Gli antichi Statuti di Scutari sono tramandati da un unico testimone custodito a Venezia presso la Biblioteca del Museo Correr (Correr 295), risalente probabilmente agli inizi del secolo XVI. La stesura del blocco principale è antecedente al 1346, anno della solenne incoronazione di Stefan Dušan come imperatore: “Zar ed autocrate dei serbi e dei greci”. Il 26 gennaio 1479 il trattato fra la repubblica di Venezia e il sultano Maometto II prevede la cessione di alcuni territori, fra i quali la stessa Scutari, sotto il controllo veneziano fino dal 1396. Nell’occasione Venezia riconosce il sultanato, ma riesce a conservare quasi per intero i possedimenti e le prerogative commerciali dell’area. Fra le conseguenze, una migrazione anche verso Venezia, dove già si era consolidata una presenza albanese: basti ricordare la scuola degli albanesi, in Campo Santo Stefano, istituita nel 1442, che presenta sulla facciata il bassorilievo cinquecentesco della difesa della città dall’assedio di Maometto II del 1474. La decisione di riprodurre il testo dall’originale, andato perduto, sarà nata in questo ambiente. Esecutore materiale un Marinus Dulcichius, di cui non si conosce altro, nemmeno se sia stata sua l’iniziativa o abbia egli concretizzato una decisione altrui. Certamente ormai l’interesse giuridico era venuto meno, e quelli filologico e storico erano di là da venire. Ma si trattava sempre di un monumento (in senso etimologico: monēre ‘ricordare, ammonire’) a una gloria trascorsa ma non remota. Questo legittimava l’operazione, accostabile in tal senso al bassorilievo della scuola di Campo Santo Stefano. Il testimone unico, ricavato, secondo quanto dichiarato dall’estensore, direttamente dall’originale, appare allestito con cura estetica e molto ben conservato, compatibilmente con il tempo trascorso: segno probabilmente più che di amorevole attenzione del fatto che sarà stato ben poco sfogliato (non molti che non fossero scutarini esiliati avranno avuto interesse a farlo).Alcuni errori confermano su basi filologiche quel che è evidente, e che si ricava anche da quanto scrive Marino Dulcich, cioè che il nostro testimone unico non può essere l’originale. La lingua sarà quella dell’originale o sarà dovuta al copista? Marino Dulcich (difficilmente erudito e non certo filologo), probabilmente di origini slave e veneziano di adozione, non avrà avuto un sistema linguistico tanto diverso da quello del suo antigrafo, che poteva essere, fatto probabile, o almeno possibile, l’originale, o per meglio dire uno dei due originali (difficile pensare a un’ampia trasmissione di un testo di questo genere). Non c’è quindi motivo di imputare a lui, e non all’antigrafo, la veste linguistica. Veste linguistica che doveva per forza fare i conti con quel che è stato chiamato veneto coloniale, ossia la lingua su base veneziana diffusasi nel mediterraneo a seguito dell’espansione dell’influenza della repubblica. Si tratta del contributo al Convegno internazionale "Albanie, Traduzione Tradizione, La traduzione dalle varianti linguistiche alle varianti culturali", tenutosi a Scutari il 5-6 giugno 2008. Gli atti sono a cura di Augusta Brettoni

Codici legislativi e codici linguistici: gli antichi Statuti di Scutari / A. Morino. - STAMPA. - (2009), pp. 249-257.

Codici legislativi e codici linguistici: gli antichi Statuti di Scutari

MORINO, ALBERTO
2009

Abstract

Gli antichi Statuti di Scutari sono tramandati da un unico testimone custodito a Venezia presso la Biblioteca del Museo Correr (Correr 295), risalente probabilmente agli inizi del secolo XVI. La stesura del blocco principale è antecedente al 1346, anno della solenne incoronazione di Stefan Dušan come imperatore: “Zar ed autocrate dei serbi e dei greci”. Il 26 gennaio 1479 il trattato fra la repubblica di Venezia e il sultano Maometto II prevede la cessione di alcuni territori, fra i quali la stessa Scutari, sotto il controllo veneziano fino dal 1396. Nell’occasione Venezia riconosce il sultanato, ma riesce a conservare quasi per intero i possedimenti e le prerogative commerciali dell’area. Fra le conseguenze, una migrazione anche verso Venezia, dove già si era consolidata una presenza albanese: basti ricordare la scuola degli albanesi, in Campo Santo Stefano, istituita nel 1442, che presenta sulla facciata il bassorilievo cinquecentesco della difesa della città dall’assedio di Maometto II del 1474. La decisione di riprodurre il testo dall’originale, andato perduto, sarà nata in questo ambiente. Esecutore materiale un Marinus Dulcichius, di cui non si conosce altro, nemmeno se sia stata sua l’iniziativa o abbia egli concretizzato una decisione altrui. Certamente ormai l’interesse giuridico era venuto meno, e quelli filologico e storico erano di là da venire. Ma si trattava sempre di un monumento (in senso etimologico: monēre ‘ricordare, ammonire’) a una gloria trascorsa ma non remota. Questo legittimava l’operazione, accostabile in tal senso al bassorilievo della scuola di Campo Santo Stefano. Il testimone unico, ricavato, secondo quanto dichiarato dall’estensore, direttamente dall’originale, appare allestito con cura estetica e molto ben conservato, compatibilmente con il tempo trascorso: segno probabilmente più che di amorevole attenzione del fatto che sarà stato ben poco sfogliato (non molti che non fossero scutarini esiliati avranno avuto interesse a farlo).Alcuni errori confermano su basi filologiche quel che è evidente, e che si ricava anche da quanto scrive Marino Dulcich, cioè che il nostro testimone unico non può essere l’originale. La lingua sarà quella dell’originale o sarà dovuta al copista? Marino Dulcich (difficilmente erudito e non certo filologo), probabilmente di origini slave e veneziano di adozione, non avrà avuto un sistema linguistico tanto diverso da quello del suo antigrafo, che poteva essere, fatto probabile, o almeno possibile, l’originale, o per meglio dire uno dei due originali (difficile pensare a un’ampia trasmissione di un testo di questo genere). Non c’è quindi motivo di imputare a lui, e non all’antigrafo, la veste linguistica. Veste linguistica che doveva per forza fare i conti con quel che è stato chiamato veneto coloniale, ossia la lingua su base veneziana diffusasi nel mediterraneo a seguito dell’espansione dell’influenza della repubblica. Si tratta del contributo al Convegno internazionale "Albanie, Traduzione Tradizione, La traduzione dalle varianti linguistiche alle varianti culturali", tenutosi a Scutari il 5-6 giugno 2008. Gli atti sono a cura di Augusta Brettoni
2009
9788878704312
Albanie, Traduzione Tradizione, La traduzione dalle varianti linguistiche alle varianti culturali
249
257
A. Morino
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