La testa-ritratto femminile non finita è stata rinvenuta il 19 dicembre 2020 a Roma, in via di Villa Bonelli n.21, nel corso dello scavo condotto da Maria Cristina Grossi per conto della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma. Il manufatto di marmo è venuto in luce in uno strato di pavimentazione dell’antica via Campana, l’ultimo in ordine di tempo, costituito da ghiaia grossolana mista a materiali ormai in disuso, tra cui alcune schegge di marmo, al fine di rialzare e livellare il piano della carreggiata datato, a seguito delle indagini, al IV-V secolo d.C. La testa è rotta in maniera irregolare nella parte inferiore; una maggiore porzione del collo è conservata sul lato destro; si osserva un’ampia rottura sulla sommità della calotta; anche la parte anteriore del naso è spezzata. Sulla base dell’esame autoptico del materiale, il manufatto è realizzato in marmo proconnesio. La particolarità che colpisce è che si tratta di un’opera solo sbozzata, la cui lavorazione non è stata portata a compimento. La testa dalla via Campana dà indicazioni limitate sulla datazione, dal momento che l’esecuzione del ritratto è rimasta non finita sia nel volto sia nella capigliatura. Rimangono però alcuni dettagli, pur solo abbozzati, che consentono di avanzare un’ipotesi di datazione: in particolare alcuni dettagli afferenti all’acconciatura. Al di sotto del lobo dell’orecchio i capelli erano ripiegati e condotti all’indietro. Il particolare delle orecchie scoperte induce a una collocazione del ritratto nella media età dei Severi, poiché richiama la pettinatura portata da Iulia Avita Mamaea, madre di Severo Alessandro, imperatore dal 222 al 235 d.C., e imitata dalle donne del suo tempo. Le dimensioni al naturale, la qualità del marmo, le modalità di esecuzione, la forma del collo, le asimmetrie evidenti nel volto inducono ad attribuire la testa-ritratto a una defunta semidistesa su un coperchio a forma di kline pertinente a un sarcofago di grandi dimensioni. La qualità del marmo proconnesio è determinante per la ricostruzione del tipo di manufatto cui in origine doveva essere pertinente la testa rinvenuta nella via Campana: un sarcofago di grandi dimensioni con il coperchio conformato a kline, importato a Roma dall’isola di Proconneso in uno stato ‘semilavorato’ o ‘prefabbricato’. Conosciamo un gruppo di sarcofagi datati tra il III e gli inizi del IV secolo accomunati da queste caratteristiche – il materiale, le dimensioni, la forma del coperchio, la prima lavorazione in cava –, che dovevano essere finiti di scolpire in un’officina di Roma, in base alle richieste del committente. Dobbiamo immaginarci un destinatario sufficientemente facoltoso da ‘ordinare’ un sarcofago monumentale di questo tipo. Sarcofagi in marmo proconnesio con questo tipo particolare di coperchio a kline risultano esportati dall’isola di Proconneso a Roma ma anche in altre località del Mediterraneo, come mostrano gli esemplari rinvenuti a Hermione, in Argolide, o in Dalmatia, dove si prediligeva un tipo di coperchio ‘ibrido’ tra la forma a kline e quella a tetto con acroteri. Nel caso in questione, non possiamo sapere come fosse eseguita la cassa: il coperchio a kline dei sarcofagi in marmo proconnesio si può trovare associato sia a casse del tipo a colonne sia a casse a fregio continuo. Non possiamo sapere se il coperchio cui apparteneva fu effettivamente utilizzato e deposto in un sepolcro, in uno stadio ancora corrispondente a quello sbozzato in cava, insieme alla cassa verosimilmente finita di scolpire a Roma, o se per qualche motivo rimase abbandonato in un’officina o in un magazzino di marmi. Quello che possiamo ricostruire è che in età tardoantica la testa, ormai staccata (deliberatamente?) dal coperchio, fu utilizzata insieme ad altri pezzi informi di marmo come materiale di riempimento per la pavimentazione della via Campana.

Una testa-ritratto femminile non finita dalla via Campana / Laura Buccino. - STAMPA. - (2023), pp. 113-123.

