Il volume indaga il corpus delle circa cento tavole disegnate da Leonardo Savioli nei primi anni Quaranta sull’ambizioso tema della Città Ideale. Il punto di partenza è la distruzione della città reale a causa della Seconda guerra mondiale e dei suoi bombardamenti, che spinse allora tanto Savioli quanto il suo collega Leonardo Ricci e il loro comune maestro Giovanni Michelucci a guardare insieme verso il futuro con una rinnovata speranza. Savioli continuerà a lavorare per tutta la vita a questo ciclo di disegni, prodotti, come scrive Barontini, «ad un ritmo frenetico e spontaneo, che spesso spaventano lo stesso autore, il quale vi legge, come in uno specchio, le proprie paure e il riflesso del proprio stato fisico e mentale». Una ricerca carsica, che si è nutrita nel corso del tempo del confronto con i maestri internazionali – soprattutto il Le Corbusier di Chandigarh – e del dialogo quotidiano con gli amici architetti e storici dell’arte, da Lara Vinca Masini fino agli allievi, gran parte dei quali formeranno lo storico gruppo dei radicali fiorentini. In queste tavole, in cui Savioli immagina le possibili quanto virtuali declinazioni di Firenze, «proprio per l’intrinseca attività dell’intuizione spaziale profonda – secondo Argan – il segno architettonico nasce come segno urbanistico. Non è l’urbanistica che si fa architettura, ma l’architettura che, nel suo farsi tale, si fa urbanistica». Manuel Orazi
Città Ideale / Luca Barontini. - STAMPA. - (2023), pp. 87-100.
Città Ideale
Luca Barontini
2023
Abstract
Il volume indaga il corpus delle circa cento tavole disegnate da Leonardo Savioli nei primi anni Quaranta sull’ambizioso tema della Città Ideale. Il punto di partenza è la distruzione della città reale a causa della Seconda guerra mondiale e dei suoi bombardamenti, che spinse allora tanto Savioli quanto il suo collega Leonardo Ricci e il loro comune maestro Giovanni Michelucci a guardare insieme verso il futuro con una rinnovata speranza. Savioli continuerà a lavorare per tutta la vita a questo ciclo di disegni, prodotti, come scrive Barontini, «ad un ritmo frenetico e spontaneo, che spesso spaventano lo stesso autore, il quale vi legge, come in uno specchio, le proprie paure e il riflesso del proprio stato fisico e mentale». Una ricerca carsica, che si è nutrita nel corso del tempo del confronto con i maestri internazionali – soprattutto il Le Corbusier di Chandigarh – e del dialogo quotidiano con gli amici architetti e storici dell’arte, da Lara Vinca Masini fino agli allievi, gran parte dei quali formeranno lo storico gruppo dei radicali fiorentini. In queste tavole, in cui Savioli immagina le possibili quanto virtuali declinazioni di Firenze, «proprio per l’intrinseca attività dell’intuizione spaziale profonda – secondo Argan – il segno architettonico nasce come segno urbanistico. Non è l’urbanistica che si fa architettura, ma l’architettura che, nel suo farsi tale, si fa urbanistica». Manuel OraziFile | Dimensione | Formato | |
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