Abstract: Lo studio in oggetto è esclusivamente rivolto alla poesia ortonima di Fernando Pessoa (1888-1935), il cui discorso poetico sembra dispiegarsi lungo i sentieri tortuosi di una insanabile dialettica tra “sentire” e “pensare”, tra sogno e pensiero (O que em mim sente, ‘stá pensando, quello che in me sente, sta pensando), che facendosi dicotomia e scissione nel teatro dell’essere, empie e pervade il testo ortonimo tutto. Questo, quale inamovibile e spesso velo, si pone come ostativo diaframma alla captazione del soggetto e alla sua (com)prensione, sfuggente com’è a qualsiasi definizione nell’irriducibilità degli opposti, che pur attraendosi si elidono vicendevolmente nella rappresentazione della verità in una testualità obliqua, diagonale che tracima verso il fingimento e inscena il gioco ammaliante e, al tempo stesso, sfuggente delle maschere e della differenza. Più di qualunque altro poeta portoghese coevo; ma, anche, più degli stessi eteronimi – che pure nascono e si pongono come maschera stessa – Pessoa, liu-stesso, l’ortonimo sembra perdersi nell’obliquità di un discorso testuale che si afferma, negando, nella sublimazione del principio di contraddizione. In tal modo, se da un lato riesce a sfuggire al pathos del sentimentalismo, dall’altro precipita nella palude melmosa e cupa della solitudine e del tedio dell’esistenza. Tuttavia il poeta, pur con un percorso tortuoso, colmo di slanci euforici e di prostrazioni scorate, continua a prestare udito al canto fallace delle illusioni ed è sempre sollecito a captare nostalgicamente le minime e infinitesime sensazioni, che affiorano dalle cose e che nel loro respiro traducono l’intimo e riposto spirito dell’universo. Giunge così a fare delle sensazioni, spalancando loro tutte le finestre della propria anima, in un cessante e caotico accumulo e di interiorizzazione intellettiva, uno strumento operoso e indeclinabile di un processo estetico di conoscenza: il fondamento stesso, attraverso un percorso estetico a fini epistemologici, nel quale investe la sua intera esistenza, della sua originalissima poetica.

"Occhi per sentire...Ragione per vedere". La conciliazione negata di sogno e raziocinio nella poesia ortonima di Fernando Pessoa / P.Ceccucci. - STAMPA. - (2009), pp. III-XXXVIII.

"Occhi per sentire...Ragione per vedere". La conciliazione negata di sogno e raziocinio nella poesia ortonima di Fernando Pessoa

CECCUCCI, PIERO
2009

Abstract

Abstract: Lo studio in oggetto è esclusivamente rivolto alla poesia ortonima di Fernando Pessoa (1888-1935), il cui discorso poetico sembra dispiegarsi lungo i sentieri tortuosi di una insanabile dialettica tra “sentire” e “pensare”, tra sogno e pensiero (O que em mim sente, ‘stá pensando, quello che in me sente, sta pensando), che facendosi dicotomia e scissione nel teatro dell’essere, empie e pervade il testo ortonimo tutto. Questo, quale inamovibile e spesso velo, si pone come ostativo diaframma alla captazione del soggetto e alla sua (com)prensione, sfuggente com’è a qualsiasi definizione nell’irriducibilità degli opposti, che pur attraendosi si elidono vicendevolmente nella rappresentazione della verità in una testualità obliqua, diagonale che tracima verso il fingimento e inscena il gioco ammaliante e, al tempo stesso, sfuggente delle maschere e della differenza. Più di qualunque altro poeta portoghese coevo; ma, anche, più degli stessi eteronimi – che pure nascono e si pongono come maschera stessa – Pessoa, liu-stesso, l’ortonimo sembra perdersi nell’obliquità di un discorso testuale che si afferma, negando, nella sublimazione del principio di contraddizione. In tal modo, se da un lato riesce a sfuggire al pathos del sentimentalismo, dall’altro precipita nella palude melmosa e cupa della solitudine e del tedio dell’esistenza. Tuttavia il poeta, pur con un percorso tortuoso, colmo di slanci euforici e di prostrazioni scorate, continua a prestare udito al canto fallace delle illusioni ed è sempre sollecito a captare nostalgicamente le minime e infinitesime sensazioni, che affiorano dalle cose e che nel loro respiro traducono l’intimo e riposto spirito dell’universo. Giunge così a fare delle sensazioni, spalancando loro tutte le finestre della propria anima, in un cessante e caotico accumulo e di interiorizzazione intellettiva, uno strumento operoso e indeclinabile di un processo estetico di conoscenza: il fondamento stesso, attraverso un percorso estetico a fini epistemologici, nel quale investe la sua intera esistenza, della sua originalissima poetica.
2009
9788817028820
Fernando Pessoa. Il mondo che non vedo. Poesie ortonime
III
XXXVIII
P.Ceccucci
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