Il consumo di territorio nell’ultimo decennio ha assunto proporzioni preoccupanti e una estensione devastante. Pur in presenza di un sensibile calo demografico della popolazione italiana negli ultimi vent’anni, il nostro Paese ha perseguito una urbanizzazione ampia, rapida e violenta. La questione in Sicilia è anche più grave. Le aree destinate a edilizia privata, le zone artigianali, commerciali e industriali con relativi svincoli e rotonde si sono moltiplicate ed hanno fatto da traino a nuove grandi opere infrastrutturali (autostrade, tangenziali, alta velocità, ecc.). Soltan-to negli ultimi 15 anni circa migliaia di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati. Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza. La sua cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione, né sulla qualità della vita dei cittadini. Questa crescita senza limiti considera il territorio una risorsa inesauribile. La sua tutela e salvaguardia risultano subordinate ad interessi finanziari sovente speculativi: un circolo vizioso che - se non interrotto - continuerà a portare al collasso intere zone e regioni urbane. Un meccanismo deleterio che permette la svendi-ta di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo, per finanziare i servizi pubblici ai cittadini (monetizzazione del territorio). Tutto ciò porta da una parte allo svuotamento di molti centri antichi e dall’altra all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, che significano - a loro volta - nuove domande di servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti. Dando vita a quella che si può definire la “città continua”. Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi tro-viamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima: una “conurbazione” ormai completa per molte aree del paese. Ma i legislatori e gli amministratori possono fare scelte di-verse, seguire strade alternative? Sì!
Sampieri: i danni ambientali dei bisogni superflui / Pasquale Bellia. - STAMPA. - (2009), pp. 163-194.
Sampieri: i danni ambientali dei bisogni superflui
BELLIA, PASQUALE
2009
Abstract
Il consumo di territorio nell’ultimo decennio ha assunto proporzioni preoccupanti e una estensione devastante. Pur in presenza di un sensibile calo demografico della popolazione italiana negli ultimi vent’anni, il nostro Paese ha perseguito una urbanizzazione ampia, rapida e violenta. La questione in Sicilia è anche più grave. Le aree destinate a edilizia privata, le zone artigianali, commerciali e industriali con relativi svincoli e rotonde si sono moltiplicate ed hanno fatto da traino a nuove grandi opere infrastrutturali (autostrade, tangenziali, alta velocità, ecc.). Soltan-to negli ultimi 15 anni circa migliaia di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati. Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza. La sua cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione, né sulla qualità della vita dei cittadini. Questa crescita senza limiti considera il territorio una risorsa inesauribile. La sua tutela e salvaguardia risultano subordinate ad interessi finanziari sovente speculativi: un circolo vizioso che - se non interrotto - continuerà a portare al collasso intere zone e regioni urbane. Un meccanismo deleterio che permette la svendi-ta di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo, per finanziare i servizi pubblici ai cittadini (monetizzazione del territorio). Tutto ciò porta da una parte allo svuotamento di molti centri antichi e dall’altra all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, che significano - a loro volta - nuove domande di servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti. Dando vita a quella che si può definire la “città continua”. Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi tro-viamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima: una “conurbazione” ormai completa per molte aree del paese. Ma i legislatori e gli amministratori possono fare scelte di-verse, seguire strade alternative? Sì!File | Dimensione | Formato | |
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