Il tema dell’agricoltura paesaggistica, della qualità estetica connaturata all’attività agricola, conosce attualmente un rinnovato interesse. Il diffondersi del valore multifunzionale dell’agricoltura nel fornire servizi all’intera società - presidio ambientale, accoglienza sociale, vendita diretta, didattica, loisir, tutela dei manufatti storici, mantenimento della biodiversità, turismo – sottolineato da alcune leggi o politiche, come il Codice dei beni culturali e del Paesaggio, la Convenzione Europea del Paesaggio o la Politica Agricola Comunitaria (Pac), è solo l’ aspetto emergente di un processo in corso. Già da tempo, indipendentemente da leggi e incentivi o da fattori contingenti legati alla crisi economica,la presenza del turismo culturale ha portato molti imprenditori agricoli a prestare attenzione alla dimensione paesaggistica, consapevoli di quanto questo aspetto incidesse sul successo dalla loro attività. Non è certo la prima volta nella storia che si verifica questa attenzione. “Camminare contemplando il paesaggio è una delle più alte risoluzioni della via estetica sin dall’antichità. Filosofia, giardino, città e paesaggio sono alle origini della nostra civiltà e non solo della nostra” (MILANI 2001, 76). Già nell’antichità classica molti poeti e scrittori si erano occupati d’agricoltura, da Plinio il vecchio, a Columella, a Virgilio. Nel De Re Rustica Varrone descrive l’agricoltura anche in chiave estetica. L’agricoltura veniva elogiata per il piacere che poteva procurare e per i vantaggi ad essa collegati: i campi ordinati garantivano maggiori produzioni e il bel paesaggio accresceva il valore economico del fondo (VARRONE 1974, 593 e 603; ed. orig. I sec. A C). Da quando le società umane hanno consapevolezza di “abitare”un territorio, lo trasformano materialmente a partire dai canoni simbolici ed estetici che di volta in volta si formano, di modo che la sensibilità spirituale degli esseri umani ha sempre risuonato all’interno delle forme della terra. L’osservazione di un fiore, di un tramonto, di un campo coltivato, si è insinuata nel procedere della vita organizzata e produttiva di ogni società, anche di quella più semplice e meno incline alla riflessione. Emilio Sereni utilizza il termine “paesaggio agrario” anche per i territori rurali dell’antichità, proiettando nel passato un concetto allora inesistente per come si è definito nel corso dell’età moderna, accentuando gli aspetti sostantivi dell’azione sociale che travalicano la dimensione vedutistica del paesaggio. “Passare dai territori vissuti ai paesaggi significa mettere in atto una relazione visiva esprimibile con immagini o parole. Ogni società, ogni cultura, anche se non dispone di parole per dirlo e spesso nemmeno di immagini per mostrarlo, produce, quindi la “messa in paesaggio”del suo ambiente attraverso ragionamenti collettivi e individuali” (PÉRIGORD, DONADIEU 2012, 6). Tuttavia la genesi prettamente vedutistica e proiettiva, che ha dato vita al termine paesaggio e al suo significato nella modernità, ha avuto un’influenza marcata nella conformazione del cosiddetto “bel paesaggio ”, nel conferirgli un aspetto controllato e armonico. L’introduzione stessa del termine “paesaggio” indica qualcosa di diverso dal semplice foggiare e rifoggiare la terra. “Ogni contadino che muore porta con sé nella tomba il segreto del paesaggio nel quale è vissuto e che ha contribuito con le sue stesse mani a modellare”, scriveva Eugenio Turri (1998, 26). Quello che cambia con l’introduzione del termine paesaggio è la “consapevolezza” implicita in quella trasformazione. Dal Quattrocento in poi in Europa la cognizione del poter costruire esteticamente il proprio contesto di vita ha consentito di “osservare” con distacco. C’è bisogno di lontananza per vedere e progettare il paesaggio, in quell’allontanamento che porta il paesaggio dal vissuto al visto, dallo star curvo sulla terra al guardare dall’alto di una torre le profondità prospettiche, il rapporto figura-sfondo, le misure e l’armonia delle forme. Un esempio mirabile di geometrizzazione dello spazio è dato dal dipinto di Paolo Uccello conservato nel Musée Jacquemart-André di Parigi (c. 1439–1440). L’ordine, la geometria, l’armonia, gli elementi centrali del codice estetico classico trovano forma nello spazio proiettivo del dipinto, lo attraversano e lo animano(ACIDINI LUCHINAT 1996, 41-42). Non a caso la nozione di paesaggio si precisa assieme a quella di teatro (RAFFESTIN2005, 77), con tutto il suo portato di scenario, scenografia, scena. E ancora non è un caso se le raccolte di piante prospettiche, carte topografiche, immagini di città si siano chiamate in quel periodo Teatri. Paesaggi reali e paesaggi rappresentati sono entrati in stretta relazione, conferendo al territorio nuovo valore estetico in una dinamica di continuo interscambio. Il paesaggio è una costante riscrittura dei segni della Terra. Ogni periodo racconta di una metamorfosi. Attraverso la mediazione simbolica (BERQUE 1990)ogni gruppo sociale definisce la componente culturale e identitaria del paesaggio a cui si ancorano i termini dei valori paesaggistici locali (PEYRACHE-GADEAU, PERRON 2010).In particolari contesti come il Chianti si nota un continuo rimando fra rappresentazioni pittoriche, fotografiche e scorci reali di paesaggio. L’estesa produzione fotografica dei Fratelli Alinari“contribuisce a fissare nell’immaginario collettivo il vocabolario del bel paesaggio toscano, ricalcando figure e composizioni dei dipinti di Fattori, Signorini ed altri artisti “(GISOTTI2010, 183-185). Qui la dimensione estetica non è né aggiunta come pura cosmesi, né autonomizzata dal contesto reale, ma le è rimasta incardinata. Nel “paese-paesaggio la contemplazione non si rende autonoma bensì costituisce il presupposto di un agire pratico che esplora nuove direzioni nella costruzione del territorio” (BALDESCHI 2011, 19). L’estetica era cioè connaturata alla modalità di trasformazione del territorio, diveniva un“valore aggiunto” che lo impreziosiva di consistenza paesaggistica (POLI 2002). Il testo seguente è organizzato in tre paragrafi. Nel primo vengono esplorati i presupposti e le modalità che hanno consentito all’ agricoltura tradizionale di produrre, oltre agli alimenti, innumerevoli “sottoprodotti” (CROSTA 2007) fra cui quello più prezioso è il paesaggio; nel secondo parte viene descritta brevemente la fase della modernizzazione in cui si assiste ad una divaricazione fra produzione ed estetica. Infine nel terzo vengono delineati i caratteri di un progetto di territorio integrato per la produzione di una nuova agricoltura paesaggistica che ruota attorno a cinque assi principali: i) valorizzazione del paesaggio agrario come bene comune; ii) valorizzazione delle nuove territorialità, delle aree marginali, delle produzioni locali e di prossimità; iii) valorizzazione della relazione fra pianificazione regolative e attiva; iv) valorizzazione dell’immagine e dell’immaginario paesaggistico; v) valorizzazione di tecniche ed estetiche agroecopaesaggistiche.

