Raggiungere il cuore delle cose per dirne la verità. Questo è sempre stato l’intimo scopo della filosofia. In età moderna, questo afflato fondativo ha dato vita ad una tradizione che, da Cartesio a Husserl, ha ridotto il soggetto ad una pura istanza formale, elaborando così un’egoità trascendentale incompromessa col mondo e perciò ritenuta capace di penetrare le cose stesse mostrandone l’essenza. A questa tradizione, tuttavia, se n’è opposta un’altra – una tradizione che usando un’espressione cara a Deleuze e Guattari potremmo definire minore – tesa a mostrare che «dietro le cose c’è “tutt’altra cosa”: non il loro segreto essenziale e senza data, ma il segreto che sono senza essenza, o che la loro essenza fu costruita pezzo per pezzo a partire da figure che le erano estranee». Una tradizione che, per dirla con le parole di Nietzsche, ha visto «dietro ogni caverna, una caverna ancor più profonda – un mondo più vasto, più strano, più ricco al di sopra di una superficie, un abisso sotto ogni fondo, sotto ogni “fondazione”». Ciò su cui vorrei porre l’accento in queste pagine non è tanto l’irriducibile e vicendevole estraniarsi di queste tradizioni, quanto il luogo dove queste e altre si scindono inesorabilmente, e cioè a livello del corpo, ossia di quel luogo che – indipendentemente dal nostro posizionamento teoretico – siamo costretti ad abitare.
Etica della percezione: Bergson e l’immagine-corpo / Andrea Nicolini. - STAMPA. - (2020), pp. 43-52.
Etica della percezione: Bergson e l’immagine-corpo
Andrea Nicolini
2020
Abstract
Raggiungere il cuore delle cose per dirne la verità. Questo è sempre stato l’intimo scopo della filosofia. In età moderna, questo afflato fondativo ha dato vita ad una tradizione che, da Cartesio a Husserl, ha ridotto il soggetto ad una pura istanza formale, elaborando così un’egoità trascendentale incompromessa col mondo e perciò ritenuta capace di penetrare le cose stesse mostrandone l’essenza. A questa tradizione, tuttavia, se n’è opposta un’altra – una tradizione che usando un’espressione cara a Deleuze e Guattari potremmo definire minore – tesa a mostrare che «dietro le cose c’è “tutt’altra cosa”: non il loro segreto essenziale e senza data, ma il segreto che sono senza essenza, o che la loro essenza fu costruita pezzo per pezzo a partire da figure che le erano estranee». Una tradizione che, per dirla con le parole di Nietzsche, ha visto «dietro ogni caverna, una caverna ancor più profonda – un mondo più vasto, più strano, più ricco al di sopra di una superficie, un abisso sotto ogni fondo, sotto ogni “fondazione”». Ciò su cui vorrei porre l’accento in queste pagine non è tanto l’irriducibile e vicendevole estraniarsi di queste tradizioni, quanto il luogo dove queste e altre si scindono inesorabilmente, e cioè a livello del corpo, ossia di quel luogo che – indipendentemente dal nostro posizionamento teoretico – siamo costretti ad abitare.File | Dimensione | Formato | |
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