Negli ultimi anni, le industrie culturali e creative (ICC) hanno suscitato un crescente interesse per il loro potenziale economico e di innovazione (Scott 2006). La sociologia del lavoro ha messo in luce gli aspetti virtuosi degli occupati in questi settori (Florida 2002), ma anche gli elementi di vulnerabilità che caratterizzano i lavoratori creativi (Hesmondhalgh 2019; Taylor e Luckman 2018): precarietà e insicurezza occupazionale, basse retribuzioni, diffusione di lavoro gratuito e orari prolungati che si legano a mercati del lavoro fortemente competitivi e deregolati, nei quali sono diffuse forme di lavoro non-standard, il frequente spostamento da e verso il lavoro autonomo e le carriere “portfolio” (Bellini et al. 2018). Allo stesso tempo, questi studi hanno sottolineato come il senso attribuito al lavoro creativo abbia connotazioni peculiari, in cui emerge un forte coinvolgimento dei lavoratori rispetto alla attività svolta e in cui la passione riveste una posizione centrale (Gill e Pratt 2008; McRobbie 2016). Il settore dello sviluppo di videogiochi presenta le caratteristiche tradizionali delle ICC (Hesmondhalgh 2019). L’organizzazione del lavoro è basata sul lavoro a progetto (O'Donnell 2014), si riscontra una alta mobilità dei lavoratori, ruoli professionali molteplici, bassi livelli di reddito, una limitata protezione sociale, lunghi orari di lavoro e una insicurezza occupazionale segmentata in base alle competenze possedute (Weststar 2015). In Italia il settore conta 2400 occupati (IIDEA 2023) e fornisce il contributo più importante alla produzione di valore aggiunto all’interno del sistema produttivo culturale e creativo italiano (14,5 miliardi di euro) (Fondazione Symbola e Unioncamere 2023). A differenza di industrie floride come Stati Uniti e Giappone, in Italia non sono presenti grandi realtà produttive. Ciò ha forti implicazioni per le condizioni di lavoro, per lo sviluppo delle imprese e, più generale, per il riconoscimento dell’industria nella società (Carbone e Fassone 2020). Le analisi condotte sinora sui videogame developers riguardano principalmente i contesti nazionali anglosassoni che si caratterizzano per una maggiore maturità del settore e una maggiore grandezza delle imprese che lo compongono (Bulut 2020) rispetto a contesti di media e piccola impresa, come l’Italia (Bellini et al. 2018). Inoltre, tra le analisi sin qui condotte nel settore videogiochi si trovano pochi casi che mettono in luce la relazione tra le dimensioni soggettive dei lavoratori e le dimensioni strutturali, che riguardano il mercato, le condizioni di lavoro e l’eterogeneità dei ruoli rivestiti con cui si presenta il lavoro creativo (Sotamaa e Svelch 2021). Il paper vuole integrare tali lacune nella letteratura rispondendo a tre domande di ricerca. In primo luogo, quali sono le condizioni occupazionali dei lavoratori del videogame development italiano? In secondo luogo, quali sono i sensi attribuiti al lavoro dai creativi? E ancora, qual è il ruolo della passione rispetto alle condizioni di lavoro e alle traiettorie di carriera? I risultati si basano su un’analisi qualitativa svolta tramite 71 interviste semi-strutturate alle lavoratrici e ai lavoratori del gaming, che sono state raccolte tra agosto 2020 e gennaio 2021. L’analisi offre una ricostruzione delle differenti condizioni occupazionali dei lavoratori del videogame development, un contesto professionale considerato strategico ma contraddistinto da condizioni di vulnerabilità, in cui i confini tra lavoro/non lavoro e tra capitale/lavoro sono porosi. Inoltre, si osserva che il forte coinvolgimento si accompagna a una pluralizzazione dei sensi attribuiti all’attività svolta, i quali dipendono dal ruolo professionale ricoperto nel settore e dal tipo di rapporto di lavoro instaurato. Secondo tali linee di segmentazione, si osserva che la passione è soltanto una tra le molte dimensioni soggettive che orientano le scelte dei lavoratori.

Carriere, condizioni e sensi del lavoro nel videogame development in Italia / Dario Raspanti; Giulia Cavallini. - STAMPA. - (2024), pp. 0-0.

