La peste nera e le epidemie della seconda metà del Trecento ebbero almeno un effetto positivo nel riequilibrio del rapporto tra popolazione e risorse. Sia pure in modo non uniforme, la ripresa economica fu rapidamente visibile in diverse aree del continente. Ciò accadde soprattutto in quelle realtà sociali in cui i mercanti avevano saputo emanciparsi dal condizionamento feudale e dalle pressioni centralizzatrici delle monarchie. Proprio a partire dalla fine del Trecento le attività mercantili e finanziarie cominciarono ad assumere caratteristiche di maggiore modernità; sostenute dalla graduale crescita e diversificazione della produzione manifatturiera, esse connotarono il Quattrocento di significativi processi di integrazione economica e culturale. Cominciò a venir meno quell’isolamento delle regioni d’Europa, aree separate non dalle frontiere politiche ma dalle condizioni materiali e culturali. Se tra ‘300 e ‘400 si ridussero le differenze zone più e meno sviluppate; all’inizio del ‘500 la civiltà europea appariva completamente diversa; incomparabilmente ricca di conoscenze, aveva raggiunto un altissimo potenziale economico e tecnologico. Francesco Datini, Jacob Fugger e Simon Ruiz rappresentano le figure di mercanti e banchieri che accompagnarono l’Europa verso quelle nuove dimensioni. Il saggio esamina i molteplici e complessi fattori che consentirono ai mercanti banchieri fiorentini e toscani di mantenere un ruolo di primo piano, sia per la quantità degli scambi e delle operazioni bancarie e finanziare svolte, che per la forte influenza tecnica e culturale. Fin dal XIII secolo Firenze, come molte città della Toscana, era stata caratterizzata da un progressivo aumento degli addetti al commercio, alle attività artigianali e ai servizi. All’interno di quei ceti vi era la tendenza a non spendere immediatamente la ricchezza prodotta e le somme erano reinvestite in attività lucrose. Simile atteggiamento si rafforzò dopo la peste nera. I commerci e l’industria, pensavano i toscani, assicuravano una ricchezza lecita perché conseguita attraverso il lavoro e gli investimenti. Vi fu di più. Tra gli operatori economici agì una virtuosa combinazione di tre elementi: la propensione alla innovazione, la capacità di applicarla a tutti gli aspetti delle attività sociali e la diffusione del clima e dei livelli culturali indotti dall’Umanesimo e dal Rinascimento. I meccanismi di innovazione e di diversificazione dei prodotti, nelle attività manifatturiere, erano dovuti al diffuso affinamento del gusto estetico e al desiderio di conseguire maggiori guadagni; nel settore commerciale agirono le innovazioni indotte dagli stimoli dei manager e da una diffusa conoscenza di strumenti applicativi matematico-finanziari e contabili.
De Francesco di Marco Datini (1335-1410) a Jacob Fugger (1459-1525): la funcion de los mercaderes y banqueros toscanos en la economia europea / G. Nigro. - STAMPA. - (2009), pp. 21-41.
De Francesco di Marco Datini (1335-1410) a Jacob Fugger (1459-1525): la funcion de los mercaderes y banqueros toscanos en la economia europea
NIGRO, GIAMPIERO
2009
Abstract
La peste nera e le epidemie della seconda metà del Trecento ebbero almeno un effetto positivo nel riequilibrio del rapporto tra popolazione e risorse. Sia pure in modo non uniforme, la ripresa economica fu rapidamente visibile in diverse aree del continente. Ciò accadde soprattutto in quelle realtà sociali in cui i mercanti avevano saputo emanciparsi dal condizionamento feudale e dalle pressioni centralizzatrici delle monarchie. Proprio a partire dalla fine del Trecento le attività mercantili e finanziarie cominciarono ad assumere caratteristiche di maggiore modernità; sostenute dalla graduale crescita e diversificazione della produzione manifatturiera, esse connotarono il Quattrocento di significativi processi di integrazione economica e culturale. Cominciò a venir meno quell’isolamento delle regioni d’Europa, aree separate non dalle frontiere politiche ma dalle condizioni materiali e culturali. Se tra ‘300 e ‘400 si ridussero le differenze zone più e meno sviluppate; all’inizio del ‘500 la civiltà europea appariva completamente diversa; incomparabilmente ricca di conoscenze, aveva raggiunto un altissimo potenziale economico e tecnologico. Francesco Datini, Jacob Fugger e Simon Ruiz rappresentano le figure di mercanti e banchieri che accompagnarono l’Europa verso quelle nuove dimensioni. Il saggio esamina i molteplici e complessi fattori che consentirono ai mercanti banchieri fiorentini e toscani di mantenere un ruolo di primo piano, sia per la quantità degli scambi e delle operazioni bancarie e finanziare svolte, che per la forte influenza tecnica e culturale. Fin dal XIII secolo Firenze, come molte città della Toscana, era stata caratterizzata da un progressivo aumento degli addetti al commercio, alle attività artigianali e ai servizi. All’interno di quei ceti vi era la tendenza a non spendere immediatamente la ricchezza prodotta e le somme erano reinvestite in attività lucrose. Simile atteggiamento si rafforzò dopo la peste nera. I commerci e l’industria, pensavano i toscani, assicuravano una ricchezza lecita perché conseguita attraverso il lavoro e gli investimenti. Vi fu di più. Tra gli operatori economici agì una virtuosa combinazione di tre elementi: la propensione alla innovazione, la capacità di applicarla a tutti gli aspetti delle attività sociali e la diffusione del clima e dei livelli culturali indotti dall’Umanesimo e dal Rinascimento. I meccanismi di innovazione e di diversificazione dei prodotti, nelle attività manifatturiere, erano dovuti al diffuso affinamento del gusto estetico e al desiderio di conseguire maggiori guadagni; nel settore commerciale agirono le innovazioni indotte dagli stimoli dei manager e da una diffusa conoscenza di strumenti applicativi matematico-finanziari e contabili.File | Dimensione | Formato | |
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