Agricoltura paesaggistica: un arredo fittizio della campagna o un’opportunità di sviluppo per il mondo rurale in evoluzione? / D. Poli. - STAMPA. - (2013), pp. 1-31.

Agricoltura paesaggistica: un arredo fittizio della campagna o un’opportunità di sviluppo per il mondo rurale in evoluzione?

POLI, DANIELA
2013

Abstract

Il tema dell’agricoltura paesaggistica, della qualità estetica connaturata all’attività agricola, conosce attualmente un rinnovato interesse. Il diffondersi del valore multifunzionale dell’agricoltura nel fornire servizi all’intera società - presidio ambientale, accoglienza sociale, vendita diretta, didattica, loisir, tutela dei manufatti storici, mantenimento della biodiversità, turismo – sottolineato da alcune leggi o politiche, come il Codice dei beni culturali e del Paesaggio, la Convenzione Europea del Paesaggio o la Politica Agricola Comunitaria (Pac), è solo l’ aspetto emergente di un processo in corso. Già da tempo, indipendentemente da leggi e incentivi o da fattori contingenti legati alla crisi economica,la presenza del turismo culturale ha portato molti imprenditori agricoli a prestare attenzione alla dimensione paesaggistica, consapevoli di quanto questo aspetto incidesse sul successo dalla loro attività. Non è certo la prima volta nella storia che si verifica questa attenzione. “Camminare contemplando il paesaggio è una delle più alte risoluzioni della via estetica sin dall’antichità. Filosofia, giardino, città e paesaggio sono alle origini della nostra civiltà e non solo della nostra” (MILANI 2001, 76). Già nell’antichità classica molti poeti e scrittori si erano occupati d’agricoltura, da Plinio il vecchio, a Columella, a Virgilio. Nel De Re Rustica Varrone descrive l’agricoltura anche in chiave estetica. L’agricoltura veniva elogiata per il piacere che poteva procurare e per i vantaggi ad essa collegati: i campi ordinati garantivano maggiori produzioni e il bel paesaggio accresceva il valore economico del fondo (VARRONE 1974, 593 e 603; ed. orig. I sec. A C). Da quando le società umane hanno consapevolezza di “abitare”un territorio, lo trasformano materialmente a partire dai canoni simbolici ed estetici che di volta in volta si formano, di modo che la sensibilità spirituale degli esseri umani ha sempre risuonato all’interno delle forme della terra. L’osservazione di un fiore, di un tramonto, di un campo coltivato, si è insinuata nel procedere della vita organizzata e produttiva di ogni società, anche di quella più semplice e meno incline alla riflessione. Emilio Sereni utilizza il termine “paesaggio agrario” anche per i territori rurali dell’antichità, proiettando nel passato un concetto allora inesistente per come si è definito nel corso dell’età moderna, accentuando gli aspetti sostantivi dell’azione sociale che travalicano la dimensione vedutistica del paesaggio. “Passare dai territori vissuti ai paesaggi significa mettere in atto una relazione visiva esprimibile con immagini o parole. Ogni società, ogni cultura, anche se non dispone di parole per dirlo e spesso nemmeno di immagini per mostrarlo, produce, quindi la “messa in paesaggio”del suo ambiente attraverso ragionamenti collettivi e individuali” (PÉRIGORD, DONADIEU 2012, 6). Tuttavia la genesi prettamente vedutistica e proiettiva, che ha dato vita al termine paesaggio e al suo significato nella modernità, ha avuto un’influenza marcata nella conformazione del cosiddetto “bel paesaggio ”, nel conferirgli un aspetto controllato e armonico. L’introduzione stessa del termine “paesaggio” indica qualcosa di diverso dal semplice foggiare e rifoggiare la terra. “Ogni contadino che muore porta con sé nella tomba il segreto del paesaggio nel quale è vissuto e che ha contribuito con le sue stesse mani