Il rapporto tra moda e progetto di design e di architettura è consolidato da tempo: sono noti i disegni di abiti di architetti del primo Novecento, da Hoffmann a Van de Velde, da Moser a Riemerschmid, da Behrens a Wright. Negli anni tra le due guerre numerosi furono numerosi gli artisti e designer ad occuparsi di moda, da Paul Iribe a Leon Bakst, da Schlemmer a Paul Poiret, da Mariano Fortuny a Raul Dufy. Ma se negli anni aurorali del Movimento Moderno l’interesse per la moda era sostenuto dall’istanza del Gesamtkunstwerk, l’arte-in-tutto, man mano che il design andava perdendo il connotato etico e didascalico e la civiltà dei consumi decretava una accelerata obsolescenza dei prodotti, il confine tra design e moda diveniva sempre più labile. A partire dagli anni Sessanta del XX secolo, gli stilisti vedono legittimata la loro invasione nel campo del disegno industriale, favoriti dal valore attribuito dai consumatori al brand. Simmetricamente design e architettura inseguono pervicacemente il «sempre nuovo», la spettacolarizzazione, la surprise. Al logos dei maestri del Movimento Moderno si è andato via via sostituendo il pathos, la valenza emotiva, e poi l’ethos, ossia l’accreditamento dell’immagine del progetto legata alla trasgressività e alla personalità dell’ideatore. Stilismo e design, e anche l’architettura, obbediscono ormai alla stessa legge, quella del mercato, perseguendo un comune obiettivo: la ricerca del consenso e, dunque, il successo commerciale.
Fashion & design: la-cultura-del-successo / A.D'Auria. - STAMPA. - (2006), pp. 103-114.
Fashion & design: la-cultura-del-successo
D'AURIA, ANTONIO
2006
Abstract
Il rapporto tra moda e progetto di design e di architettura è consolidato da tempo: sono noti i disegni di abiti di architetti del primo Novecento, da Hoffmann a Van de Velde, da Moser a Riemerschmid, da Behrens a Wright. Negli anni tra le due guerre numerosi furono numerosi gli artisti e designer ad occuparsi di moda, da Paul Iribe a Leon Bakst, da Schlemmer a Paul Poiret, da Mariano Fortuny a Raul Dufy. Ma se negli anni aurorali del Movimento Moderno l’interesse per la moda era sostenuto dall’istanza del Gesamtkunstwerk, l’arte-in-tutto, man mano che il design andava perdendo il connotato etico e didascalico e la civiltà dei consumi decretava una accelerata obsolescenza dei prodotti, il confine tra design e moda diveniva sempre più labile. A partire dagli anni Sessanta del XX secolo, gli stilisti vedono legittimata la loro invasione nel campo del disegno industriale, favoriti dal valore attribuito dai consumatori al brand. Simmetricamente design e architettura inseguono pervicacemente il «sempre nuovo», la spettacolarizzazione, la surprise. Al logos dei maestri del Movimento Moderno si è andato via via sostituendo il pathos, la valenza emotiva, e poi l’ethos, ossia l’accreditamento dell’immagine del progetto legata alla trasgressività e alla personalità dell’ideatore. Stilismo e design, e anche l’architettura, obbediscono ormai alla stessa legge, quella del mercato, perseguendo un comune obiettivo: la ricerca del consenso e, dunque, il successo commerciale.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
D'AURIA Fashion&design.pdf
Accesso chiuso
Tipologia:
Versione finale referata (Postprint, Accepted manuscript)
Licenza:
Tutti i diritti riservati
Dimensione
3.61 MB
Formato
Adobe PDF
|
3.61 MB | Adobe PDF | Richiedi una copia |
I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.