Una testa-ritratto femminile non finita dalla via Campana

Laura Buccino
2023

Abstract

La testa-ritratto femminile non finita è stata rinvenuta il 19 dicembre 2020 a Roma, in via di Villa Bonelli n.21, nel corso dello scavo condotto da Maria Cristina Grossi per conto della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma. Il manufatto di marmo è venuto in luce in uno strato di pavimentazione dell’antica via Campana, l’ultimo in ordine di tempo, costituito da ghiaia grossolana mista a materiali ormai in disuso, tra cui alcune schegge di marmo, al fine di rialzare e livellare il piano della carreggiata datato, a seguito delle indagini, al IV-V secolo d.C. La testa è rotta in maniera irregolare nella parte inferiore; una maggiore porzione del collo è conservata sul lato destro; si osserva un’ampia rottura sulla sommità della calotta; anche la parte anteriore del naso è spezzata. Sulla base dell’esame autoptico del materiale, il manufatto è realizzato in marmo proconnesio. La particolarità che colpisce è che si tratta di un’opera solo sbozzata, la cui lavorazione non è stata portata a compimento. La testa dalla via Campana dà indicazioni limitate sulla datazione, dal momento che l’esecuzione del ritratto è rimasta non finita sia nel volto sia nella capigliatura. Rimangono però alcuni dettagli, pur solo abbozzati, che consentono di avanzare un’ipotesi di datazione: in particolare alcuni dettagli afferenti all’acconciatura. Al di sotto del lobo dell’orecchio i capelli erano ripiegati e condotti all’indietro. Il particolare delle orecchie scoperte induce a una collocazione del ritratto nella media età dei Severi, poiché richiama la pettinatura portata da Iulia Avita Mamaea, madre di Severo Alessandro, imperatore dal 222 al 235 d.C., e imitata dalle donne del suo tempo. Le dimensioni al naturale, la qualità del marmo, le modalità di esecuzione, la forma del collo, le asimmetrie evidenti nel volto inducono ad attribuire la testa-ritratto a una defunta semidistesa su un coperchio a forma di kline pertinente a un sarcofago di grandi dimensioni. La qualità del marmo proconnesio è determinante per la ricostruzione del tipo di manufatto cui in origine doveva essere pertinente la testa rinvenuta nella via Campana: un sarcofago di grandi dimensioni con il coperchio conformato a kline, importato a Roma dall’isola di Proconneso in uno stato ‘semilavorato’ o ‘prefabbricato’. Conosciamo un gruppo di sarcofagi datati tra il III e gli inizi del IV secolo accomunati da queste caratteristiche – il materiale, le dimensioni, la forma del coperchio, la prima lavorazione in cava –, che dovevano essere finiti di scolpire in un’officina di Roma, in base alle richieste del committente. Dobbiamo immaginarci un destinatario sufficientemente facoltoso da ‘ordinare’ un sarcofago monumentale di questo tipo. Sarcofagi in marmo proconnesio con questo tipo particolare di coperchio a kline risultano esportati dall’isola di Proconneso a Roma ma anche in altre località del Mediterraneo, come mostrano gli esemplari rinvenuti a Hermione, in Argolide, o in Dalmatia, dove si prediligeva un tipo di coperchio ‘ibrido’ tra la forma a kline e quella a tetto con acroteri. Nel caso in questione, non possiamo sapere come fosse eseguita la cassa: il coperchio a kline dei sarcofagi in marmo proconnesio si può trovare associato sia a casse del tipo a colonne sia a casse a fregio continuo. Non possiamo sapere se il coperchio cui apparteneva fu effettivamente utilizzato e deposto in un sepolcro, in uno stadio ancora corrispondente a quello sbozzato in cava, insieme alla cassa verosimilmente finita di scolpire a Roma, o se per qualche motivo rimase abbandonato in un’officina o in un magazzino di marmi. Quello che possiamo ricostruire è che in età tardoantica la testa, ormai staccata (deliberatamente?) dal coperchio, fu utilizzata insieme ad altri pezzi informi di marmo come materiale di riempimento per la pavimentazione della via Campana.
2023
978-88-6687-248-1
Tre storie dalla via Campana
113
123
Laura Buccino
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1307301
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