Avvocati e potere. Dalla Comunita' di Firenze all'unificazione

Nella cornice di una ricerca sul rapporto tra professionisti e città di Firenze dalla nascita della Comunità (1781) alla caduta del fascismo, il saggio è dedicato al rapporto tra gli avvocati e la municipalità nel periodo compreso tra l'affidamento a Pietro Leopoldo del Granducato di Toscana (1765) e l'unità d'Italia. Secondo una prospettiva diacronica, segnata da alcune cesure storico-poltiiche rilevanti - il periodo leopoldino, quello francese, la Restaurazione - vengono esaminati i rapporti di alcune figure professionali (assessore, difensore comunitativo, variamente denominato) che intrecciano con l'amministrazione locale e con quella statale alcuni rapporti di lavoro per garantire il disbrigo delle più svariate questioni legali di interesse pubblico. In un quadro segnato, soprattutto dopo il 1814, da un lato dalla progressiva professionalizzazione delle funzioni legali (Collegio degli avvocati toscani) e dalla politicizzazione del ceto giuridico (e dal suo coinvolgimento nel processo risorgimentale) e dall'altro da un processo di ristrutturazione e ammodernamento della città (sede alla Comunità e capitale granducale), l'amministrazione locale affida la gestione degli affari - e delle vertenze - legali in cui è a vario titolo coinvolta a professionisti più o meno affermati. Lo scavo della ricca documentazione, inedita, conservata presso l'archivio storico del Comune di Firenze consente di delineare un aspetto rilevante del rapporto tra potere politico ed "esperti", facendo emergere la tendenza - decenni prima della nascita dell'ufficio degli Affari legali del Comune (1897) - ad affidare la gestione di rilevanti uffici pubblici a esterni, in virtù della loro competenza e contiguità con il potere politico.