Nella storia del boccaccismo rinascimentale il nome di Firenzuola non è tra i più altisonanti, ma i suoi incompiuti Ragionamenti (1523-1525) hanno il duplice merito di recuperare per primi la struttura con “cornice” di tradizione decameroniana e di intrattenere un originale rapporto di imitatio e ricreazione nei confronti del modello dichiarato. L’intervento, espressione di una ricerca dottorale ancora in corso, mira ad esaminare, grazie a una rosa di casi esemplari, le modalità di ricezione del capolavoro di Boccaccio, muovendosi tra acquisizioni della critica e nuovi sondaggi: se, infatti, è usus dell’abate fiorentino ricorrere alla citazione diretta di loci del Decameron, puntando sull’agnizione culturale da parte dei suoi lettori – un modus agendi interessante anche per la definizione del proprio pubblico, giocoforza considerato colto e abituato alla frequentazione dell’opera –, è possibile, al tempo stesso, rintracciare un più sottile livello di lettura attraverso riferimenti meno immediati. L’autore, infatti, impiega diverse “strategie di recupero” letterario: può richiamare il modello per condensare passaggi altrimenti più estesi, come accade, per esempio, nella presentazione dell’ameno giardino, in cui coesistono i tre horti della “cornice” decameroniana; può, altresì, suggerire egli stesso piste di lettura delle novelle, come nei più celebri casi di Rag. I 1 e I 4, in cui l’esplicito rinvio agli episodi del conte d’Anguersa, Alibech e monna Belcolore attiva la memoria letteraria del lettore e ne indirizza la comprensione; in altri casi, invece, i rimandi possono essere sottaciuti e intersecarsi fra loro, quasi come secondo un processo di contaminatio, nella stessa novella (è il caso di Rag. II 5, i cui ipotesti sono Dec. I 4, III 1, IX 2); può, ancora, elevare Boccaccio ad auctoritas linguistica e citare il Decameron per discussioni lessicali, ma anche instaurare con esso un rapporto (apparentemente?) polemico in sede proemiale. In nessun caso si tratta di pedissequa imitazione ed anzi il Certaldese diviene uno degli ingredienti narrativi per la costruzione di un’opera con una propria originalità, cui vengono così offerte delle occasioni di partenza, tuttavia fregiate di nuovi decori e dotate di diverso sviluppo e differente epilogo, a testimonianza della fiorente fortuna di Boccaccio nel Cinquecento anche al di là del chirurgico resecare operato da Bembo e della sua coabitazione con le istanze della cultura coeva allo stesso Firenzuola, che tenta qui di fornire una sintesi tra passato e presente, ma anche tra generi diversi.
Strategie allusive tra i «Ragionamenti» del Firenzuola e il «Decameron» / Alessandro Privitera. - ELETTRONICO. - (2024), pp. 121-136.
Strategie allusive tra i «Ragionamenti» del Firenzuola e il «Decameron»
Alessandro Privitera
2024
Abstract
Nella storia del boccaccismo rinascimentale il nome di Firenzuola non è tra i più altisonanti, ma i suoi incompiuti Ragionamenti (1523-1525) hanno il duplice merito di recuperare per primi la struttura con “cornice” di tradizione decameroniana e di intrattenere un originale rapporto di imitatio e ricreazione nei confronti del modello dichiarato. L’intervento, espressione di una ricerca dottorale ancora in corso, mira ad esaminare, grazie a una rosa di casi esemplari, le modalità di ricezione del capolavoro di Boccaccio, muovendosi tra acquisizioni della critica e nuovi sondaggi: se, infatti, è usus dell’abate fiorentino ricorrere alla citazione diretta di loci del Decameron, puntando sull’agnizione culturale da parte dei suoi lettori – un modus agendi interessante anche per la definizione del proprio pubblico, giocoforza considerato colto e abituato alla frequentazione dell’opera –, è possibile, al tempo stesso, rintracciare un più sottile livello di lettura attraverso riferimenti meno immediati. L’autore, infatti, impiega diverse “strategie di recupero” letterario: può richiamare il modello per condensare passaggi altrimenti più estesi, come accade, per esempio, nella presentazione dell’ameno giardino, in cui coesistono i tre horti della “cornice” decameroniana; può, altresì, suggerire egli stesso piste di lettura delle novelle, come nei più celebri casi di Rag. I 1 e I 4, in cui l’esplicito rinvio agli episodi del conte d’Anguersa, Alibech e monna Belcolore attiva la memoria letteraria del lettore e ne indirizza la comprensione; in altri casi, invece, i rimandi possono essere sottaciuti e intersecarsi fra loro, quasi come secondo un processo di contaminatio, nella stessa novella (è il caso di Rag. II 5, i cui ipotesti sono Dec. I 4, III 1, IX 2); può, ancora, elevare Boccaccio ad auctoritas linguistica e citare il Decameron per discussioni lessicali, ma anche instaurare con esso un rapporto (apparentemente?) polemico in sede proemiale. In nessun caso si tratta di pedissequa imitazione ed anzi il Certaldese diviene uno degli ingredienti narrativi per la costruzione di un’opera con una propria originalità, cui vengono così offerte delle occasioni di partenza, tuttavia fregiate di nuovi decori e dotate di diverso sviluppo e differente epilogo, a testimonianza della fiorente fortuna di Boccaccio nel Cinquecento anche al di là del chirurgico resecare operato da Bembo e della sua coabitazione con le istanze della cultura coeva allo stesso Firenzuola, che tenta qui di fornire una sintesi tra passato e presente, ma anche tra generi diversi.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.