La ricerca mira a verificare la fondatezza di un assunto che Alexander Nogrady avanza nella sua monografia sui libri penalistici del De officio proconsulis di Ulpiano, secondo cui la lex Iulia de vi avrebbe esteso la provocatio al di là del suo ambito applicativo originario e cioè anche nei confronti del cittadino accusato, ma non ancora condannato. Le fonti, tuttavia, non lasciano dubbi sul fatto che la provocatio ad populum abbia avuto per tutta l’età repubblicana e agli inizi del principato il carattere di mezzo di difesa contro la coercitio magistratuale. Riesce difficile immaginare il motivo per cui Augusto avrebbe dovuto introdurre nella lex Iulia de vi un’ipotesi “anomala” di provocatio, né sembra probante, come sostiene Nogrady, l’«appello» dell’apostolo Paolo all’imperatore Nerone, perché, come ho cercato di dimostrare in un mio precedente lavoro, esso trova il suo fondamento nell’«èkkleton dikàzein». Il testo di Meciano concerne, con ogni probabilità, il caso di un qualunque soggetto che, per impedire al cittadino di recarsi a Roma in tempo utile per difendersi in giudizio, lo trattiene con la forza. L’ipotesi richiamata da Meciano rientrava quindi tra le disposizioni della legge augustea a tutela del regolare svolgimento dei processi e costituiva quindi un efficace deterrente nei confronti di chi volesse ostacolare la tutela giudiziaria dell’accusato.
MAEC. D. 48.6.8 e la provocatio / M. Ravizza. - STAMPA. - (2009), pp. 331-342.
MAEC. D. 48.6.8 e la provocatio
RAVIZZA, MARIANGELA
2009
Abstract
La ricerca mira a verificare la fondatezza di un assunto che Alexander Nogrady avanza nella sua monografia sui libri penalistici del De officio proconsulis di Ulpiano, secondo cui la lex Iulia de vi avrebbe esteso la provocatio al di là del suo ambito applicativo originario e cioè anche nei confronti del cittadino accusato, ma non ancora condannato. Le fonti, tuttavia, non lasciano dubbi sul fatto che la provocatio ad populum abbia avuto per tutta l’età repubblicana e agli inizi del principato il carattere di mezzo di difesa contro la coercitio magistratuale. Riesce difficile immaginare il motivo per cui Augusto avrebbe dovuto introdurre nella lex Iulia de vi un’ipotesi “anomala” di provocatio, né sembra probante, come sostiene Nogrady, l’«appello» dell’apostolo Paolo all’imperatore Nerone, perché, come ho cercato di dimostrare in un mio precedente lavoro, esso trova il suo fondamento nell’«èkkleton dikàzein». Il testo di Meciano concerne, con ogni probabilità, il caso di un qualunque soggetto che, per impedire al cittadino di recarsi a Roma in tempo utile per difendersi in giudizio, lo trattiene con la forza. L’ipotesi richiamata da Meciano rientrava quindi tra le disposizioni della legge augustea a tutela del regolare svolgimento dei processi e costituiva quindi un efficace deterrente nei confronti di chi volesse ostacolare la tutela giudiziaria dell’accusato.File | Dimensione | Formato | |
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