a modellare”, scriveva Eugenio Turri (1998, 26). Quello che cambia con l’introduzione del termine paesaggio è la “consapevolezza” implicita in quella trasformazione. Dal Quattrocento in poi in Europa la cognizione del poter costruire esteticamente il proprio contesto di vita ha consentito di “osservare” con distacco. C’è bisogno di lontananza per vedere e progettare il paesaggio, in quell’allontanamento che porta il paesaggio dal vissuto al visto, dallo star curvo sulla terra al guardare dall’alto di una torre le profondità prospettiche, il rapporto figura-sfondo, le misure e l’armonia delle forme. Un esempio mirabile di geometrizzazione dello spazio è dato dal dipinto di Paolo Uccello conservato nel Musée Jacquemart-André di Parigi (c. 1439–1440). L’ordine, la geometria, l’armonia, gli elementi centrali del codice estetico classico trovano forma nello spazio proiettivo del dipinto, lo attraversano e lo animano(ACIDINI LUCHINAT 1996, 41-42). Non a caso la nozione di paesaggio si precisa assieme a quella di teatro (RAFFESTIN2005, 77), con tutto il suo portato di scenario, scenografia, scena. E ancora non è un caso se le raccolte di piante prospettiche, carte topografiche, immagini di città si siano chiamate in quel periodo Teatri. Paesaggi reali e paesaggi rappresentati sono entrati in stretta relazione, conferendo al territorio nuovo valore estetico in una dinamica di continuo interscambio. Il paesaggio è una costante riscrittura dei segni della Terra. Ogni periodo racconta di una metamorfosi. Attraverso la mediazione simbolica (BERQUE 1990)ogni gruppo sociale definisce la componente culturale e identitaria del paesaggio a cui si ancorano i termini dei valori paesaggistici locali (PEYRACHE-GADEAU, PERRON 2010).In particolari contesti come il Chianti si nota un continuo rimando fra rappresentazioni pittoriche, fotografiche e scorci reali di paesaggio. L’estesa produzione fotografica dei Fratelli Alinari“contribuisce a fissare nell’immaginario collettivo il vocabolario del bel paesaggio toscano, ricalcando figure e composizioni dei dipinti di Fattori, Signorini ed altri artisti “(GISOTTI2010, 183-185). Qui la dimensione estetica non è né aggiunta come pura cosmesi, né autonomizzata dal contesto reale, ma le è rimasta incardinata. Nel “paese-paesaggio la contemplazione non si rende autonoma bensì costituisce il presupposto di un agire pratico che esplora nuove direzioni nella costruzione del territorio” (BALDESCHI 2011, 19). L’estetica era cioè connaturata alla modalità di trasformazione del territorio, diveniva un“valore aggiunto” che lo impreziosiva di consistenza paesaggistica (POLI 2002). Il testo seguente è organizzato in tre paragrafi. Nel primo vengono esplorati i presupposti e le modalità che hanno consentito all’ agricoltura tradizionale di produrre, oltre agli alimenti, innumerevoli “sottoprodotti” (CROSTA 2007) fra cui quello più prezioso è il paesaggio; nel secondo parte viene descritta brevemente la fase della modernizzazione in cui si assiste ad una divaricazione fra produzione ed estetica. Infine nel terzo vengono delineati i caratteri di un progetto di territorio integrato per la produzione di una nuova agricoltura paesaggistica che ruota attorno a cinque assi principali: i) valorizzazione del paesaggio agrario come bene comune; ii) valorizzazione delle nuove territorialità, delle aree marginali, delle produzioni locali e di prossimità; iii) valorizzazione della relazione fra pianificazione regolative e attiva; iv) valorizzazione dell’immagine e dell’immaginario paesaggistico; v) valorizzazione di tecniche ed estetiche agroecopaesaggistiche.
2013
9788866554363
9788866554370
Agricoltura paesaggistica
1
31
D. Poli
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