Il Piano Nazionale degli interventi per la realizzazione di residenze destinate a studenti universitari costituisce il primo esempio nazionale di programma organico specificatamente mirato al superamento del rilevante gap esistente in Italia tra fabbisogno espresso dalla popolazione studentesca e dotazioni di posti alloggio presenti nelle diverse sedi universitarie. Tale gap diventa maggiormente critico se si compara la situazione italiana con quella degli altri paesi europei, evidenziando la scarsa attenzione posta nei confronti di un problema che penalizza fortemente la condizione di vita e di studio degli universitari, che disincentiva la mobilità studentesca e che –più degli altri- riduce l’attrattiva delle nostre università da parte degli studenti stranieri. La legge 338 del 2000 si è posta dunque il duplice obbiettivo di colmare il vuoto esistente, con prevedibile effetto indotto sulla calmierazione dei prezzi di mercato delle locazioni e, contemporaneamente, di valorizzare un'ampia dimensione del patrimonio pubblico disponibile per riconversioni di immobili e per riqualificazioni di contesti urbani a volte degradati e fonte di criticità sociale. Ad enfatizzare l’interesse dello Stato alla realizzazione di strutture di livello qualitativamente competitive rispetto a quelle degli altri paesi europei, ha contribuito notevolmente la scelta di assumere – contrariamente alle prassi ricorrenti in programmi di edilizia pubblica - standard normativi con valori prescrittivi minimi senza soglie massime. Apparentemente tale decisione avrebbe potuto generare dei progetti fortemente sovradimensionati nelle superfici e nelle dotazioni. Ma ciò non si è mai verificato per due precisi ordini di ragioni: la prima dovuta alla vincolata compartecipazione finanziaria dei soggetti beneficiari che hanno comunque teso a contenere la spesa del proprio apporto e la seconda, molto più importante, che ha evidenziato l’effetto di responsabilizzazione dei beneficiari sui costi di gestione delle strutture (a loro carico) e sul conseguente oneroso impatto delle superfici superflue. In buona sostanza, nei pochissimi casi in cui gli standard minimi sono stati legittimamente superati ciò è stato dovuto alla obbiettiva difficoltà di riconversione e/o recupero di immobili vincolati e poco resilienti rispetto alle necessarie trasformazioni necessarie per la loro rifunzionalizzazione.
L'innovazione di processo come strumento per promuovere la qualità delle opere / Romano Del Nord. - STAMPA. - (2014), pp. 17-27.
L'innovazione di processo come strumento per promuovere la qualità delle opere
DEL NORD, ROMANO
2014
Abstract
Il Piano Nazionale degli interventi per la realizzazione di residenze destinate a studenti universitari costituisce il primo esempio nazionale di programma organico specificatamente mirato al superamento del rilevante gap esistente in Italia tra fabbisogno espresso dalla popolazione studentesca e dotazioni di posti alloggio presenti nelle diverse sedi universitarie. Tale gap diventa maggiormente critico se si compara la situazione italiana con quella degli altri paesi europei, evidenziando la scarsa attenzione posta nei confronti di un problema che penalizza fortemente la condizione di vita e di studio degli universitari, che disincentiva la mobilità studentesca e che –più degli altri- riduce l’attrattiva delle nostre università da parte degli studenti stranieri. La legge 338 del 2000 si è posta dunque il duplice obbiettivo di colmare il vuoto esistente, con prevedibile effetto indotto sulla calmierazione dei prezzi di mercato delle locazioni e, contemporaneamente, di valorizzare un'ampia dimensione del patrimonio pubblico disponibile per riconversioni di immobili e per riqualificazioni di contesti urbani a volte degradati e fonte di criticità sociale. Ad enfatizzare l’interesse dello Stato alla realizzazione di strutture di livello qualitativamente competitive rispetto a quelle degli altri paesi europei, ha contribuito notevolmente la scelta di assumere – contrariamente alle prassi ricorrenti in programmi di edilizia pubblica - standard normativi con valori prescrittivi minimi senza soglie massime. Apparentemente tale decisione avrebbe potuto generare dei progetti fortemente sovradimensionati nelle superfici e nelle dotazioni. Ma ciò non si è mai verificato per due precisi ordini di ragioni: la prima dovuta alla vincolata compartecipazione finanziaria dei soggetti beneficiari che hanno comunque teso a contenere la spesa del proprio apporto e la seconda, molto più importante, che ha evidenziato l’effetto di responsabilizzazione dei beneficiari sui costi di gestione delle strutture (a loro carico) e sul conseguente oneroso impatto delle superfici superflue. In buona sostanza, nei pochissimi casi in cui gli standard minimi sono stati legittimamente superati ciò è stato dovuto alla obbiettiva difficoltà di riconversione e/o recupero di immobili vincolati e poco resilienti rispetto alle necessarie trasformazioni necessarie per la loro rifunzionalizzazione.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.