Prendendo atto delle ricerche storiografiche che hanno documentato i crimini commessi da organi dello Stato italiano durante la II guerra mondiale, l’articolo analizza il contenuto del Trattato di Pace di Parigi del 1947 fra l’Italia e le Potenze alleate ed Associate che prevedeva l’obbligo dell’Italia di pagare riparazioni (monetarie) per i danni di guerra per verificare se, per effetto di questo accordo, l’Italia abbia almeno formalmente adempiuto all’obbligo derivante dal diritto internazionale generale di riparare i crimini commessi durante la II guerra mondiale. L’autrice ritiene anzitutto che le suddette riparazioni non avessero la mera natura di sanzione comminata contro lo Stato che ha illecitamente ricorso alla forza armata, ma fossero anche riparazioni dovute in conseguenza della violazione, ad opera dell’Italia, di norme dello ius in bello. Inoltre, sulla base di un’interpretazione testuale del Trattato di Parigi l’autrice conclude anche che per effetto del suddetto Trattato l’Italia si è impegnata a riparare non soltanto i danni prodotti allo Stato aggredito in quanto tale durante la conduzione delle operazioni militari, ma anche i danni subiti dai cittadini degli Stati aggrediti. L’articolo mette successivamente in evidenza come il diritto internazionale dell’epoca non riconoscesse alle vittime la titolarità di un autonomo diritto al risarcimento del danno subito e si domanda se oggi le vittime di tali crimini o i loro familiari potrebbero far ricorso davanti a tribunali italiani per chiedere il risarcimento del danno subito. Risponde positivamente dimostrando che sempre più elementi della prassi e dell’opinio juris degli Stati concorrono a dimostrare che è in via di formazione una norma di diritto internazionale generale che riconosce un autonomo diritto della vittima alla riparazione. L’autrice, in conclusione, osserva che in Italia, così come in altri Stati, sono ancora forti le resistenze a riconoscere l’esistenza di un tale diritto nei casi di coinvolgimento degli organi dello Stato italiano, come ben dimostrato dall’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione in riferimento al caso Marković.
Fino a che punto l’Italia ha risarcito i danni alle vittime dei crimini di guerra commessi durante la II Guerra Mondiale? / Laura Magi. - STAMPA. - (2010), pp. 203-217.
Fino a che punto l’Italia ha risarcito i danni alle vittime dei crimini di guerra commessi durante la II Guerra Mondiale?
MAGI, LAURA
2010
Abstract
Prendendo atto delle ricerche storiografiche che hanno documentato i crimini commessi da organi dello Stato italiano durante la II guerra mondiale, l’articolo analizza il contenuto del Trattato di Pace di Parigi del 1947 fra l’Italia e le Potenze alleate ed Associate che prevedeva l’obbligo dell’Italia di pagare riparazioni (monetarie) per i danni di guerra per verificare se, per effetto di questo accordo, l’Italia abbia almeno formalmente adempiuto all’obbligo derivante dal diritto internazionale generale di riparare i crimini commessi durante la II guerra mondiale. L’autrice ritiene anzitutto che le suddette riparazioni non avessero la mera natura di sanzione comminata contro lo Stato che ha illecitamente ricorso alla forza armata, ma fossero anche riparazioni dovute in conseguenza della violazione, ad opera dell’Italia, di norme dello ius in bello. Inoltre, sulla base di un’interpretazione testuale del Trattato di Parigi l’autrice conclude anche che per effetto del suddetto Trattato l’Italia si è impegnata a riparare non soltanto i danni prodotti allo Stato aggredito in quanto tale durante la conduzione delle operazioni militari, ma anche i danni subiti dai cittadini degli Stati aggrediti. L’articolo mette successivamente in evidenza come il diritto internazionale dell’epoca non riconoscesse alle vittime la titolarità di un autonomo diritto al risarcimento del danno subito e si domanda se oggi le vittime di tali crimini o i loro familiari potrebbero far ricorso davanti a tribunali italiani per chiedere il risarcimento del danno subito. Risponde positivamente dimostrando che sempre più elementi della prassi e dell’opinio juris degli Stati concorrono a dimostrare che è in via di formazione una norma di diritto internazionale generale che riconosce un autonomo diritto della vittima alla riparazione. L’autrice, in conclusione, osserva che in Italia, così come in altri Stati, sono ancora forti le resistenze a riconoscere l’esistenza di un tale diritto nei casi di coinvolgimento degli organi dello Stato italiano, come ben dimostrato dall’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione in riferimento al caso Marković.File | Dimensione | Formato | |
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