Il saggio analizza la campagna antiborghese promossa dal regime fascista nel 1938-1939, con cui Mussolini identificò la borghesia come un nuovo nemico del fascismo. Considerata non solo una classe economica ma una mentalità refrattaria agli ideali del regime, la borghesia venne attaccata attraverso una massiccia propaganda che la dipingeva come simbolo di egoismo, individualismo e decadenza. La campagna si inseriva in un più ampio progetto di costruzione dell’“uomo nuovo fascista” e accompagnava misure come la riforma del costume e le leggi razziali. Strumenti di propaganda come Il Popolo d’Italia e Gerarchia diffondevano la retorica antiborghese, mentre mostre, vignette e cinegiornali ridicolizzavano il borghese, associandolo alla pigrizia e all’opportunismo. Il regime impose cambiamenti simbolici, come l’uso obbligatorio del “voi” al posto del “lei” e il passo romano nelle parate, per marcare una frattura con il passato. Nonostante l’intensità della campagna, il suo impatto fu limitato: il malcontento tra i ceti medi e l’ipocrisia dei gerarchi fascisti, spesso essi stessi inclini a uno stile di vita borghese, ne compromisero l’efficacia. Con l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, l’interesse per la questione diminuì, ma la retorica antiborghese riapparve nella Repubblica Sociale Italiana, con nuovi attacchi ai “profittatori di regime”.
La costruzione del nemico: la campagna antiborghese / Valeria Galimi. - STAMPA. - (2022), pp. 23-44.
La costruzione del nemico: la campagna antiborghese
Valeria Galimi
2022
Abstract
Il saggio analizza la campagna antiborghese promossa dal regime fascista nel 1938-1939, con cui Mussolini identificò la borghesia come un nuovo nemico del fascismo. Considerata non solo una classe economica ma una mentalità refrattaria agli ideali del regime, la borghesia venne attaccata attraverso una massiccia propaganda che la dipingeva come simbolo di egoismo, individualismo e decadenza. La campagna si inseriva in un più ampio progetto di costruzione dell’“uomo nuovo fascista” e accompagnava misure come la riforma del costume e le leggi razziali. Strumenti di propaganda come Il Popolo d’Italia e Gerarchia diffondevano la retorica antiborghese, mentre mostre, vignette e cinegiornali ridicolizzavano il borghese, associandolo alla pigrizia e all’opportunismo. Il regime impose cambiamenti simbolici, come l’uso obbligatorio del “voi” al posto del “lei” e il passo romano nelle parate, per marcare una frattura con il passato. Nonostante l’intensità della campagna, il suo impatto fu limitato: il malcontento tra i ceti medi e l’ipocrisia dei gerarchi fascisti, spesso essi stessi inclini a uno stile di vita borghese, ne compromisero l’efficacia. Con l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, l’interesse per la questione diminuì, ma la retorica antiborghese riapparve nella Repubblica Sociale Italiana, con nuovi attacchi ai “profittatori di regime”.File | Dimensione | Formato | |
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