Un approccio comparato alla storia delle due guerre mondiali dal punto di vista dei rapporti tra donne e sindacato: questo il tema di una ricerca il cui risultato appare in contrasto con gli accenti più consolidati dell’autorappresentazione del movimento operaio (spesso riproposti dalla storiografia), tesi a offrire una versione tendenzialmente conciliatoria dei conflitti di genere tipici dei contesti bellici. Ciò che in realtà suggerisce un’analisi critica delle fonti è nel complesso il delinearsi di un rapporto inversamente proporzionale tra protagonismo delle donne e incisività delle strategie sindacali. In tempo di guerra, quando le organizzazioni dei lavoratori si trovano le mani legate, in altre parole, risulta evidente come le donne guadagnino posizioni significative sul piano dell’occupazione come del trattamento salariale. Quando invece le strutture sindacali si rafforzano, dopo la fine del conflitto, non solo la contrattazione in fabbrica si orienta verso una rivalutazione dei livelli retributivi delle maestranze più qualificate (maschili), ma sia il livello occupazionale (in conseguenza della politica di reinserimento dei reduci) che gli indici della partecipazione e della combattività femminili subiscono un crollo improvviso. Come era accaduto agli inizi del 900, le donne – oggetto di un’intensa campagna denigratoria da parte degli organi di stampa - scompariranno quindi dalle lotte di fabbrica del ’19-’20, così come dai tavoli delle trattative confederali del 1945, a dispetto della costante esibizione, nel secondo dopoguerra, della parola d’ordine della parità salariale, il cui significato (già periodicamente affiorato nel linguaggio sindacale a scopi espulsivi) merita in realtà un’attenta decodifica.

TRA GUERRE E DOPOGUERRA :DONNE E UOMINI NEL MOVIMENTO OPERAIO / M. CASALINI. - STAMPA. - (2008), pp. 45-94.

TRA GUERRE E DOPOGUERRA :DONNE E UOMINI NEL MOVIMENTO OPERAIO

CASALINI, MARIA
2008

Abstract

Un approccio comparato alla storia delle due guerre mondiali dal punto di vista dei rapporti tra donne e sindacato: questo il tema di una ricerca il cui risultato appare in contrasto con gli accenti più consolidati dell’autorappresentazione del movimento operaio (spesso riproposti dalla storiografia), tesi a offrire una versione tendenzialmente conciliatoria dei conflitti di genere tipici dei contesti bellici. Ciò che in realtà suggerisce un’analisi critica delle fonti è nel complesso il delinearsi di un rapporto inversamente proporzionale tra protagonismo delle donne e incisività delle strategie sindacali. In tempo di guerra, quando le organizzazioni dei lavoratori si trovano le mani legate, in altre parole, risulta evidente come le donne guadagnino posizioni significative sul piano dell’occupazione come del trattamento salariale. Quando invece le strutture sindacali si rafforzano, dopo la fine del conflitto, non solo la contrattazione in fabbrica si orienta verso una rivalutazione dei livelli retributivi delle maestranze più qualificate (maschili), ma sia il livello occupazionale (in conseguenza della politica di reinserimento dei reduci) che gli indici della partecipazione e della combattività femminili subiscono un crollo improvviso. Come era accaduto agli inizi del 900, le donne – oggetto di un’intensa campagna denigratoria da parte degli organi di stampa - scompariranno quindi dalle lotte di fabbrica del ’19-’20, così come dai tavoli delle trattative confederali del 1945, a dispetto della costante esibizione, nel secondo dopoguerra, della parola d’ordine della parità salariale, il cui significato (già periodicamente affiorato nel linguaggio sindacale a scopi espulsivi) merita in realtà un’attenta decodifica.
2008
9788823012486
Mondi femminili. Cento anni di sindacato
45
94
M. CASALINI
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