Come tutte le politiche pubbliche in Italia, quella dei rifiuti è questione tanto urgente e complicata quanto priva di un proprio formato decisionale stabile e foriero di gradi adeguati di legittimazione di merito. Si procede per tentativi: dall’illusorio decisionismo decretizio (…che dice di aprire ma non conclude i “cantieri”) alla retorica partecipativa (che copre scelte già assunte o deprivate di alternative sottoposte allo scrutinio di una qualche discussione pubblica metodologicamente corretta e strutturata allo scopo). Il risultato è una paralisi decisionale o attuativa dalla microconflittualità carsica che erode risorse e opportunità ma che è arduo rimuovere senza un cambio profondo dei cardini della professionalità politica in chi governa, amministra, rappresenta. Di uno di quei cardini, in particolare: la presunzione che “far politica” consista nel riuscire a manipolare il conflitto, le sue fonti e i suoi attori anche se, al contrario, essa dovrebbe utilizzare proprio il conflitto come leva per una regolazione sociale che non si limiti a razionalizzare l’esistente ma ne aggredisca le distorsioni e le asimmetrie sociali e territoriali: a partire da nuove modalità di interazione e cooperazione deliberativa tra responsabilità politiche e responsabilità civiche, come richiedono e sempre più richiederanno le politiche pubbliche ambientali, paesaggistiche e il governo pubblico dei rifiuti in specie . Ovvio che ciò implichi rilevanti dosaggi di rischio politico perché comporta per il decisore pubblico l’abbandono di predefinite certezze progettuali (ancorché illusorie) e la fatica di dover argomentare, riargomentare, modificare, rivedere opzioni, ragioni e preferenze in luogo di solide e rassicuranti visioni al futuro. Ma è altrettanto ovvio che senza l’accettazione del rischio insito in qualunque intrapresa politica, quindi anche in quella di ridurre il peso delle incertezze cognitive e strategiche mediante il dialogo sistematico con la cittadinanza e le popolazioni in cui questa prende forma culturale e territoriale, non si dà una professionalità politica socialmente utile ma solo coincidente con le sue fonti stipendiali.
I rifiuti in tempi di conflitti. Ovvero, come legittimare decisioni asimmetriche / Massimo Morisi. - STAMPA. - (2014), pp. 103-129.
I rifiuti in tempi di conflitti. Ovvero, come legittimare decisioni asimmetriche
MORISI, MASSIMO
2014
Abstract
Come tutte le politiche pubbliche in Italia, quella dei rifiuti è questione tanto urgente e complicata quanto priva di un proprio formato decisionale stabile e foriero di gradi adeguati di legittimazione di merito. Si procede per tentativi: dall’illusorio decisionismo decretizio (…che dice di aprire ma non conclude i “cantieri”) alla retorica partecipativa (che copre scelte già assunte o deprivate di alternative sottoposte allo scrutinio di una qualche discussione pubblica metodologicamente corretta e strutturata allo scopo). Il risultato è una paralisi decisionale o attuativa dalla microconflittualità carsica che erode risorse e opportunità ma che è arduo rimuovere senza un cambio profondo dei cardini della professionalità politica in chi governa, amministra, rappresenta. Di uno di quei cardini, in particolare: la presunzione che “far politica” consista nel riuscire a manipolare il conflitto, le sue fonti e i suoi attori anche se, al contrario, essa dovrebbe utilizzare proprio il conflitto come leva per una regolazione sociale che non si limiti a razionalizzare l’esistente ma ne aggredisca le distorsioni e le asimmetrie sociali e territoriali: a partire da nuove modalità di interazione e cooperazione deliberativa tra responsabilità politiche e responsabilità civiche, come richiedono e sempre più richiederanno le politiche pubbliche ambientali, paesaggistiche e il governo pubblico dei rifiuti in specie . Ovvio che ciò implichi rilevanti dosaggi di rischio politico perché comporta per il decisore pubblico l’abbandono di predefinite certezze progettuali (ancorché illusorie) e la fatica di dover argomentare, riargomentare, modificare, rivedere opzioni, ragioni e preferenze in luogo di solide e rassicuranti visioni al futuro. Ma è altrettanto ovvio che senza l’accettazione del rischio insito in qualunque intrapresa politica, quindi anche in quella di ridurre il peso delle incertezze cognitive e strategiche mediante il dialogo sistematico con la cittadinanza e le popolazioni in cui questa prende forma culturale e territoriale, non si dà una professionalità politica socialmente utile ma solo coincidente con le sue fonti stipendiali.File | Dimensione | Formato | |
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