analizzano approfonditamente la drammaturgia del balletto e le innovazioni apportate da Fokin, evidenziando come il coreografo abbia rielaborato la fiaba di Carlo Gozzi per adattarla a una forma di balletto moderno, integrando elementi innovativi rispetto alla tradizione classica, portando avanti le istanze di modernizzazione che aveva già esplorato con i Ballets Russes di Sergei Diaghilev. A differenza della struttura frammentata dei balletti tradizionali, dove le danze e i numeri coreutici sono spesso separati da momenti di pantomima o narrazione, Fokin sviluppa una coreografia in cui il movimento è continuo e fluido, eliminando la rigida alternanza tra danza e pantomima, che risultano così integrate in un'unica tessitura drammatica. La narrazione viene così traslata dalla parola al movimento, mantenendo una coerenza narrativa che si affida interamente alla danza e all'espressività corporea, allontanandosi dal virtuosismo tecnico fine a se stesso e privilegiando una danza che comunichi significati più profondi e coinvolga lo spettatore a livello emotivo. La scenografia e i costumi di Nicholas Benois e Caramba sono parte integrante della drammaturgia, contribuendo a creare un mondo visivo coerente che supporta e amplifica la narrazione coreografica. Tutti questi elementi concorrono a iscrivere questa creazione fra le pietre miliari nel panorama del balletto moderno.

Michail Fokin e “L’amore delle tre melarance” (1936) / PAGNINI CATERINA. - STAMPA. - (2021), pp. 225-240.

Michail Fokin e “L’amore delle tre melarance” (1936)

PAGNINI CATERINA
2021

Abstract

Il 1° febbraio del 1936 al teatro alla Scala di Milano si assiste alla prima assoluta de” L’amore delle tre melarance”, «azione coreografica in nove quadri» di Michail Fokin, su libretto di Renato Simoni dall’omonima fiaba di Carlo Gozzi, musiche di Giulio Cesare Sonzogno, scenografie di Nicholas Benois, costumi e supervisione dell’allestimento di Luigi Sapelli (Caramba), la direzione dell’orchestra affidata a Giuseppe Antonicelli. Un evento che si pone come un chiaro segnale del tentativo di rinnovamento della tradizione ballettistica del Teatro alla Scala, grazie alla linea perseguita da molti dei suoi ballerini, coreografi e direttori. L'allestimento dell'opera inedita di Fokin riporta l'avanguardia dei Ballets Russes sulle scene italiane e apre il repertorio scaligero a nuove prospettive. Un evento clamoroso, per la produzione nel ventennio fascista, troppo presto dimenticato e poco studiato, ma che fu determinante per l'innesco di un nuovo modo di intendere il balletto all'interno della produzione del maggiore teatro italiano. Il saggio offre un'analisi dettagliata di una delle produzioni più significative di Fokin, evidenziando il suo ruolo nel panorama del balletto del XX secolo e il suo approccio unico all'adattamento delle fiabe per la scena coreutica. Si analizzano approfonditamente la drammaturgia del balletto e le innovazioni apportate da Fokin, evidenziando come il coreografo abbia rielaborato la fiaba di Carlo Gozzi per adattarla a una forma di balletto moderno, integrando elementi innovativi rispetto alla tradizione classica, portando avanti le istanze di modernizzazione che aveva già esplorato con i Ballets Russes di Sergei Diaghilev. A differenza della struttura frammentata dei balletti tradizionali, dove le danze e i numeri coreutici sono spesso separati da momenti di pantomima o narrazione, Fokin sviluppa una coreografia in cui il movimento è continuo e fluido, eliminando la rigida alternanza tra danza e pantomima, che risultano così integrate in un'unica tessitura drammatica. La narrazione viene così traslata dalla parola al movimento, mantenendo una coerenza narrativa che si affida interamente alla danza e all'espressività corporea, allontanandosi dal virtuosismo tecnico fine a se stesso e privilegiando una danza che comunichi significati più profondi e coinvolga lo spettatore a livello emotivo. La scenografia e i costumi di Nicholas Benois e Caramba sono parte integrante della drammaturgia, contribuendo a creare un mondo visivo coerente che supporta e amplifica la narrazione coreografica. Tutti questi elementi concorrono a iscrivere questa creazione fra le pietre miliari nel panorama del balletto moderno.
2021
978-88-32066-55-5
Futuro retrospettivo: conservatorismo e innovazione nell’opera di Carlo Gozzi
225
240
PAGNINI CATERINA
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