Carriere, condizioni e sensi del lavoro nel videogame development in Italia

Dario Raspanti;Giulia Cavallini
2024

Abstract

Negli ultimi anni, le industrie culturali e creative (ICC) hanno suscitato un crescente interesse per il loro potenziale economico e di innovazione (Scott 2006). La sociologia del lavoro ha messo in luce gli aspetti virtuosi degli occupati in questi settori (Florida 2002), ma anche gli elementi di vulnerabilità che caratterizzano i lavoratori creativi (Hesmondhalgh 2019; Taylor e Luckman 2018): precarietà e insicurezza occupazionale, basse retribuzioni, diffusione di lavoro gratuito e orari prolungati che si legano a mercati del lavoro fortemente competitivi e deregolati, nei quali sono diffuse forme di lavoro non-standard, il frequente spostamento da e verso il lavoro autonomo e le carriere “portfolio” (Bellini et al. 2018). Allo stesso tempo, questi studi hanno sottolineato come il senso attribuito al lavoro creativo abbia connotazioni peculiari, in cui emerge un forte coinvolgimento dei lavoratori rispetto alla attività svolta e in cui la passione riveste una posizione centrale (Gill e Pratt 2008; McRobbie 2016). Il settore dello sviluppo di videogiochi presenta le caratteristiche tradizionali delle ICC (Hesmondhalgh 2019). L’organizzazione del lavoro è basata sul lavoro a progetto (O'Donnell 2014), si riscontra una alta mobilità dei lavoratori, ruoli professionali molteplici, bassi livelli di reddito, una limitata protezione sociale, lunghi orari di lavoro e una insicurezza occupazionale segmentata in base alle competenze possedute (Weststar 2015). In Italia il settore conta 2400 occupati (IIDEA 2023) e fornisce il contributo più importante alla produzione di valore aggiunto all’interno del sistema produttivo culturale e creativo italiano (14,5 miliardi di euro) (Fondazione Symbola e Unioncamere 2023). A differenza di industrie floride come Stati Uniti e Giappone, in Italia non sono presenti grandi realtà produttive. Ciò ha forti implicazioni per le condizioni di lavoro, per lo sviluppo delle imprese e, più generale, per il riconoscimento dell’industria nella società (Carbone e Fassone 2020). Le analisi condotte sinora sui videogame developers riguardano principalmente i contesti nazionali anglosassoni che si caratterizzano per una maggiore maturità del settore e una maggiore grandezza delle imprese che lo compongono (Bulut 2020) rispetto a contesti di media e piccola impresa, come l’Italia (Bellini et al. 2018). Inoltre, tra le analisi sin qui condotte nel settore videogiochi si trovano pochi casi che mettono in luce la relazione tra le dimensioni soggettive dei lavoratori e le dimensioni strutturali, che riguardano il mercato, le condizioni di lavoro e l’eterogeneità dei ruoli rivestiti con cui si presenta il lavoro creativo (Sotamaa e Svelch 2021). Il paper vuole integrare tali lacune nella letteratura rispondendo a tre domande di ricerca. In primo luogo, quali sono le condizioni occupazionali dei lavoratori del videogame development italiano? In secondo luogo, quali sono i sensi attribuiti al lavoro dai creativi? E ancora, qual è il ruolo della passione rispetto alle condizioni di lavoro e alle traiettorie di carriera? I risultati si basano su un’analisi qualitativa svolta tramite 71 interviste semi-strutturate alle lavoratrici e ai lavoratori del gaming, che sono state raccolte tra agosto 2020 e gennaio 2021. L’analisi offre una ricostruzione delle differenti condizioni occupazionali dei lavoratori del videogame development, un contesto professionale considerato strategico ma contraddistinto da condizioni di vulnerabilità, in cui i confini tra lavoro/non lavoro e tra capitale/lavoro sono porosi. Inoltre, si osserva che il forte coinvolgimento si accompagna a una pluralizzazione dei sensi attribuiti all’attività svolta, i quali dipendono dal ruolo professionale ricoperto nel settore e dal tipo di rapporto di lavoro instaurato. Secondo tali linee di segmentazione, si osserva che la passione è soltanto una tra le molte dimensioni soggettive che orientano le scelte dei lavoratori.
2024
Forme di produzione nelle industrie creative e culturali. Confini e significati
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Dario Raspanti; Giulia Cavallini
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